Mentre cerco di organizzarmi il lavoro in vista dell’inizio della scuola, mi tornano in mente le immagini e le notizie dei morti, bambini ed adulti, a causa dei naufragi che sono da tempo all’ordine del giorno.
Per curiosità mi metto a ricercare le news dell’anno scorso, all’inizio di settembre, e mi rendo conto che non erano tanto diverse da quelle odierne. Tutto poteva cambiare, ma non è cambiato nulla!
In realtà, qualcosa è accaduto: sono aumentati i flussi migratori e i morti, vengono innalzati muri dagli Stati, continuano i soccorsi in mare e via terra, unica nota positiva. Si rimpallano le responsabilità nella politica europea, si accusano tra loro maggioranza e opposizione in Italia, dorme l’ONU, riaprono i salotti televisivi infuocati. Poi c’è il web che è diviso “diabolicamente” in se stesso, poiché da un lato piange per la foto di un bimbo migrante morto su una spiaggia, mentre dall’altro odia il migrante, presunto assassino che è poco più di un ragazzo sopravvissuto a sua volta ad un altro naufragio.
Intanto risuonano dalla radio di un vicino le parole di Marco Mengoni:
«Mentre il mondo cade a pezzi/ mi allontano dagli eccessi e dalle cattive abitudini/ tornerò all’origine/ torno a te che sei per me l’essenziale». Canticchio un po’, ma il “canta che ti passa” non funziona, infatti dal cantare è bene passare ai fatti.
Come fare? In che modo tentare di ricostruire questo mondo-puzzle distrutto dalla violenza, dall’odio, dall’egoismo, dalla brama di ricchezze, dalle ideologie, dalla follia omicida, dall’indifferenza?
Riflettendoci, ripartire da me stesso mi sembra un buon inizio, non perché io abbia poteri da supereroe o possa svilupparli, bensì per la necessità di rinnovare in me ciò che serve per crederci ancora, avere speranza, scommettere sulla fiducia nell’altro. Insomma, il vero anello debole in certe situazioni non sono gli altri, spesso siamo noi; tanto è vero che, mentre c’è tanta gente di buona volontà che a diverso titolo (anche volontario in moltissimi casi) si dedica quotidianamente al sostegno di chi è in difficoltà, molti di noi guardano lo “spettacolo”, più o meno comodamente seduti.
Gli altri sul campo ed io che posso fare di concreto?
“L’essenziale” di Mengoni mi viene in aiuto di nuovo: «Sostengono gli eroi/ “Se il gioco si fa duro, è da giocare!”/ Beati loro poi se scambiano le offese con il bene. /Succede anche a noi di far la guerra e ambire poi alla pace».
L’idea della “beatitudine” mi piace, so bene quanto sia faticosa, però è illuminante quanto basta per indicarmi la via:
sono un educatore e il mio cambiamento in meglio non potrà che essere utile tornato in aula, tra i miei colleghi, con gli studenti, a contatto con le famiglie.
Ecco il lavoro da fare per l’inizio della scuola: lavorare su me stesso e sulla ricerca dell’essenziale per essere responsabile davvero di un pezzo del puzzle, condividere con chi mi circonda l’ambizione alla giustizia e alla pace, progettare percorsi possibili di accoglienza ed integrazione, consapevole che “l’amore non segue le logiche”!
Marco Pappalardo