In questi giorni che restano prima della fine della scuola, sto impegnando gli alunni a svolgere delle verifiche. Bene! – direte – facciamo tutti le interrogazioni di fine anno, quelle per salvare il salvabile o per avere i numeri a posto in vista degli scrutini; dunque che c’è di nuovo in queste verifiche? La novità sta nel fatto che gli studenti non vengono interrogati né compilano test o scrivono compiti, ma sono chiamati a confrontarsi-verificare su come hanno vissuto quest’anno scolastico sia da singoli che da classe. Niente valutazioni numeriche, nessuna corsa ai risultati, bensì l’opportunità di fermarsi almeno un paio di ore per discutere insieme sul modo in cui questi 200 giorni abbiamo inciso su tutti e su ciascuno.
Due ore perse e inutili col tempo che stringe? Meglio usarle per finire il programma ed interrogare?
Nessuna ora è persa se pensata, condivisa, valorizzata e mai lo è la verifica di un cammino svolto.
Del resto, basta solo organizzarsi per tempo ed evitare di arrivare al’ultimo momento per avere i voti che servono o completare gli argomenti. Correre per finire un programma non è per niente utile agli studenti, non serve neanche ad imparare, meglio allora fermarsi, perché è sempre necessario vedere da che punto si è partiti e dove siamo arrivati. Inoltre la scuola è un ambiente originale dal punto di vista della verifica del percorso fatto, poiché quasi mai – in itinere o finito l’anno – ci si riunisce per vedere cosa è andato bene e cosa no, come siamo cresciuti o che passi indietro abbiamo compiuto, e questo vale sia per i docenti che per gli studenti. Passiamo ora a verificare risultati per ottenere dei numeri, dimenticandoci che dietro ai numeri ci sono delle persone, piccole donne e uomini, che in un anno cambiano nel bene o nel male e certamente cambiamo pure noi. Peccato che nelle classi verificare significhi solo essere interrogati o svolgere delle prove scritte! Poi ci meravigliamo del fatto che i compagni di classe del giovane morto in hotel a Milano siano omertosi e non abbiano partecipato al funerale. Sì, ci sembrano assurdi, ma quale docente in cinque anni in modo costante e significativo li ha fatti fermare e confrontare su quale genere di classe stavano creando, su che tipo di amici crescevano, su quali valori avevano conquistato anno per anno?
Un progetto iniziato, senza pause in corso per capire se si procede bene secondo l’idea iniziale, è un progetto che finirà male o andrà rivisto quasi del tutto. Quello della scuola è un grande progetto, poiché ha a che fare con la vita delle persone!
Si dovrebbero fermare periodicamente gli alunni e allo stesso tempo gli insegnanti per chiedersi in che direzione si sta procedendo e con quale stile. Qualcuno dirà che gli scrutini o i Consigli di Classe sono già dei momenti di pausa ad hoc, ma siamo certi che nella maggior parte dei casi non siano solamente una raccolta di numeri? E poi gli studenti quanto spazio hanno?
C’è bisogno davvero di altro per una “buona scuola”!
Marco Pappalardo