Diario di scuola

Daniel Pennac
I Narratori Feltrinelli 2008

 

Diario di scuola: non un diario di avventure, ma una dettagliata casistica di vere e proprie disavventure scolastiche. Ecco oggi un altro classico della narrativa; questo di oggi è dedicato da Pennac ad adulti ed a ragazzi; fornisce delle indicazioni utili agli uni ed agli altri.

 

Nell’espressione quotidiana “Vado a scuola” si racchiude un mondo di sottintesi:

la scuola come edificio, il lavoro di insegnamento, la fatica dell’apprendimento, il disagio quotidiano di chi si sente inadeguato, non all’altezza – tra gli alunni ma anche tra i docenti – ahinoi, le piccole/grandi conquiste, il superamento di una difficoltà, le confidenze, la condivisione di emozioni, le amicizie… un mondo! Alle volte un mondo in perfetta interazione con ciò che accade al di fuori dell’edificio, alle volte un mondo autonomo, a sé, che non sa dialogare ed interagire con quello esterno.

 

Dall’esperienza personale di Pennac, attraverso i ricordi dei tempi in cui era alunno, ed in seguito attraverso i ricordi più recenti dei tempi nei quali è diventato insegnante, si delineano le situazioni tipiche, anche di stanchezza, esasperazione, evidenza di fallimento, calo della motivazione che coinvolgono chi vive nella scuola.

 

La scuola è appena ricominciata e, come ogni anno, si fa un bilancio dei risultati raggiunti, un’analisi delle cause che non hanno portato al raggiungimento di alcuni degli obiettivi che ci si era prefissi, una verifica delle risorse coinvolte … è quasi come scrivere il proprio diario; i diari vanno letti e riletti, alla prima lettura sembrano essere solo un archivio, una memoria cronologica di eventi, invece, tra le righe, offrono riflessioni e suggerimenti utili per il futuro.

 

Il diario di Pennac, nella narrazione delle disavventure alle quali si ispira, focalizza l’attenzione su atteggiamenti e stati d’animo, azioni e reazioni di “somari” ed adulti coinvolti con loro: sia genitori che insegnanti.

Nella scuola il confronto va cercato sempre sugli elementi di difficoltà, soprattutto per chi insegna: non ha molto senso l’analisi dei successi raggiunti in percorsi di insegnamento – apprendimento lineare, dove ci sono insegnanti e alunni motivati, senza crisi, cedimenti, difficoltà, dove ci sono famiglie serene e collaborative. Il vero confronto deve esserci su quelle relazioni che non funzionano, e non solo la relazione insegnamento – apprendimento, ma soprattutto le relazioni tra le persone, quelle problematiche, conflittuali, quelle caratterizzate dalla non comprensione delle caratteristiche del singolo, dai preconcetti, poiché sulla risoluzione di quelle si fonda la possibilità di successo per tutti.

 

Il diario di Pennac è centrato proprio su questo e sottolinea come sia l’atteggiamento dell’adulto, sempre, ad influire sul successo scolastico dell’alunno, l’atteggiamento del genitore ma, soprattutto, quello dell’insegnante: quel docente che non sa cambiare il proprio punto di vista sull’altro, quando la relazione non funziona, è quel docente destinato a portare a casa l’insuccesso del proprio insegnamento; quel docente convinto che la relazione insegnamento – apprendimento e la relazione che ha stabilito con il proprio alunno siano due relazioni diverse è il classico docente che definisce certi alunni come “inguaribili somari”, poiché non riesce ad entrare nell’ottica che queste relazioni non sono due rette parallele.

 

La scuola è fatta dagli insegnanti, e quelli che vengono amati e ricordati sono sempre quelli che, come dice Pennac, hanno “salvato” degli alunni: li hanno salvati da sé stessi, dalla paura di fallire, dalla mancanza di autostima, dal timore di non essere in grado di comprendere, dall’incapacità di rapportarsi serenamente con i propri genitori.

La scuola è fatta dagli studenti, e quelli che vengono ricordati sono soprattutto quelli che sono riusciti ad andare oltre i propri limiti, oltre la paura del futuro che sentono la responsabilità di dover costruire, e vedono all’orizzonte come una minaccia, soprattutto perché di fronte alla difficoltà che incontrano si sentono da soli ed impotenti, attorniati da adulti che ripetono loro: “sei senza speranza, sei senza futuro”.

La scuola autoritaria, ma non sempre autorevole, degli anni ’50 del Novecento distrutta dalla rivoluzione studentesca sessantottina che ha messo tutto in discussione e delegato molto spesso le responsabilità individuali ad una liquefatta società, e la scuola contemporanea, fatte le opportune differenze, hanno inaspettatamente qualcosa in comune: l’ossessione per la performance e l’ossessione per il “successo sociale” come obiettivo da raggiungere attraverso la scuola.

 

Nonostante ci sia un evidente divario tra l’idea di sapere onnisciente degli anni ’50 e quella di sapere competente odierna, l’attenzione generale è nuovamente ferma al successo inteso come raggiungimento dell’obiettivo e non sull’ attenzione per l’ intero percorso di apprendimento individuale; il conformismo sociale nell’abbigliamento, il bisogno di ottenere alcuni beni di consumo in quanto visti come status symbol, questi sono di nuovo dei punti di riferimento imprescindibili, con lo stesso accanimento comune con il quale lo erano negli anni cinquanta.

 

Questo libro è un classico, un diario che non appartiene ad un’epoca precisa, infatti ritroviamo nei tempi del Pennac studente ed in quelli del Pennac insegnante le stesse situazioni che si ripetono; corsi e ricorsi storici di vichiana memoria? Può essere.

Forse non scopriamo nulla di nuovo quando ci accorgiamo che  l’umanità si ripete; del resto Pennac non vuole scoprire niente che già non sappiamo, di certo invece vuole portarci solo a riflettere su quanta forza abbiamo, ognuno nel proprio ruolo, che sia di studente, insegnante o genitore, per uscire dagli schemi mentali e sociali che ci siamo creati e guardare finalmente alle nostre relazioni senza approcci stereotipati e basati su luoghi comuni ma, possibilmente, su continui tentativi e cambi di rotta quando necessario e senza scoraggiamento.

 

Angela Maiale