Laura Vicuña: la vita ha senso solo se la doni

In questi anni mi è capitato che il desiderio di presentare la figura di Laura Vicuña alle ragazze e alle giovani che abitano le nostre case si scontrasse con la tentazione di pensare che le vicende o la spiritualità di questa adolescente delle Ande siano ormai troppo distanti dalla vita che conducono le giovani di oggi.

Forse, questo è il rischio che si corre tutte le volte in cui si cerca di semplificare troppo le storie dei santi, restando in superficie, senza ascoltare ed interrogare sul serio la realtà che hanno vissuto. Se pensiamo che per rendere accessibile la vita di un santo sia necessario modernizzarla, allora significa che stiamo incappando in un errore di prospettiva. In fondo, la santità è una questione di amore. E le vite dei santi non sono altro che infinite modalità di incarnare questo amore lì dove il Signore li ha posti.

Così è stato anche per Laura. È questo che dobbiamo cercare e poi raccontare di lei: come ha amato? Come ha scelto di amare, obbedendo alla realtà che la vita le ha messo davanti? Mettendoci in ascolto della sua vita a partire da queste domande, ci si spalanca un orizzonte di Paradiso davvero meraviglioso, profondo e commovente.

Raccontare cronologicamente la vita di Laura Vicuña non è lo scopo di queste righe, tuttavia, prima di fare alcune considerazioni, mi lascio aiutare da un bellissimo libro (DUPONT S., BILLORDO S., Laura Vicuña. Transformar el dolor en amor, Ediciones Don Bosco Argentina (EDBA), 2018), scritto da alcune FMA argentine, purtroppo per il momento disponibile solo in lingua spagnola, che in pochissime righe descrive l’identità di Laura.

 

Chi è Laura

Chi sono? Domanda chiave che attraversa la nostra vita e irrompe nell’adolescenza reclamando una risposta. Anche Laura a dodici anni ha bisogno di rispondervi. Lei è…

Figlia

Di Mercedes Pino, una donna abbandonata, povera, migrante, senza nessuna sicurezza, che vive sottomessa ad un uomo violento, Jose Domingo Vicuña, un uomo che non vede da molti anni…

Sorella 

Di Julia Amanda, un anno più piccola di lei

Migrante

Nacque in Cile, il Paese che sta al lato opposto della cordigliera e andò a vivere in Argentina all’età di nove anni. In carovana, con altri che erano alla ricerca di nuove possibilità, attraversò la cordigliera delle Ande, a mille chilometri da Santiago del Cile, la capitale del Paese limitrofo a quello in cui nacque.

Povera

La povertà attraversa tutta la sua vita. Non ebbe mai nulla di proprio, fino al momento della sua dipartita da questa terra; infatti, muore in casa di una vicina, in un letto prestato.

Amica

Coltivò l’amicizia. Con le sue amiche condivideva tutto, la ricreazione, il lavoro, lo studio, però soprattutto il suo cammino di fede, la sua vita interiore.

Cristiana

Battezzata nella Chiesa di Sant’Anna, il 24 maggio del 1891. Scelta, ancora senza saperlo, dall’Ausiliatrice che la terrà sempre sotto il suo manto e la porterà nella sua casa.

Alunna

Interna nel Collegio Maria Auxiliadora de Junin de los Andes. Suor Angela Piai, sua maestra, disse: “La sua indole era pacifica di natura e il suo temperamento era inclinato alla virtù”.

Mariana

La devozione alla Vergine sarà centrale nella sua vita, sarà parte del suo nome: Laura del Carmen. Di sua iniziativa fa una scelta, sceglie di essere Figlia di Maria, di affidarsi completamente a lei, consacrandosi tutta, nei suoi pensieri, nei suoi sentimenti, nelle sue azioni.

 

Queste realtà di Laura come figlia, sorella, migrante, alunna, sono alcune delle realtà della maggior parte dei nostri bambini e adolescenti di oggi. Per Laura racchiudevano la sfida di assumerle di giorno in giorno. Da dove le assume o, per dirlo meglio, chi dà senso a ciò che vive?

 

Quale senso?

Ecco, è su questa domanda che ci soffermiamo nelle righe che ci restano. Se non c’è qualcosa, o meglio, Qualcuno, che dà senso ad un’esistenza così, allora la meta può essere solo la disperazione. Qual è il senso di una vita così ricca di stenti e di una morte così precoce?

Il senso è che la vita non è fatta per essere perfetta, la vita non è fatta innanzitutto per essere conservata, la vita è fatta per essere data, donata, consegnata. Perché la vita fiorisce se si dona, perché la vita si custodisce se la si spende, perché la vita si vive solo se la si offre. 

 

La vita come dono

Laura questa cosa l’aveva imparata bene ai piedi dell’Eucarestia: darsi agli altri per amore, come il pane che si spezza e si condivide. Laura aveva compreso che Gesù la stava invitando ad una partecipazione profonda al suo Memoriale, il Signore Gesù, senso ultimo della (sua) esistenza, la stava chiamando a diventare una cosa con Lui e, con Lui, a spezzarsi e consegnarsi agli altri.

Nel cuore di un adolescente, don Bosco lo sapeva bene, Dio può fare grandi prodigi, perché un adolescente, per sua natura, è capace di radicalità vera, di sognare in grande, di sperare contro ogni speranza. Dio aveva infiammato il cuore di Laura, e lei decise di dare la sua vita a Dio, amando fino alla fine in ogni situazione, con ogni persona, nel suo quotidiano: con le sue compagne, anche quando veniva bullizzata; con la sua mamma, anche se non si sentiva accudita e custodita da lei; con le suore con le quali viveva, nonostante non poté diventare una FMA.

Un amore così non si improvvisa, una consegna totale così, non si improvvisa, né tantomeno è un gesto spettacolare ed eroico: Laurita poté offrire la sua morte per la conversione della mamma perché si era allenata ad offrire tutta la vita nelle piccole cose di ogni giorno.

Non si tratta di fanatismo, Laura non ha cercato a tutti i costi il dolore, semplicemente non l’ha rigettato, non l’ha rifiutato certa che Dio avrebbe potuto operare le sue meraviglie anche attraverso la sofferenza. Perciò, con estrema fede ha lasciato che Dio illuminasse anche le pagine così buie della sua storia, perché ha avuto la speranza certa che Dio non butta via niente, che nelle mani di Dio nulla va perduto, nemmeno le ferite più infette. Dio fa nuove tutte le cose, Dio trasfigura, Dio non cancella il dolore come con una bacchetta magica, Dio fa di più: Dio resta, nel dolore, nelle ferite, e anche lì si manifesta e salva, con la sola forza dell’Amore. Non evita il dolore ma, così facendo, ci fa fare esperienza che l’amore è più forte del dolore, che l’amore vince la morte, perché il dolore, nelle mani di Dio, può diventare amore. 

 

Raggiunta dall’amore

Ci sembra “troppo”, affermare questo, ci sembra forse irrispettoso di molti dolori che il mondo vive, è vero. Ma Gesù non ha sofferto “per finta” sulla croce. Lui conosce bene il dolore. E quello che ci ha salvati, non è il dolore che ha sopportato Gesù, piuttosto l’amore e la pazienza con cui ha vissuto quel dolore. Noi cristiani o annunciamo che Cristo è risorto, sconfiggendo la morte, o vana è la nostra fede, ci direbbe San Paolo.

Laura ha vissuto così, ha lasciato che Dio riempisse d’amore tutto quello che ha vissuto. Ed è per questo che la sua la storia e la sua santità, non hanno salvato solo la sua mamma, ma continuano ad illuminare, ad incoraggiare, a ispirare vite, a dare senso e speranza a tante storie di dolore.

Attraverso la vita (donata) di Laura, Dio ha compiuto prodigi molto più grandi di quelli che lei stessa avrebbe anche solo potuto sperare.

E questo ci insegna tante cose, ma ne evidenzio almeno una: la tua condizione di vita, la tua età, la tua storia, le tue debolezze, le tue povertà, non saranno mai un ostacolo perché l’amore di Dio possa raggiungerti e sceglierti come suo strumento di salvezza.

 

Una vita eterna

Non importa che la vita di Laura sia stata così corta, come quelle di tanti altri santi giovani che ben conosciamo, del resto. La vita di Laura è una vita eterna, una vita che non si è accontentata, che non ha lasciato l’ultima parola alle difficoltà. E proprio oggi c’è tanto bisogno di questa santità, vissuta e proposta. 

Vale la pena vivere, anche a lungo, per meno di questo?

 

Suor Chiara