SECONDA SETTIMANA
Discernere tra Dio e le opere di Dio
(Dal testo “Cinque pani e due pesci”)
A causa del tuo amore infinito, Signore,
mi hai chiamato a seguirti, a essere tuo figlio e tuo discepolo.
Poi mi hai affidato una missione che non somiglia a nessun’altra,
ma con lo stesso obiettivo degli altri: essere tuo apostolo e testimone.
Tuttavia, l’esperienza mi ha insegnato
che io continuo a confondere le due realtà: Dio e la sua opera.
Dio mi ha dato il compito delle sue opere.
Alcune sublimi, altre più modeste; alcune nobili, altre più ordinarie.
Impegnato nella pastorale in parrocchia, tra i giovani, nelle scuole,
tra gli artisti e gli operai, nel mondo della stampa, della televisione e della radio,
vi ho messo tutto il mio ardore impiegando tutte le capacità.
Non ho risparmiato niente, neanche la vita.
Mentre ero così appassionatamente immerso nell’azione,
ho incontrato la sconfitta dell’ingratitudine, del rifiuto di collaborazione,
dell’incomprensione degli amici, della mancanza di appoggio dei superiori,
della malattia e dell’infermità, della mancanza di mezzi…
Mi è anche capitato, in pieno successo, mentre ero oggetto di approvazione,
di elogi e di attaccamento per tutti, di essere all’improvviso spostato
e cambiato di ruolo.
Eccomi, allora, preso dallo stordimento vado a tentoni,
come nella notte oscura.
Perché, Signore, mi abbandoni? Non voglio disertare la tua opera.
Devo portare a termine il tuo compito, ultimare la costruzione della Chiesa…
Perché gli uomini attaccano la tua opera? Perché la privano del loro sostegno?
Davanti al tuo altare, accanto all’eucaristia, ho sentito la tua risposta, Signore:
«Sono io colui che segui e non la mia opera!
Se lo voglio mi consegnerai il compito affidato.
Poco importa chi prenderà il tuo posto; è affar mio.
Devi scegliere Me!».
Il nostro carisma, da sempre, è un carisma dell’operosità: il lavoro e la temperanza, l’azione e la contemplazione sono cardini che don Bosco ha voluto fissare nella nostra regola di vita con profonda convinzione. Tante volte -lo confessiamo- la dedizione al lavoro, alla missione, all’opera di Dio ci travolgono e prendono il sopravvento, a volte mandandoci in affanno. Ecco, allora, l’occasione in questa seconda settimana di avvento per tornare all’essenziale della nostra vocazione: non le cose che facciamo, ma Colui che il motivo per il quale le facciamo. Le opere di Dio appartengono a Dio, e Lui se ne prenderà cura. Questo ci libera dal peso degli affanni, anche quando ci pare di non intravvedere risultati, o di dover cambiare strada proprio quando qualche frutto si fa maturo.
Seguire Gesù significa essere pronti ad andare, a lasciare… a seguire, appunto! Ciò che ci spinge a fare le opere di Dio è solo l’amore a Dio, o meglio, la nostra povera risposta all’immenso amore di Dio per noi. Questa seconda settimana di attesa è tempo di ritorno alle motivazioni profonde del nostro agire, tempo per rientrare nel nostro cuore al quale – per dirla con Madre Mazzarello – possono togliere tutto, ma non la possibilità di amare il suo Creatore.
San Francesco di Sales ci ricorda cosa significa questo instancabile andare, desiderando solo la presenza e la compagnia del nostro Re:
Immagina, Teotimo, il glorioso e mai abbastanza lodato san Luigi che si imbarca e fa vela per andare oltremare; e guarda la regina, la sua cara consorte, che si imbarca con sua maestà. A chi avesse chiesto a quella brava principessa: Dove va, signora? Avrebbe risposto: Vado dove va il re. E a chi avesse insistito: Ma lei sa, signora, dove va il re? Avrebbe risposto: In linea di massima me lo ha detto; ma non mi importa sapere dove va, ma soltanto andare con lui. Se poi uno avesse chiesto ancora: Dunque lei, signora, non ha progetti in questo viaggio? No, avrebbe risposto, nessuno, se non quello di rimanere col mio signore e marito. Bene, qualcuno avrebbe potuto aggiungere, va in Egitto per passare in Palestina; sosterà a Damietta, ad Acri e in molti altri luoghi: non ha intenzione di andarci anche lei, signora? Avrebbe risposto: Proprio no, io voglio stare semplicemente vicino al mio re, e i luoghi in cui sosterà sono indifferente e di nessuna importanza per me, se non perché ci sarà lui. Io vado senza desiderio di andare, perché desidero soltanto la presenza del re: è dunque il re che va e vuole il viaggio; quanto a ma, non vado, ma seguo; non voglio il viaggio, ma soltanto la presenza del re; il soggiorno, il viaggio ed ogni sorta di avversità mi sono completamente indifferenti.”
(S. Francesco di Sales, “Trattato dell’Amor di Dio”, cap. XXIII, pag. 669)