Recentemente ho letto alcune righe scritte da un caro amico che ricordava un servizio di un paio di anni fa: si era reso disponibile ad accompagnare un’ assistente sociale in un trasferimento di una donna con grossi problemi psichiatrici.
La storia di quella persona è veramente straziante, con un matrimonio fallito alle spalle e una figlia che non vede da anni e sente solo brevemente al telefono ogni tanto. Una infinita serie di spostamenti da una casa famiglia o un ospedale ad un altro….
Non riuscendo neppure ad immaginare cosa voglia dire una vita così e col cuore colmo di riconoscenza verso il Signore, che mi ha indegnamente e, per certi versi inspiegabilmente, voluto donare una cosiddetta vita “normale”, mi sono ritrovato a chiedermi quale possa essere il Suo progetto in casi simili: già normalmente è difficile comprenderlo, figuriamoci in situazioni di grande sofferenza come quella!
E allora si è affacciata alla mia mente la consapevolezza che il Paradiso è pieno di “matti”.
Il termine non vuole assolutamente essere dispregiativo, ma puramente indicativo. Indicativo di tutti coloro che vivono una vita di stenti o di malattia grave, come i malati mentali, senza magari averne piena coscienza.
E mi sono tornate in mente le parole del brano del Vangelo in cui il Re invita al banchetto i reietti della società … gli storpi, i menomati … i matti… tutti loro mi precederanno in Paradiso!
Quindi, io, noi, che talvolta ci crogioliamo nelle nostre soddisfazioni, tronfi per quel che facciamo, possediamo, diciamo … dobbiamo rammentarci che tutto ciò, se da un lato ci permette di vivere in una certa misura una vita felice, contemporaneamente ci allontana dal luogo, o meglio, dallo stato d’essere, al quale siamo chiamati! Io devo ancora meritami un posto, mentre quella donna probabilmente lo ha già pronto fin da quando è nata.
Non so, non ho studiato e non sono un teologo, Sono solo pensieri sparsi, ma quando ringraziamo per i doni ricevuti, chiediamo al Signore che ci aiuti anche a viverli correttamente, perché al termine della nostra giornata terrena, l’essere stati … ci sia di lode e non di condanna. Amen.
Giorgio Frigerio