Italo Calvino – Oscar Mondadori
Riprendere in mano questo libro oggi, dopo quanto sta accadendo nelle vite di tutti: ansia, angoscia, dolore, orrore per la guerra carica di uccisioni devastanti causata dalle mire espansionistiche di Vladimir Putin è quasi una necessità.
Calvino, scrivendo questo libro, aveva in mente di raccontare il contesto della Resistenza senza necessariamente inventare una storia, o particolari personaggi inseriti in quel contesto storico di riferimento.
La vicenda è centrata sul giovanissimo Pin, piccolo e vittima della guerra, della cattiveria e dell’indifferenza degli adulti, ingenuo e sprovveduto ma, allo stesso tempo, fin troppo in gamba a “leggere tra le righe” nel comportamento degli adulti. L’atmosfera della guerra e, contestualmente, della Resistenza, dato che sono la stessa cosa, senza abbellimenti che le rendano meno tragiche, senza infingimenti, solo appena velate nel loro squallore da un linguaggio che riecheggia una vaga poesia laica, sono perfettamente rappresentate.
Ogni figura coinvolta nella vicenda riesce a spiegare le motivazioni che porta con sé e con il proprio agire, persino quelle politiche legate ad ideologie d’importazione.
Oggi credo si possa apprezzare questo libro calandolo nel contesto storico di riferimento e, magari, lo si possa leggere anche per dimostrare come e quanto le illusioni che quella lotta per la Liberazione portava con sé si siano poi trasformate nel cinismo di coloro che, tornata la pace hanno ricostruito dalle macerie soprattutto l’economia e quasi per niente gli ideali e l’anima dei cittadini.
Il mondo spaccato in due blocchi, subito la voglia di buttarsi alle spalle quanto era accaduto e non parlarne, gli interessi diversi ma anche uguali, di chi è stato vittima e di chi è stato carnefice a dimenticare, per noi il boom economico, credo che tutte le volte in cui si abbia fretta di mettersi la Storia alle spalle si faccia un grosso errore che poi si paga con interessi molto alti.
Tutte le figure coinvolte in questa narrazione hanno un indicibile bisogno di normalità, la maggior parte di loro non sa neanche esprimere compiutamente questo bisogno; neanche Pin il quale, al netto delle poche cose che conosce e capisce, delle poche parole che sa utilizzare comprendendone davvero il significato, nonostante tutta la sua ansia di affermarsi, di trovare un posto nel mondo, nonostante il suo bisogno di farsi accettare, solo alla fine della narrazione si lascia andare alla dolcezza della natura, seppur aspra, per trovare in quella la pace che gli è mancata per tutta la vita.
Pin è un bambino di dieci anni che è cresciuto da solo, le sue origini sono meno che umili, alla sua età se gli adulti si sono occupati di lui è stato solo per maltrattarlo; forse Pin non capisce del tutto il gioco dei grandi anche perché non è né giusto né normale che ne faccia parte; forse è per questo che, in qualche modo, un barlume di coscienza da parte di alcuni adulti impedisce che questo piccolo sventurato entri davvero in modo irreversibile nel gioco della guerra e della Resistenza.
Anche Cugino, il compagno occasionale che appare in due particolari momenti di svolta nella vita di Pin, sembra volerlo preservare ed aiutare davvero, anche se non esplicita questo aiuto, ma il tacergli ciò che forse ha davvero fatto a sua sorella ed il prenderlo per mano portandolo lontano e parlandogli della dolcezza della sua mamma, quella dolcezza che a Pin è sempre mancata, forse ne è un riferimento.
La prima volta che lessi questo libro la mia attenzione fu presa dai combattenti per la Libertà contro il nazi-fascismo;
la seconda volta mi sono concentrata sulla figura del piccolo Pin e sul neorealismo di questo testo, insieme a ciò che la narrazione cinematografica iniziava a fare in quegli stessi anni con strumenti diversi, riguardo alla guerra ed alla Resistenza;
oggi lo riprendo per la terza volta, a distanza di pochi giorni dall’invasione dell’Ucraina, uno stato libero e sovrano, da parte di un dittatore che si sente un autarca e alla mente mi torna quanto già accaduto in passato: Ungheria, Cecoslovacchia…
Oggi la mia attenzione è attratta solo dai nidi di ragno, non riesco a pensare ad altro che a quel luogo tra realtà ed immaginazione, quella zona nascosta in cui anche i ragni fanno il nido; ma se il nido è il luogo deputato alla protezione… i ragni fanno il nido ma per proteggere chi? I loro piccoli?
I hope the russian love their children too –cantava Sting nel 1985- lo spero ma non riesco più a crederlo come allora; non sono solo i corsi ed i ricorsi alla G. B. Vico, è proprio il passato che ottenebra la mente di chi non sa vivere i propri tempi.
Angela Maiale