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Gennaio 2017la pratica diventò lunga e complicata, ed essendo anch’esse alle prime armi in tema di adozioni internazionali, le suore Salesiane ci ospitarono nella loro comunità.Inquelluogo,aparteprenderedimestichezzaconla lingua, imparavamo e venivamo quotidianamente a conoscenza di tante cose: chi sono i Salesiani, le Figlie di Maria Ausiliatrice, l’instancabile suor Maria Troncatti – Beata dal 2012, e le consorelle suor Carlotita e suor Ortensita (che avevano vissuto in comunità con la Beata suor Troncatti).Intanto suor Anselmina apprendeva velocemente come aggirarsi nei meandri della burocrazia tra tribunali dei minori e “BENESTAR SOCIAL” (ministero delle pratiche sociali) per la presentazione delle pratiche, le delibere, le traduzioni giurate e i visti consolari. Quando l’iter burocratico si incagliava, lei ci accompagnava sempre. Fisicamente e con la preghiera.Prima di ogni partenza si recitava la provvidenziale preghiera “Madre Palomino illumina il nostro cammino” seguita subito dalla recita del S. Rosario e tra una decina e l’altra le varie invocazioni a Don Bosco, Madre Mazzarello e Maria Ausiliatrice.Se la destinazione dei vari viaggi era Quito, e si andava da soli talvolta accompagnati da consorelle che per necessità si recavano alla casa ispettoriale della capitale o in Cumbayà, si partiva sempre ben rifornite di scatole di tonno, zucchero e generi di varia necessità per le case del Noviziato o quelle delle suore anziane. Per suor Anselmina, essere Salesiana era anche questo: tutte le case della congregazionedalle comunitàsparse in Ecuador dovevano poter vivere sul supporto e sull’aiuto reciproco.Non era ancora terminata la nostra prima pratica, quand’ecco arrivare la seconda coppia di genitori adottivi da Ronco Briantino per la seconda adozione: una bimba nata circa un mese dopo il nostro arrivo in Ecuador.Da qui il susseguirsi di tante ed ulteriori pratiche, anche dopo che suor Anselmina da Manta venne trasferita a Cuenca (luogo della nostra seconda adozione) e poi a Quito.Dalla capitale ebbe occasione di seguire molte altre pratiche adottive di bambini nati ad Ambato, Quito, Amaguaña, e in molti altri luoghi dell’Ecuador.Fermarsi qui sarebbe riduttivo. Il lavoro di suor Anselmina si rivolse anche ai compiti manuali, alla fatica quotidiana, alla formazione delle Novizie, e alle adozioni a distanza.Fra queste una ragazza che vive in Quito e che tramite le suore che vivono in Amaguaña è in contatto diretto con la famiglia italiana, la quale ha anche un  glio adottivo in precedenza giunto dall’Ecuador all’Italia.I  gli adottivi, se così possiamo chiamarli sono sparsi un po’ ovunque: Lombardia, Veneto, altre parti del Nord Italia (e Sud Italia?), ma anche all’estero. Alcuni tra essi, ormai adulti, hanno già formato o si apprestano a formare una propria famiglia. Qualcuno ha già  gli, possiamo dire veramente meravigliosi. In tutti loro vive lo spirito che suor Anselmina ha saputo trasmettere, in un modo o nell’altro.pag.16dalle comunità


































































































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