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Novembre 2016COMUNITÀ DI MELZOUno... due... tre... Una comunità che camminadalle comunitàTrascorso un anno dall’incontro con suor Maria Teresa, Ispettrice per le 28 comunità lombarde delle Figlie di Maria Ausiliatrice, la suora dal sorriso dolce e mite, ma determinato, torna a visitare la Casa S. Giuseppe e, dopo aver discorso con noi lo scorso novembre di amorevolezza e passione educativa, ci invita ora a ri ettere sul nostro essere Comunità, con una modalità insolita, tirando in ballo la matematica e i numeri.UNOUna Comunità che educa oggi secondo lo stile di Don Bosco e Madre Mazzarello – spiega suor Maria Teresa – deve innanzi tutto mettere in atto la matematica dell’uno: l’attenzione che poniamo alle iniziative che organizziamo per i nostri ragazzi, alle esperienze che vogliamo far vivere loro, ai contenuti educativi che vogliamo trasmettere, non deve farci dimenticare di guardare alla singola persona, ad ogni singolo bambino e ragazzo che ci è af dato.Gesù stesso applicava la matematica dell’uno! E immediatamente ci risuonano nelle orecchie le sue parole: “Chi di voi se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va dietro a quella perduta, nché non la ritrova? O quale donna, se ha dieci dramme e ne perde una, non accende la lucerna e spazza la casa e cerca attentamente nché non la ritrova?”E come non ricordare il discorso amorevole del padre misericordioso che, accogliendo il gliol prodigo pentito, dice al glio maggiore: “Bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”.Una comunità educante è quindi chiamata a coltivare relazioni, a dare importanza all’amorevolezza e allacustodia reciproca, in modo che ogni ragazzo possa trovare le attenzioni che gli servono in quel momento speci co della sua esistenza. Un compito che ha in sé un invito implicito a prendersi cura dei più piccoli, dei più deboli, dei più fragili della comunità.Bellissimo, profondo e intenso a questo proposito il brano di G. K. Chesterton tratto da “Eretici”, sulla differenza tra la debolezza della Chiesa e la forza dell’uomo:“Il signor Shaw non riesce a capire che ciò che è prezioso e degno d’amore ai nostri occhi è l’uomo, il vecchio bevitore di birra, creatore di fedi, combattivo, fallace, sensuale e rispettabile. E le cose fondate su questa creatura restano in perpetuo; le cose fondate sulla fantasia del Superuomo sono morte con le civiltà morenti che sole le hanno partorite. Quando, in un momento simbolico, stava ponendo le basi della Sua grande società, Cristo non scelse come pietra angolare il geniale Paolo o il mistico Giovanni, ma un imbroglione, uno snob, un codardo: in una parola, un uomo. E su quella pietra Egli ha edi cato la Sua Chiesa, e le porte dell’Inferno non hanno prevalso su di essa. Tutti gli imperi e tutti i regni sono crollati, per questa intrinseca e costante debolezza, che furono fondati da uomini forti su uomini forti. Ma quest’unica cosa, la storica Chiesa cristiana, fu fondata su un uomo debole, e per questo motivo è indistruttibile. Poiché nessuna catena è più forte del suo anello più debole”.DUEE dopo l’uno, nella matematica viene il due, dove due non è soltanto la somma di uno più uno.Suor Maria Teresa ci racconta di quanto Don Bosco, neipag.20dalle comunità