IV Domenica di Quaresima Ambrosiana – Commento al Vangelo

Sr Chiara Dieni | IV domenica di Quaresima, Rito Ambrosiano

 

Letture della IV Domenica 

 

 

Passando, il Signore Gesù vide un uomo… 

Gesù passa. Il suo non è un camminare distratto. Passa e fissa lo sguardo: cammina con gli occhi ben aperti e vede un uomo, non un cieco. Vede un uomo nella sua verità di essere umano, prima ancora che nella sua malattia. Chissà quante persone fino a quel momento gli erano passate accanto e di lui avevano visto solo la sua disgrazia, considerandola, per di più, una “punizione di Dio” per chissà quale peccato commesso da lui o dai suoi genitori. Il passare accanto di Gesù e il suo sguardo leggono nel cuore di quest’uomo la sofferenza del sentirsi emarginato, da sempre, a causa della sua cecità; gli leggono nel cuore il desiderio profondo di bene, il sogno di un incontro che porti luce alla sua vita, non solo ai suoi occhi; gli leggono nel cuore la disponibilità a fidarsi dello sguardo e della parola di un “Passante” al quale non può guardare in faccia; gli leggono nel cuore risorse che nemmeno lui sa di avere – e anche questa cecità lo tiene fermo, lo convince di non valere niente per nessuno, di non avere futuro –.

 

 

Va’ a lavarti nella piscina di Siloe.

Ecco un invito, semplice e diretto. Non stare qui fermo, va’… E, senza pensarci due volte, senza presentare domande o obiezioni il cieco va, si mette in cammino, fidandosi di una voce che lo invita a muoversi. Lui che non aveva chiesto nulla, almeno a parole, parte senza esitare, spinto da chissà quale moto interiore, da chissà quale speranza, riaccesa nel suo cuore dai gesti e dalle parole di Gesù. L’uomo cieco parte che è ancora malato, ma cammina fidandosi di questa Parola che, misteriosamente, sente portatrice di vita e di guarigione.
Va’ è un verbo che attraversa tutta la Bibbia.
Va’ è l’imperativo che ricorre ogni volta che Dio affida una missione e domanda di mettersi in cammino, contando solo sulla sua Parola: ad Abramo chiede di andarsene dal suo paese per raggiungere una terra solo promessa; a Mosè di presentarsi al faraone per reclamare una libertà ‘impossibile’; a Giosuè di mettersi alla testa del popolo e guidarlo, senza rotte e orizzonti, per fiumi, deserti e stelle; a Giona, il pauroso, di raggiungere Ninive, la grande città, percorrendola ‘ad alta voce’, eco audace del richiamo di Dio; a Elia di camminare, passo dopo passo, verso l’Oreb, vertigine del Mistero; a Geremia di scendere nella bottega del vasaio per imparare dalle sue mani a lasciarsi plasmare da Dio; a Giuseppe di prendere con sè il Bambino e sua made e di fuggire in Egitto, in fretta, di notte.
Dio si serve di ogni uomo che si fida della sua Parola per compiere le ‘grandi cose’ della misericordia, per condurre la storia verso il Bene. Così è anche per l’uomo cieco. Si fida, parte e torna a vedere.

 

 

… e tornò che ci vedeva.

Ora anche lui finalmente ci vede. Viene alla luce, rinasce. Guarda il mondo, le persone, può tornare ad una vita normale. Torna da dove è venuto, tra i suoi, ma non è più lo stesso uomo. Non solo perché ha riacquistato la vista, ma perché con la vista ha riacquistato il coraggio di esporsi in prima persona, la forza e l’ironia di tener testa alle domande incalzanti che gli vengono rivolte. Per tre volte gli viene chiesto come gli fossero stati aperti gli occhi e per tre volte resta fermo nelle sue affermazioni, risponde tono su tono, senza paura, distinguendosi ‘per eccesso’ dai suoi genitori.
E pian piano il suo percorso di guarigione lo fa passare da uomo guarito a credente: insieme alla vista acquista, passo dopo passo, la libertà interiore, il dono più vero e più bello che l’incontro con Gesù gli mette dentro. 

Così quello che all’inizio è semplicemente l’uomo che si chiama Gesù, diventa un profeta e, finalmente, il Signore della sua vita, quando, davanti alla domanda diretta: «Tu credi nel Figlio dell’uomo?», egli risponde: «Credo, Signore!», riconoscendo in Gesù il suo Salvatore.
Il percorso è concluso. Ora l’uomo che era stato cieco è un uomo completamente libero interiormente.  Il suo percorso è quello che siamo chiamati a fare tutti noi.
Gesù passa anche nelle nostre vite. Ci vede e ci chiama ad andare, fidandoci della sua Parola. E nel camminare scopriremo ad un tratto di essere guariti: ci sentiremo compresi nei nostri desideri più autentici, “visti” nella verità di noi stessi e non nelle “etichette” che gli altri a volte ci attribuiscono.
Allora la nostra libertà sarà la professione della nostra fede.