3^ Domenica di Quaresima – Anno B

3^ Domenica di Quaresima –Anno B
7 marzo 2021
Vangelo di Giovanni 2,13-25
Commento di suor Cristina Merli, FMA

 

Andrea
Giovanni mi intriga, così diretto, lucido e appassionato. Ho preso a seguirlo. Con lui si leggono le scritture, si prega, si digiuna, si discute. Si cerca di scandagliare quale sia l’immagine corretta di Te, Dio.

Il primo segno inequivocabile arriva quando il mio maestro si trova davanti Gesù, in fila per essere battezzato, e dice: “Io ho visto e testimoniato che questi è il Figlio di Dio”. Sei Padre, Dio. Mi piace.

Il giorno dopo Giovanni mi spinge a seguire Gesù dicendo “Ecco l’agnello di Dio”. Gli vado dietro, porto anche mio fratello Pietro, poi arriva Filippo. E tuo Figlio ci invita a stare con lui. Allora penso che tu, Dio, ami la compagnia dell’uomo. Mi piace.

Il terzo giorno ci invitano ad un matrimonio a Cana. Gesù trasforma l’acqua nel vino di cui erano rimasti privi gli sposi. E qui ti manifesti Dio della gioia, della festa, della pienezza, dei desideri compiuti. Dio del dono gratuito, buono, abbondante. Mi piace.

E penso che, guardando te, comincio a capire un po’ di più anche me.
Io, chiamato ad essere tuo amico, per puro dono tuo.
Io, gravido del desiderio buono di felicità che tu sostieni.
Io, senza meriti, degno di ricevere in regalo il vino della gioia. Mi piace.
E l’entusiasmo per queste sfaccettature del tuo volto, Dio, cresce.

Dopo pochi giorni entriamo nel tempio, la Tua casa.
Si sta preparando la Pasqua dei Giudei, c’è fermento, ci siamo anche noi.
A volte oso pensare che mi piacerebbe tanto accedere al Santo dei santi, sentire la tua voce, parlarti, ma questo è privilegio del Sommo sacerdote. Noi possiamo rivolgerci a te solo per interposta persona.
Stiamo per comprare le colombe per il sacrificio, pecore e buoi non sono alla portata del nostro portafoglio, quando succede qualcosa di imprevisto.

Gesù fa una frusta di cordicelle e scaccia tutti dal tempio, animali compresi, getta a terra i denari dei cambiavalute e ne rovescia i banchi.
Non ce lo aspettavamo. Siamo turbati.

Poi dice parole strane: “Non fate della casa del Padre mio un mercato” e ancora “Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere”.
Dopo un breve dialogo con i sacerdoti ce ne andiamo, tutto torna apparentemente alla calma.

Passa il tempo, stiamo con Gesù e ci sembra di intuire altro del Tuo volto, Dio…
Ogni tanto ci ripensiamo, ne parliamo, ci chiediamo il perché di tanta veemenza quel giorno nel tempio.
Ma una comprensione più chiara la avremo solo dopo l’ultimo atto: la sua morte e la sua resurrezione.

 

Noi
E con Andrea e i discepoli, forse, a tratti, in chiaro-scuro, anche noi abbiamo capito un po’ di più ciò che Gesù voleva dire con tanta forza nel tempio.

Abbiamo capito che se cerchi di congelare Dio in un’unica immagine sei fuori strada, perché proprio quando ti sembra di averlo afferrato ti sfugge di nuovo. Perché ogni giorno, ogni preghiera, ogni passo con Dio apre nuovi paesaggi, nuove prospettive, un nuovo presente.

Abbiamo capito che il Dio della religione non è sempre il Dio dell’incontro.
Il Dio della religione, che sfrutta la casa del Padre per dominare sui fratelli, prerogativa dei sacerdoti, dei religiosi, dell’autorità è spazzato via dal Dio che ti fa accedere al Santo dei santi perché Lui ha voglia di stare con te, di gustare la tua compagnia, di sentirsi dare del “tu”.

Abbiamo capito che il rapporto mercantile con Dio, per cui ci aspettiamo che faccia ciò che gli chiediamo pagandolo con digiuni, offerte e preghiere è cosa abominevole, perché cancella la gratuità del suo dono che è amore incondizionato.

Abbiamo capito che c’è di peggio del fare del tempio un mercato, ed è fare del mercato un tempio. Perché qui addirittura evapora l’immagine di Dio insieme al nostro essere fatti a sua immagine. E prende forma la distorsione di chi ritiene che l’uomo sia qualcuno da irretire, da manipolare, da plasmare perché soggetto di puro consumo.
E forse oggi una frusta a cordicelle farebbe bene sulle spalle di chi offre ai ragazzi la falsa idea che basti soddisfare bisogni indotti per essere felici, sulle spalle di chi ruba pezzi di identità dei giovani, attraverso i dati ceduti alla rete, per soffocare i desideri più profondi, offrendo piaceri effimeri e parziali.
E una frusta a cordicelle anche sulle nostre spalle se non continuiamo a cercare strade per essere oggi realmente accanto ai nostri ragazzi a soffiare sulla brace dei loro desideri perché si riaccendano.

Abbiamo capito che il vero problema non è credere in Dio, ma credere che Dio crede nell’uomo a tal punto da farlo diventare la sua casa, facendosi carne, come dice Gesù: “distruggete questo tempio e lo farò risorgere in tre giorni”. E parlava del suo corpo.

Abbiamo capito che, se la casa di Dio è il corpo di Cristo, casa di Dio è, come ci ha indicato Don Bosco, il corpo dei giovani più sofferenti, più poveri di senso, di educazione, di cultura.

Abbiamo capito… ma quanto ancora c’è da capire, Signore. O forse solo da vivere, a volte senza capire.

Noi, così precari nel dire chi sei, Dio, felicemente precari, perché questa è l’unica condizione per non stancarci mai di volerti incontrare. Che poi, è anche quello che vuoi Tu.