Il 4 settembre la suora albanese è stata proclamata santa.
Madre Teresa e i Salesiani
Calcutta – Nel corso di quasi 50 anni durante i quali compì la sua missione al servizio dei più poveri tra i poveri, Madre Teresa incontrò molti Salesiani lungo il suo cammino. È difficile elencare i contributi che i Salesiani hanno offerto a Madre Teresa nel corso degli anni senza rischiare di dimenticare qualcuno.
C. M. Paul
Don Attilio Colussi: Il Pastore di anime
Incontrò per la prima volta Madre Teresa il 7 ottobre 1950, nella Cattedrale del Santissimo Rosario di Calcutta, all’inizio della missione della Madre. Il parroco don Attilio Colussi pronunciò l’omelia nel corso della Messa celebrata per la professione di 12 Suore Missionarie della Carità (MC). Fino alla sua morte, avvenuta nel 1988 quando aveva 81 anni, don Colussi continuò a offrire la sua assistenza spirituale alle Missionarie della Carità. Nel corso di ritiri spirituali e conferenze per religiosi, don Colussi era solito ricordare le origini della chiamata di Madre Teresa a servire i più poveri e abbandonati.
Don Luciano Colussi: il Catechista
Don Luciano Colussi, nipote di don Attilio Colussi, durante il suo soggiorno a Calcutta nel corso del quale fondò il “Don Bosco Catechetical and Multimedia Centre (Centro Catechistico e Multimediale Don Bosco, ora chiamato “Nitika”)”, nel 1977 invitò due Salesiani del Centro Catechistico Nazionale (LDC-Torino), don Mario e il confratello laico Guerrino Pera, per realizzare diapositive riguardanti le opere di Madre Teresa in vista di un programma audiovisivo intitolato “Madre Teresa”. Madre Teresa aveva pure affidato per la “formazione catechistica” le sue consorelle più giovani a don Luciano, che era anche il direttore arcidiocesano per la catechesi.
Don Joseph Thelekkatt: il Figlio della Madre
I Salesiani della vicina Ispettoria di Guwahati cominciarono a lavorare con Madre Teresa quando nel 1977 il preside dell’Istituto “Don Bosco School” di Guwahati, don Joseph Thelekkatt, mandò un gruppo di studenti al termine del loro corso di studi a compiere un viaggio a Calcutta. Don Thelekkatt li invitò a recarsi in visita da Madre Teresa, la quale illustrò loro il suo desiderio di aprire una casa a Guwahati, anche in un immobile in affitto. Gli studenti riportarono il desiderio di Madre Teresa a don Thelekkatt, che si attivò coinvolgendo varie persone nel progetto. Don Thelekkatt riferì che nel 1978 il dottor K.C. Das offrì una delle sue case a Guwahati a Madre Teresa perché avviasse la sua attività.
Il primo ministro dello stato indiamo di Assam, Golap Borbora, e alcuni funzionari diedero allora un caloroso benvenuto alla Madre presso la “District Library” di Guwahati. Le Suore Missionarie della Carità spesso definiscono don Thelekkatt, che in seguito diventò Ispettore ed è ora preside del “Don Bosco College” di Bongaigaon, “Figlio della Madre”.
Oggi a Guwahati vi sono tre case di Madre Teresa.
Don Stroscio Rosario: Il Cappellano
Un altro sacerdote italiano, don Stroscio Rosario, che era stato Ispettore dell’Ispettoria di Calcutta tra il 1967 e il 1972, fu una figura controversa durante l’attività missionaria che compì a Maliapota (Nadia District), quando il governo emanò un ordine di espulsione contro di lui con l’accusa infondata di aver operato “conversioni”. Madre Teresa intervenne e domandò al governo di permetterle di nominarlo cappellano delle Suore Missionarie della Carità a Prem Dan Tengra, un grande convalescenziario per pazienti affetti da tubercolosi. Le autorità acconsentirono, revocarono l’ordine di espulsione e don Stroscio, che ha ora 94 anni, lavora presso la parrocchia Auxilium dal 1979.
Il 17 aprile del 1984, Madre Teresa ha fatto visita al 22° Capitolo Generale della Congregazione Salesiana. Durante l’incontro ha parlato a lungo con i salesiani invitandoli a restare fedeli a Don Bosco e alla sua missione tra i giovani più poveri. “Non lasciate che nessuno o niente separi il vostro amore per Cristo, dall’amore per i poveri”.
La vita della santa in breve
Con padre Brian Kolodiejchuk, postulatore della causa di canonizzazione, ripercorriamo la sua vita.
Dieci settembre 1946. Suor Teresa è sul treno che si inerpica sulla montagna verso Darjeeling, ai piedi dell’Himalaya. Sta andando all’annuale ritiro delle Suore di Loreto. Ha 36 anni. È felice. La sua vita è piena.
Dalle alunne del collegio dove insegna a Calcutta, alle consorelle, tutti le vogliono bene. Poi, all’improvviso, quella voce dentro al suo cuore, ma allo stesso tempo fuori da lei che le dice: «Ho sete di te, del tuo amore».
È la voce di Gesù. Non ha dubbi. Su quel treno, Cristo le chiede di lasciare tutto, anche il suo ordine, per servire i più poveri tra i poveri, di portarLo dentro di loro, nei “buchi” oscuri dell’esistenza umana più degradata.
Quel giorno sono nate le Missionarie della Carità, l’ordine fondato da Madre Teresa di Calcutta che il prossimo 4 settembre sarà innalzata agli altari.
Durante quell’incontro mistico, quel Gesù, per cui aveva lasciato a diciotto anni Skopje, in Macedonia, dove viveva con la famiglia, entrando come missionaria nell’ordine delle Suore di Loreto (prima in Irlanda e poi in India), si fa presenza viva. «Fu una chiamata nella chiamata. La Madre lo chiamò “il giorno dell’ispirazione”», spiega padre Brian Kolodiejchuk, postulatore della causa di canonizzazione e sacerdote dei padri Missionari della Carità, uno dei rami maschili fondato nel 1984 da Madre Teresa all’interno dell’ordine. Con lui, che sarà uno dei relatori dell’incontro su Madre Teresa al prossimo Meeting di Rimini, ripercorriamo la vita, ma soprattutto la profondità spirituale di questa santa dei nostri giorni.
Nei sei mesi successivi a quella data, i dialoghi fra lo “Sposo” e Teresa proseguono anche attraverso una serie di visioni interiori.
Gesù le rivela come saziare la Sua sete: dare vita a un ordine per portarLo, per annunciare il Suo amore tra i malati, i bambini di strada, i moribondi tra i più poveri dei poveri.
Solo per questo. E aggiunge che tutto ciò per lei comporterà sacrifici, fatiche e sofferenze. Teresa è sicura che a parlarle è Gesù. Anni dopo dirà in proposito: «Sono più certa di questa chiamata del fatto che sono viva», ma ha paura di non farcela, di non essere in grado. E la Voce, come lei la chiamerà a posteriori, le chiede: «Rifiuterai?». «Nel 1942, con il permesso del suo confessore, aveva fatto un voto privato: dare a Dio qualsiasi cosa Lui le avesse chiesto, non rifiutarGli nulla», spiega padre Brian. Ed ora Lui, amandola, le stava chiedendo tutto.
Di quelle esperienze mistiche Madre Teresa parla solo al suo direttore spirituale, il gesuita padre Celeste Van Exem, e poi all’arcivescovo di Calcutta, monsignor Ferdinand Périer. «Solo dopo la sua morte, per la raccolta dei documenti della causa di beatificazione, le conversazioni con Gesù sono venute alla luce. Questo perché lei non voleva attirare l’attenzione su di sé. Voleva che al centro ci fosse Cristo: era Sua l’opera, lei era stata “una matita nelle Sue mani”».
Ai due prelati suor Teresa chiede l’autorizzazione ad iniziare la sua missione lasciando l’ordine di Loreto.
Ferma nella decisione, è anche pronta alla totale obbedienza. Prega e con tenacia, attraverso lettere e colloqui, continua a chiedere. Nel 1948 dalla Santa Sede arriva l’autorizzazione. L’Arcivescovo di Calcutta le aveva scritto: «Sono profondamente convinto che se non accordassi il mio consenso intralcerei in lei la realizzazione della volontà di Dio».
Cinque dita. A dicembre di quello stesso anno, avvolta in un sari bianco bordato d’azzurro, con in tasca cinque rupie e la corona del rosario, inizia il suo lavoro nei bassifondi di Calcutta. In breve tempo, alcune giovani, tra cui sue ex alunne, la seguono. Il piano di Dio inizia a realizzarsi. Il 7 ottobre 1950 nasce la Congregazione delle Missionarie della Carità. Alle suore, che via via si aggiungono, ripete che per stare con i poveri devono ricordare le cinque parole di Gesù: «You did it to me» (Lo hai fatto a me) e mostrando la mano dice:
«Una parola per ogni dito». Solo questo.
Ma i “buchi neri” non sono solo a Calcutta. In breve tempo, l’opera di Madre Teresa esce dai confini indiani e abbraccia il mondo. Tra i malati di Aids a New York, i barboni di Roma, i poveri dell’Africa e del Sud America, gli orfani delle guerre in Medioriente, apre case perfino nei Paesi ancora sotto la dittatura comunista.
I potenti della terra si inchinano davanti a questa piccola suora dalla pelle raggrinzita, fino al punto di conferirle, nel 1979, il Premio Nobel per la pace.
Quando muore, il 5 settembre 1997, ha aperto 594 case in centoventi nazioni. «Ogni fondazione è ogni volta un altro 10 settembre, perché è opera Sua», aveva detto.
Quei sei mesi. Ma la Voce le aveva parlato di sacrificio, di sofferenza, di fatica. E non sono solo quelle materiali, a quelle la Provvidenza ha sempre risposto. È qualcosa di più profondo, del suo rapporto con Cristo. È il buio di cui si è parlato dopo la sua morte, quando sono stati pubblicati i suoi scritti, dove descrive l’aridità spirituale che aveva provato. Spiega padre Brian: «Dal giorno dell’ispirazione per sei mesi lei vive un periodo di unione con Gesù fortissimo. Poi, il deserto. Per cinquant’anni, a parte una breve parentesi nel 1958, Lui, il suo primo e unico Amore, non le parla più. Madre Teresa non si sente più amata, si sente rifiutata, abbandonata da Dio e arriva fino a sperimentare la tentazione del dubbio. Ma avverte contemporaneamente anche un desiderio fortissimo di Dio. E non comprende la ragione di questa sofferenza. Non comprende subito che Dio le sta chiedendo di più». Più di quello che già stava facendo? «Sì. Lei era stata colpita dall’invocazione di Gesù: “Ho sete”, che per lei voleva dire: “Ho sete di amore e di anime”. È il paradosso del Dio cristiano che ha bisogno dell’amore degli uomini, che si incarna per incontrarli e salvarli e che in cambio riceve la croce. Madre Teresa saziava questa sete di Gesù amandoLo e servendoLo nelle sembianze sfigurate dei più poveri. Amando loro, amava Lui».
E non bastava? «No. Noi siamo abituati a pensare alle sofferenze fisiche di Gesù, non a quelle spirituali, al suo sentirsi abbandonato, rifiutato, alla paura di ciò che doveva affrontare. Ha sudato sangue e gridato: “Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?”. Grazie anche all’aiuto del confessore, Madre Teresa capisce che Gesù le chiede di condividere la sua sofferenza spirituale nell’Orto del Getsemani e sulla croce». È questo il significato dell’oscurità? «Come tanti santi hanno ricevuto nella loro carne i segni della Passione, così Madre Teresa ha ricevuto nella sua anima la sofferenza spirituale di Gesù. E quando lo ha capito ha scritto: “Sono giunta ad amare l’oscurità perché credo, ora, che essa sia una parte, una piccolissima parte dell’oscurità e del dolore di Gesù sulla terra. Oggi ho provato davvero una gioia profonda: Gesù che non può più attraversare la Sua agonia, lo vuole fare in me. Più che mai abbandono me stessa a Lui. Sì, più che mai sarò a Sua disposizione”».
Epoche e santi. Era la prima, fino a quando fisicamente ha potuto, ad entrare in cappella alle quattro e quaranta del mattino. La preghiera a volte quasi “meccanica”, l’adorazione e l’Eucarestia sono la sua àncora, ciò che la tiene legata a Dio e le permette di vivere in modo gioioso nonostante il tormento interiore. E poi c’è la sofferenza dei poveri. «Ho sete di te e di anime», aveva detto la Voce. «Questo per lei significava “consumarsi per la salvezza e la santificazione dei più poveri tra i poveri”. E in questo ha sperimentato un buio che direi “apostolico”. Non c’è solo la povertà materiale.
La santa di Calcutta avverte nel mondo occidentale una povertà spirituale. Cioè il non sentirsi amati, voluti, desiderati. È un buio esistenziale. Questo è il nuovo “buco” nero. Nell’oscurità Madre Teresa sperimenta questo vuoto. E può condividere con Gesù questa sofferenza profonda».
Si dice che per ogni epoca Dio dà i suoi santi. «Forse è meglio dire che i santi sperimentano il dolore di Dio nell’epoca in cui vivono. Lo portano per noi. È l’esperienza dei mistici».
di Paola Bergamini