E c’è chi guarda solo il dito che punta verso la Luna!
Una delle cose che ho imparato nelle “Terre dell’Educazione” è chiedere scusa una volta riconosciuto l’errore o quando altri te lo fanno notare, fossero anche i ragazzi stessi.
Può essere difficile mostrare un punto debole, seppur momentaneo, però è vincente sotto il profilo della relazione educativa e persino della credibilità.
Questa è solo una premessa per scusarmi con tutti i lettori di questo diario, poiché nell’articolo precedente – scrivendo il nome di una delle protagoniste della saga di Harry Potter – ho scritto “Ermione” e non “Hermione”. Da piccolo avevo un maestro che ripeteva sempre: «Per un punto Martin perse la cappa». Martin per un punto, io per un “h”!
Potremmo discutere sull’origine del nome, dal mondo greco a quello romano, o sull’uso nella lingua italiana e in area anglosassone, ma in questo percorso si rischierebbe di perdere tempo oltre che qualche altra lettera. Così, ritorno alla grande questione iniziale da cui nasce questa pagina riparatrice del misfatto linguistico.
Tutto ha inizio da un post su un social network in cui un commento giudicava tremendo tale errore persino creando una composizione fotografica che evidenziava il triste avvenimento. La commentatrice, appassionata della saga, sottolineava quanto i giornalisti, agendo in questo modo, mostrassero il lato peggiore e nascondessero la verità delle cose.
Tale commento, intercettato dai miei attenti alunni, mi è stato mostrato con un tag, così come i loro post in difesa del “prof errante”: uno di questi – da cui prendo l’ispirazione – faceva notare con saggezza e perspicacia che senso avesse fermarsi su una lettera mancante in un nome citato una volta sola nel testo, dare così tanto peso, giudicare malamente il giornalismo, dinanzi ad un articolo intero con numerosi spunti di riflessione.
A questo punto, pur mantenendo le scuse della premessa e accettando l’errore commesso, non posso fare a meno di pensare alla facilità con cui sul web – come nella vita reale – si giudichi e critichi duramente “la pagliuzza” senza considerare “la trave nell’occhio”; oppure quanto di banalità siano invasi coloro che si definiscono esperti in qualcosa, specialisti in piccole mancanze, giudici integerrimi e inappellabili del pulviscolo, che sanno solo guardare il minuscolo particolare ignorando l’insieme e la complessità, ergendosi a maestri del vano e del vago. Mi sono venute in mente pure alcune sedute di laurea in cui degli studenti sono stati messi in difficoltà dal docente solo perché qualche riferimento bibliografico non era scritto secondo certe norme, senza neanche parlare del contenuto interessante delle tesi.
Dal commento “pro prof” dei miei alunni, inoltre, ho capito ancora una volta che ogni critica è un dono se fatta con intelligenza, cura dell’altro, riflessione meditata, intenzione di far crescere l’altro, apertura al confronto, e di questo non posso che ringraziare. Mi preoccupano, invece, tutte quelle critiche a buon mercato fatte da chi, quando qualcuno alza il braccio per indicare qualcosa in alto, si fermano a guardare il dito senza puntare lo sguardo oltre.
Marco Pappalardo