L’Epifania, tutti lo sappiamo, non è solo la Befana con la scopa che porta i dolcetti ai buoni e il carbone ai cattivi. Una bella tradizione, la vecchietta che spinge a un piccolo esame di coscienza, a comportarsi bene per avere caramelle in dono e non brutte sorprese. L’Epifania è una festa importantissima per i cristiani, perché fa memoria della manifestazione della divinità di Gesù a tutte le genti, in particolare le più lontane, persone di tutto il mondo, anche quelle che non avevano niente a che fare con il popolo di Israele da cui è nato il Signore. Uomini che non conoscevano le Scritture e le leggi. Eppure lo Spirito le raggiunge, le convince a mettersi in viaggio seguendo una stella più bella e lucente di tutte le altre. Una cometa transitata in quegli anni a quelle latitudini, dicono gli scienziati di oggi.
I Magi arrivano a Betlemme dall’Oriente spinti da un richiamo che è nella loro scienza di astronomi in cerca di una stella, nei movimenti del loro cuore di sacerdoti di una religione diversa. Un cuore in cui le tracce del Creatore sono presenti, incise così in profondità da indurli a cercarlo in luoghi ignoti ed esotici. Lo cercano anche se non lo conoscono. Erano un po’ imbroglioni? Forse lo erano considerati, anche questo è nel significato del loro nome. Persino i pastori che ricevono l’annuncio della nascita di Gesù non avevano un’ottima fama a quel tempo!
Sicuramente i Magi hanno dato prova di essere molto scaltri: avvertiti in sogno, non tornano da Erode che voleva ingannarli. ‘Quando avrete trovato i il Bambino, fatemelo sapere, perché anche io venga ad adorarlo ‘ aveva detto loro il re terrorizzato dal rischio di perdere il suo potere sui Giudei, il re in preda alla paura che farà strage di innocenti per difendersi da un bimbo venuto al mondo per salvare anche lui.
Guardarsi dai pregiudizi e da chi cerca di ingannarci. Ecco un’altra lezione da imparare da quei sapienti e furbi Magi che non si lasciano prendere in giro dalle lusinghe del ricco castello di Erode. Seguono il loro cuore e il sogno che dice di non tornare a Gerusalemme, di fuggire l’uomo dalle vesti regali ma dal cuore indurito dal panico.
Quali sono i nostri pregiudizi? Chi sono gli Erode della nostra vita? Anche noi siamo un po’ Erode con gli altri?
Meditando sulla festa dell’Epifania che arriva, ecco queste domande, nate anche ripensando all’omelia di Papa Francesco il 6 gennaio dell’anno scorso, che raccontava proprio quest’avventura della mente e dello spirito che ha portato persone lontanissime ad arrivare a Betlemme per adorare Gesù. Il Papa invitava a coltivare questa ‘santa furbizia’, la stessa che porterà San Giuseppe a non tornare a Betlemme quando viene a sapere che il figlio di Erode regnava in Giudea. Sceglierà Nazaret, in Galilea, e lì Gesù crescerà in sapienza e grazia, lontano dagli intrighi e dalle minacce dei potenti impauriti.
Ecco un passaggio dell’omelia del Santo Padre: ‘Un aspetto della luce che ci guida nel cammino della fede è anche la santa furbizia. E’ una virtù questa, la santa furbizia. Si tratta di quella scaltrezza spirituale che ci consente di riconoscere i pericoli ed evitarli. I Magi seppero usare questa luce di furbizia quando, sulla via del ritorno, decisero di non passare dal palazzo tenebroso di Erode, ma di percorrere un’altra strada. Questi saggi venuti da Oriente ci insegnano come non cadere nelle insidie delle tenebre e come difenderci dall’oscurità che cerca di avvolgere la nostra vita. Loro, con questa santa furbizia hanno custodito la fede. E anche noi dobbiamo custodire la fede. Custodirla da quel buio’, ‘custodirla dai canti delle Sirene’. Come? ‘Con la preghiera, con l’amore, con la carità. Occorre accogliere nel nostro cuore la luce di Dio e, nello stesso tempo, coltivare quella furbizia spirituale che sa coniugare semplicità ed astuzia, come chiede Gesù ai discepoli: siate prudenti come i serpenti e semplici come le colombe’.
Allora sì, impariamo dai Magi a metterci in cammino dietro la stella, a non avere pregiudizi ma anche ad essere furbi, prudenti come serpenti e semplici come colombe. A difendere la fede come il più prezioso dei doni: oro, incenso e mirra.
Sabrina Cottone