Intervista a Ercole Lucchini
La Famiglia Salesiana partecipa a Expo 2015 con il padiglione “Casa Don Bosco” al cui successo Ercole Lucchini ha contribuito attivamente.
Che rapporto ha con le Figlie di Maria Ausiliatrice?
Sono vicino al mondo salesiano perché sono un ex allievo di Varese, ma sono particolarmente legato alle Figlie di Maria Ausiliatrice perché viaggio molto per aiutarle nei loro progetti; per esempio in questo momento sono impegnato in un’attività in Africa, dove posso concretamente constatare la loro professionalità, la loro organizzazione, la loro forza di agire e di cambiare, che sono le cose che mi piacciono di più nelle persone.
Questi progetti che lei segue nel mondo FMA sono legati al volontariato?
Sono le loro attività scolastiche, le loro attività tradizionali ma fatte al di fuori dell’Italia.
Dove è stato recentemente?
In Etiopia. Ad Addis Abeba c’è una comunità FMA molto significativa, l’Auxilium Catholic School a Bole Bulbulà, non solo numericamente ma soprattutto per l’opera incisiva che svolgono per il territorio.
Qual è stato e qual è tuttora il suo contributo alla Casa Don Bosco?
Tutto è nato dal fatto che i salesiani erano in contatto con l’Expo per l’organizzazione di alcuni eventi. Lo scorso mese di Luglio si è reso disponibile un lotto e quindi ci è stato chiesto il nostro interesse nell’affiancarsi ai padiglioni di Save the Children, Cascina Triulza, Caritas, con un padiglione dedicato all’educazione del mondo salesiano.
Sono stato chiamato e subito ho accolto l’invito. Io gestisco personalmente molte fiere nella mia attività e sono consapevole del valore che ha il comunicare dal palcoscenico privilegiato dell’Expo. Da qui è partito tutto. Il mio ruolo è stato quello di coordinare il progetto a livello di costruzione, quindi selezionare l’architetto, selezionare un’impresa e seguire gli allestitori. Con il progettista si è stabilito il concept architettonico di come doveva essere organizzato il padiglione, poi mi sono occupato di seguire le persone che accolgono gli ospiti, i visitatori e anche coloro che utilizzano il nostro reparto eventi. Alle persone che partecipano, io do il mio contributo anche della mia esperienza professionale di coordinatore.
Come si trova in questo rapporto tra un’istituzione religiosa e il mondo laico?
Le FMA hanno mostrato un’apertura concreta verso il mondo laico e da questo punto di vista è stata per me una gradita novità. E’ una cosa molto importante.
Faccio un esempio: recentemente ero in Expo ad un incontro di ex allievi nazionali e durante il “Don Bosco day” ho voluto mettere l’accento sull’opportunità offerta dagli ex allievi.
Io condivido il fatto che gli allievi non debbano più sentirsi “ex” ma offrire un loro contributo attivo. Bisogna imparare a selezionare le persone giuste e ritengo che un laico a fianco di organizzazioni religiose sia indispensabile, perché oggi alle istituzioni religiose sono richieste competenze di organizzazione e di conoscenza delle nuove dinamiche del mondo economico e lavorativo, sempre più complesse e ampie. Per questa ragione è difficile che all’interno del mondo religioso si possa maturare un’esperienza profonda del mondo esterno.
Chi vive la quotidianità della società contemporanea deve affrontare un ambiente di competizione, di esperienze differenziate. Se io sono incaricato per esempio della comunicazione all’interno di una organizzazione religiosa, io non vivo la competizione con qualcun altro ma solo le mie esperienze dirette. Quindi cresco più lentamente e soprattutto rischio di essere isolato dalla sensibilità delle persone comuni che non fanno parte del mio gruppo.
Chi ha terminato di frequentare una scuola salesiana deve sempre sentirsi a casa, non un “ex “: un concetto molto bello.
Lo dico perché nel passato abbiamo ricevuto molto dal mondo salesiano e oggi, noi ex allievi, possiamo dare il nostro contributo. Il primo nostro ruolo in Expo è quello di raccontare il mondo della famiglia salesiana, la propria vocazione e la propria competenza salesiana nell’educazione, raccontarla al mondo e non solo ai visitatori.
Essere coerenti al progetto di Expo è una cosa difficile perché spesso il visitatore coglie le immagini, più che approfondire una conoscenza vissuta come ci ha insegnato Don Bosco.
Se però riusciamo a suscitare emozioni che poi a casa si sviluppano, abbiamo ottenuto una comunicazione utile e che non rimane in superficie. Inoltre se organizziamo un convegno o una conferenza, come quella che è stata fatta sui nuovi strumenti dell’educazione tecnologica, che poi pubblichiamo sui vari siti, abbiamo parlato anche a coloro che non possono venire in Expo.
In che modo lo fate questo?
Organizzando eventi, che durano tra la mezz’ora e l’ora; l’evento viene filmato, si crea un documento di sintesi e quindi viene pubblicato attraverso i social, i siti ed i media dei salesiani, delle FMA e di altri, dando anche dei riferimenti per coloro che desiderano approfondire l’argomento. Dobbiamo cercare di costruire esperienze di qualità caratterizzate dalla concretezza.
In base alla mia esperienza di imprenditore, sul tema della scuola professionale oggi, l’insegnamento si dovrebbe basare sulla collaborazione tra il mondo del lavoro, l’industria, la scuola e gli insegnanti, affinché quando un allievo esce dalle nostre scuole sarà più vicino alla realtà del lavoro.
Quindi un impegno qualitativo più che quantitativo.
L’elemento della quantità è a supporto della credibilità.
Il mondo salesiano è presente in circa 42 Paesi nel mondo e, da valutazioni fatte in sede di progettazione, ci sono previsioni intorno ai 4 milioni di studenti fino a ex allievi ogni anno seduti ai banchi di scuola. Se effettivamente questo metodo, questo approccio, che considera la persona e non solo la capacità tecnica, è presente con successo in tanti Paesi è una ragione in più per dire che è valido ed efficace.
Ha qualche esperienza di vita vissuta di questi primi mesi di Expo di cui ha un ricordo particolarmente significativo?
Dal punto di vista economico mi viene in mente il responsabile del padiglione dell’Uruguay. Si stava trattando in quei giorni di una collaborazione tra i CIOFS di Casale Monferrato e un’azienda produttrice di gelati. L’idea è piaciuta ed è nata la possibilità di applicarla anche in Uruguay: “conosco il mondo salesiano del mio paese quindi venite anche da noi a fare queste cose”, è stato il suo commento.
Ma quelli che ti toccano di più sono gli ex allievi, soprattutto di una certa età, che passano e non si aspettano di trovare una casa Don Bosco, ma quando entrano trovano un ambiente accogliente e per questo cominciano a raccontare di sé stessi e del loro passato.
Quindi un’esperienza umana molto bella.
Assolutamente sì. Su questo occorre riflettere.
Lo ricollegherei a quanto è stato detto prima sugli ex allievi, un patrimonio che non va abbandonato, ma va coltivato e sviluppato al di là della scuola.
Da quanto mi ha detto, lei crede molto nella necessità di investire nel futuro.
Un investimento forse faticoso, ma che darebbe ottimi frutti per soddisfare il bisogno di competenze, facilitare i contatti e creare sinergie: credo sia una forza importantissima.
Vorrei evidenziare l’obiettivo di investire nel futuro, obiettivo che sto cercando di perseguire collaborando in vari progetti.
In concomitanza all’Expo, il mondo salesiano celebra il bicentenario della nascita di Bon Bosco. In questo contesto è venuto spontaneo fare sinergia con la struttura internazionale degli ex allievi per organizzare un “evento di riconoscenza”, da parte di chi ha frequentato il mondo salesiano, e quindi “partecipare a un dono”. Casa Don Bosco per 6 mesi è il padiglione in Expo, ma poi sarà donata ai ragazzi dell’Ucraina affinché diventi un luogo di scuola ed educazione, che possa rappresentare per tanti giovani un’esperienza di vita.
Occorre investire anche nel marketing nella scuola, senza esaltare il senso competivo, ma con l’obiettivo sempre di dare il meglio di sé. Con questa dedizione i risultati arrivano. Sempre, certo, con l’ottimizzazione dei costi e dei ricavi, perché oggi è vitale per l’organizzazione delle scuole.