Di Maurizio Vitali
“Oggi il mondo e la Polonia hanno bisogno di uomini dal cuore grande, che servono con umiltà e amore, che benedicono e non maledicono, che conquistano la terra con la benedizione”. La frase è del polacco San Giovanni Paolo II, pronunciata nel 1999 e adesso ricordata da papa Francesco.
Sante parole, che fanno venire i brividi se si pensa alla vergogna che si sta consumando al confine tra Polonia e Bielorussia, con i profughi iracheni, afgani, curdi prelevati, spinti e respinti, ridotti a strumenti di pressione e di ricatto di un gioco disumano che nessuno sembra volere o saper fermare. Sono forse diecimila, esposti al freddo boia di quella latitudine, alla desolazione di foreste e steppe disabitate, alla fame.
Uomini dal cuore grande non sembrano essere i grandi registi del gioco spietato, attori di una partita in cui si giocano enormi interessi strategici, economici, energetici e lo fanno senza scrupoli. Per trovare gli uomini dal cuore grande bisogna aggirarsi la sera, nei pressi dei casolari e delle fattorie dei contadini polacchi che vivono non distanti dalla linea di confine: trovereste abbandonate per terra un paio di zucche, più in là qualche cavolo; da un’altra parte patate, o pane, come fossero caduti fuori da una borsa, o cascati da un carretto. O un giubbotto, perso; o un paio di scarpe. Perse anche quelle… chissà come? Eh, ovvio, volutamente. Il mattino seguente tutta sta roba non c’è più: volontari spalloni passano di notte con gli zaini, raccolgono questi poveri, fondamentali aiuti, e seguendo sentieri appartati che pochi conoscono li portano fino a lasciarli a ridosso del filo spinato che separa il suolo polacco dalle povere tende dei profughi ostaggio del bielorusso Lukashenko.
Aiutare i migranti è proibito dalla legge polacca, e la sanzione può arrivare fino al carcere.
Gli spalloni sanno il fatto loro, e forse le forze di sicurezza polacche chiudono un occhio. I contadini e i volontari, meno scaltri, si ricordano – come dice qualcuno di loro – del metodo Wojtyła, disobbedire legalmente: “Perdere cibo o scordare vestiti sull’aia o nel bosco può succedere, e non è punito dalla legge”.
All’occorrenza si aguzza l’ingegno. Non è però la miseria che l’aguzza, come recita il proverbio, ma il cuore, come mostrano i contadini polacchi. Nel 1943, nel pieno delle atrocità del secondo conflitto mondiale, in un mondo di vittime e carnefici, Simone Weil sostenne che al di là di disuguaglianze di fatto, tutti gli esseri umani sono assolutamente identici perché costituiti da un’esigenza centrale di bene. Lasciò scritto: “Dalla prima infanzia fino alla tomba, qualcosa in fondo al cuore di ogni essere umano, nonostante tutta l’esperienza dei crimini commessi, sofferti e osservati, si aspetta invincibilmente che gli venga fatto del bene e non del male” (La persona e il sacro, Adelphi).
Bisogna guardare la sofferenza, non censurarla per togliercela dallo sguardo e, diciamocelo, dai piedi. E bisogna guardare i gesti come quelli dei contadini polacchi, perché ci dicono come è fatto, meglio: come è stato fatto, l’uomo.
E perciò sono gesti che interpellano la coscienza europea. Svetlana Alekseievič, scrittrice bielorussa premio Nobel per la letteratura, ha sottoscritto un appello in cui si proclama: “Per noi la Ue è una comunità morale basata sulle regole della solidarietà interpersonale…”.
Sono gesti che interpellano anche la coscienza ecologica, visto che siamo freschi di Cop26, Greta & Co. “Non ci sono due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale. Le direttrici per la soluzione richiedono un approccio integrale per combattere la povertà, per restituire la dignità agli esclusi e nello stesso tempo per prendersi cura della natura”. È l’idea guida della Piattaforma di iniziative “Laudato si’”, lanciata ieri volutamente in concomitanza con la Giornata mondiale dei poveri voluta da papa Bergoglio.
Alla fine di questo mese il presidente Mattarella premierà ancora una volta una trentina di italiani per essersi spesi in favore degli altri, in campo civile e sociale. È un premio da lui stesso introdotto per sottolineare che l’Italia riconosce non solo il valore del lavoro o il valore militare, ma il valore civico del bene.
Alla fine di questo mese, ci sarà anche, per la 25esima volta, la Colletta alimentare, che impegna 100-150mila contadini polacchi. Pardon, volontari italiani. Ma non fa gran differenza: siamo della stessa pasta.
Fonte: ilsussidiario