– Antonio Di Lisi –
L’inclusione degli studenti e delle studentesse con diversabilità è un tema molto caro alla scuola di ogni ordine e grado e ci sono molte strategie che gli insegnanti, specialmente quelli di sostegno, utilizzano per raggiungere questo obiettivo. Una di queste, ancora poco esplorata a dir la verità, è l’utilizzo dei giochi da tavolo, da sempre considerati divertenti e coinvolgenti, ma che possono anche offrire numerosi benefici educativi.
Probabilmente alcuni storceranno il naso leggendo che a scuola si possa anche giocare, e per includere tutti e tutte poi, ma se ci pensiamo bene rimane una delle attività umane che più mette in relazione, unisce e abbatte barriere, anche quelle fisiche. Pensiamo per esempio a come ci si posiziona per iniziare a giocare: seduti. Questo vuol dire che coloro i quali hanno particolari disabilità fisiche, agli arti inferiori per esempio, possano sentirsi a proprio agio. Diversi giochi, per citare altri esempi, non hanno nemmeno bisogno di tabellone e pedine, perché sono narrativi, ed è sufficiente usare la voce e la creatività.
Il gioco da tavolo, pertanto, potremmo definirlo come democratico, inclusivo e sfidante. Ma non solo, è anche educativo e formativo di per sé ed usarlo in classe facilita il raggiungimento di obiettivi pro-sociali dei docenti. Bisogna sottolineare, tuttavia, che i giochi vanno anche scelti con cura, proprio perché il gruppo classe non è mai omogeneo e bisogna tener conto delle specificità di ogni studente e/o studentessa. Quindi, gioco da tavolo si, ma come scelta oculata.
COME SCEGLIERE UN GIOCO?
Tra le tante categorie di giochi da tavolo, per una didattica inclusiva a scuola, consiglio sempre i Party Games. Per loro natura sono giochi semplici, veloci, con poche regole e molto personalizzabili o, come ama dire qualche formatore, ‘hackerabili’. È possibile seguire dei criteri molto semplici per scegliere i giochi adatti, quali per esempio:
- Il gioco stimola tutti i sensi o solo alcuni?
- Mettendomi nei panni di una persona con una specifica disabilità, noto dei vincoli e/o difficoltà nel giocare?
- C’è del testo sulle componenti (carte, tabellone, ecc.)? Quanto influisce sul gioco? Le tonalità dei colori sono importanti per il gioco oppure hanno solo una funzione estetica?
- Posso apportare qualche piccola modifica a mio vantaggio, senza snaturare le meccaniche del gioco?
- A che categoria appartiene il gioco? È un gioco narrativo, comunicativo verbale e/o non verbale, cognitivo, strategico, di memoria, logico-deduttivo?
I giochi, si sa, nascono per intrattenere, per gustare del tempo in spensieratezza, ma molti di essi sono anche molto educativi, se non in alcuni casi didattici. Infatti alcuni di essi possono offrire numerosi benefici educativi e possono essere utilizzati per migliorare le abilità cognitive, sociali e di problem solving, comunicativi e a volte anche motori. Ma facciamo qualche esempio concreto…
GLI IMMANCABILI
Cortex, Bandido, Duplik, The mind, Story Cubes e tanti altri
Abbiamo già detto che la nostra scelta del gioco deve essere guidata dagli obiettivi che ci prefiggiamo e dagli studenti e le studentesse con cui lavoriamo. Non per ultimo, dobbiamo tenere in considerazione come le specifiche disabilità possono inficiare il coinvolgimento di quest’ultim*. Al momento possiamo muoverci, quindi, tra due parametri: tipologia di gioco, livello di inclusione.
Cortex (Asmodee)
Cortex è un gioco edito da Asmodee e, anche se ne esistono molte versioni, alla base ha una meccanica molto semplice ed un’idea geniale: sfidare gli altri in una gara di intelligenze. Ispirato alla teoria delle intelligenze multiple di Gardner, infatti, il gioco è formato da carte, divise in 8 categorie diverse, e i giocatori devono usare le loro competenze ed abilità per dare la soluzione esatta prima di tutti gli altri.
- Tipologia di gioco: cognitivo-motorio
- Livello di inclusione: medio-alto
Scopri tutti i tipi di Cortex sul Pagliaio: Cortex azzurro, Cortex rosso, Cortex bianco, Cortex+.
Bandido (Helvetiq)
Piccolo sia nelle dimensioni che nel numero di carte, Bandido è un tipico gioco cooperativo che si comporta come un valido esercizio di Problem solving. I giocatori, infatti, dovranno cooperare posizionando le carte in modo tale che il BANDIDO (un galeotto che vuole evadere) sia bloccato da ogni via di fuga, entro un certo numero di turni o fino a quando le carte non finiscono. Questa meccanica molto semplice quanto potente, favorisce molto la comunicazione tra i giocatori, la negoziazione, l’empatia, la teoria della mente.
- Tipologia di gioco: cooperativo – Problem solving
- Livello di inclusione: medio
Duplik (Asmodee)
Cito il sottotitolo: “un gioco per disegnatori che non sanno disegnare”. Già dice tutto o quasi. In Duplik ci sono due tipi di giocatori, il/la “maestr* d’opera” è chi può osservare una carta del gioco, in cui vi è un disegno, e descrivere quanto vede solo a voce nel tempo di una clessidra; i giocatori dovranno disegnare, ma senza fare opere d’arte, quanto ascoltano nel tempo stabilito. In questo gioco è quindi importante avere buone capacità comunicative da un lato e ottime capacità di ascolto dall’altro. D’altronde quel che importa non è fare il disegno perfetto, ma disegnare per come si può tutto quello che viene detto.
- Tipologia di gioco: comunicativo
- Livello di inclusione: medio
Scopri Duplik sul Pagliaio.
The Mind (DV giochi)
È forse uno dei miei preferiti, perché in questo gioco cooperativo non si parla, ma si ride tantissimo. The mind è un gioco quasi magico, perché bisogna “leggere nella mente dell’altro” la scelta di gioco che farà. È composto da un mazzo di carte numerate da 1 a 100, ogni giocatore ne riceve un tot, in base al livello che si gioca, e l’obiettivo è liberarsi dalle carte in mano creando a terra una linea di numeri crescente.
- Tipologia di gioco: cooperativo, Problem, teoria della mente
- Livello di inclusione: medio-alto
Story Cubes (Asmodee)
Un classico ormai da anni, story cubes è tanto semplice quanto potente: il gioco consiste nel lanciare 9 dadi, che hanno in ogni faccia un disegno stilizzato (non numeri quindi) e inventare una storia a partire dalla combinazione dei disegni. È un gioco in cui non vince nessuno, se non il divertimento.
- Tipologia di gioco: cooperativo, narrativo
- Livello di inclusione: medio-alto
Scopri tutti i tipi di Story Cubes sul Pagliaio: Base, Viaggi, Azioni, Mistero, Fantasia, Primordiali.
COME USARLI IN CLASSE?
Adesso che sappiamo alcuni titoli ‘immancabili’ che possono fare al caso nostro, vediamo come possiamo usarli in classe.
Primo step: valutiamo se il gioco così com’è si adatta alle nostre esigenze oppure ha bisogno di qualche modifica. Se siamo orientati per il secondo caso, un esempio può essere proiettare le carte con la LIM o proiettore. Giochi come Cortex, Story Cubes, Concept (piccolo esercizio per casa, cercatelo e valutatelo voi), anche Duplik hanno l’elasticità di essere usati senza rivoluzionare lo spazio-classe;
Secondo step: creiamo attesa per questo momento di gioco, diciamo alla classe che faremo un’esperienza nuova, bella, coinvolgente, in cui tutti potranno dare il meglio di sé;
Terzo step: lasciare che il gioco faccia il suo corso, accompagnando il fluire delle emozioni come gli argini fanno con un fiume;
Quarto step: alla fine del gioco, condividere l’esperienza vissuta, le sensazioni, i momenti divertenti, le strategie, tutto quanto possa favorire la relazione e la socialità in classe e aiutateli a dargli un significato, a scorgere la bellezza di quanto vissuto;
Infine, lasciatevi stupire anche voi da come un gioco possa ravvivare i rapporti, abbattere muri, accendere l’entusiasmo e…valorizzatelo.
ALLA FINE DEL GIOCO
Riassumendo, usare il gioco da tavolo in classe, per includere tutti gli studenti e le studentesse, vuol dire proporre un’esperienza che rafforza la relazione, unisce e abbatte barriere. Questo accade perché il gioco è educativo e formativo di per sé, ma non funziona come una bacchetta magica. C’è bisogno di fare una valutazione di quale sia adatto ai nostri obiettivi, con i ragazzi che abbiamo in carico, predisponendo sia gli spazi che le persone a partecipare con motivazione. Insomma, una bella soddisfazione che può farvi sentir dire, finalmente, “Prof., gioco anch’io”.
Fonte: Agoformazione