– Simone Baroncia –
“Un racconto coinvolgente, a tratti commovente, della loro esperienza di parrocchia. Una trama bella di ricordi dell’adolescenza e della giovinezza. Una trama di legami, di amicizia, di impegno, di creatività e di risate. Ma soprattutto la storia di un percorso di fede e di vita che, nella parrocchia, ha avuto il luogo del suo maturare. Perché la parrocchia è veramente il luogo in cui la Chiesa si fa casa tra le case, in una prossimità alla vita delle persone che rende possibile accompagnarne le sofferenze, le gioie, gli affetti, e sostenerne la ricerca”.
Con queste parole la prof.ssa Pina De Simone, docente di Filosofia della religione e coordinatrice della specializzazione in Teologia Fondamentale alla Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale, sezione ‘San Luigi’, introduce il libro ‘Viva la parrocchia. La sinodalità vissuta dal basso’, scritta da Enzo Romeo, vaticanista del Tg2, e dall’ematologo Giuseppe Curciarello, entrambi originari di Siderno, in provincia di Reggio Calabria, che mostrano di sentirsi ancora debitori della loro formazione spirituale e culturale, ricevuta nella parrocchia ‘Santa Maria dell’Arco’, che nella presentazione del libro chiariscono il loro scopo:
“In queste pagine vogliamo raccontarvi l’esperienza di due ragazzi, adesso ultrasessantenni, cresciuti in parrocchia nei primi anni del post-Concilio, che hanno respirato la ‘libertà’ della fede cristiana e hanno assaporato la bellezza di viverla con gli altri, in fraternità, senza mai sbandierarla come un vessillo esclusivo o, peggio, usarla come un’arma contro chi non la pensasse al loro stesso modo… Abbiamo avuto la fortuna di frequentare la parrocchia quando la Chiesa andava spalancando porte e finestre e dentro le sacrestie entrava aria fresca. A volte scompaginando le carte, facendo sbattere qualche uscio e rompendo qualche vetro. Pazienza! Ciò che importava era poter gustare una fede nuova, non più fatta di precetti e costrizioni, non più tenuta in piedi dalla paura dell’inferno”.
Partendo proprio da queste righe di presentazione chiedo ai due autori di raccontare il motivo per cui hanno scritto un libro sulla parrocchia:
“Perché è il luogo dove siamo cresciuti e ci siamo formati, carico di bei ricordi e che ha segnato gli anni della nostra adolescenza e giovinezza. Il libro nasce per raccontare e far rimanere nel tempo l’esperienza di chi scrive e quella degli altri protagonisti della storia, il parroco e tutte le persone che abbiamo incontrato in quegli anni”.
‘Vi dico subito che apprezzo molto il fatto che a voi sta a cuore la parrocchia. Anche a me sta a cuore! La parrocchia. Ci sono movimenti, ci sono cose che ruotano… La parrocchia: la radice è nella parrocchia’: per quale motivo anche il papa ha a cuore la parrocchia, come ha detto ai giovani dell’Azione Cattolica Italiana?
“Perché la parrocchia è la prima cellula della Chiesa come la famiglia lo è della società. Se abbandoniamo questo primo decisivo campo di convivenza e comunione rischiamo di saltare tutti gli altri anelli di partecipazione cristiana ed ecclesiale. La comunione e la sinodalità prima che discusse vanno vissute e la parrocchia è il terreno in cui ciò si sperimenta. I primi cristiani stavano insieme spezzando il pane e lo facevano con quelli, diremmo oggi, della parrocchia”.
‘Parrocchia, dal greco paroikía, significa comunità di vicini. Che bello! Persone che vivono nello stesso territorio e che vogliono essere in comunione fra loro’: cosa significa fare comunità in parrocchia?
“Significa sentire che siamo tutti partecipi a uno stesso progetto, non legato al ‘fare’ ma all’ ‘essere’. Il fine primo dell’esperienza parrocchiale dovrebbe essere proprio ‘camminare insieme’ (syn-hodos). La sfida è farlo nella società di oggi, tra modelli culturali diversi, spostamenti continui, comunicazioni a distanza… Non basta condividere digitalmente dei concetti (pensiamo alle tristi riunioni online), ma costruire un forte rapporto interpersonale. La carità non si trasmette con un bel documento, ma con l’empatia, sentendo che Lui è in mezzo a noi. Così le attività e i servizi parrocchiali non saranno solo dei bei progetti filantropici”.
Allora in quale modo la parrocchia aiuta a vivere il cammino sinodale?
“Recuperando lo spirito di comunione che si è un po’ smarrito; mettendo in pratica la sinodalità nei luoghi di vita del nostro quartiere, delle nostre case. La parrocchia non è solo l’edificio parrocchiale. Il Vangelo dice che i discepoli ‘stavano insieme’, ma non sempre nello stesso luogo. Perché la parrocchia sia viva, deve offrire testimonianza al mondo e deve farlo attraverso il volto di ogni parrocchiano”.
Quale ‘compito’ ha la parrocchia oggi?
“Il compito di essere missionaria, di andare incontro all’umanità, non solo a quelli della nostra ‘cerchia’, ma anche (e soprattutto) ai ‘lontani’. Uscire nelle strade, incontrare le persone nei loro luoghi di vita, essere accanto, accompagnare, sostenere, condividere. Guai a una parrocchia-ufficio, dove si riceve dalle ore alle ore, che si limita a rilasciare certificati ed a celebrare funzioni (peraltro con sempre meno fedeli). Come scriviamo nel libro, la parrocchia è la ‘porta di ingresso’ della fede. Purtroppo, a volte è anche la ‘porta d’uscita’. Ma anche quando si sperimenta il fallimento dobbiamo avere la certezza di aver fatto del nostro meglio per testimoniare nostro Signore”.
In quale modo la parrocchia è ‘palestra’ del mondo per il giovane?
“Nella misura in cui è luogo di vita vissuta e non una struttura in cui si consumano delle convenzioni, magari sacramentali. Il battesimo, la prima comunione, forse la cresima… E poi si sparisce, perché la vita vera è fuori da lì. La palestra è un bel paragone, perché è un luogo oggi molto frequentato: per motivi di salute, perché avere un fisico più bello, per passione sportiva o per incontrare altre persone. Anche la palestra-parrocchia può divenire attrattiva, specie per i giovani, se intercetterà la loro voglia di ‘bello’ e di ‘buono’, condendo questa ricerca con l’amicizia. Così è stato per noi”.
Fonte: ACI Stampa