di Card. Charles Bo
Per l’arcivescovo di Yangon, la crisi sanitaria è una sfida per l’umanità. L’emergenza coronavirus si aggrava nel Paese. Il sistema sanitario nazionale è in grave difficoltà. La comunità cattolica assiste i bisognosi con programmi di aiuto alimentare e prevenzione. Offerte chiese e seminari come centri per la quarantena. Appello per un cessate-il-fuoco nelle zone di conflitto.
Insieme alla Malaysia, il Myanmar è diventato il nuovo fronte caldo dell’emergenza coronavirus. Ieri nel Paese si sono registrati 41 morti, per un totale di 412 decessi: un mese fa erano sette. Nel sud-est asiatico solo Indonesia e Filippine hanno numeri peggiori. Nel complesso, i casi di contagio nell’ex Birmania sono circa 17.800. La nazione ha uno dei sistemi sanitari più arretrati al mondo. Come evidenziato dall’arcivescovo di Yangon, card. Charles Bo, la Chiesa locale ha dato il suo contributo a sostegno della popolazione. Di seguito il testo del suo intervento. Per gentile concessione dei salesiani di Bosco Link (traduzione a cura di AsiaNews).
Cari amici e benefattori,
Vi invio questo breve resoconto della risposta della Chiesa di Myanmar alle devastazioni del Covid-19. La pandemia è una sfida per l’umanità. Come il papa ci ricorda sempre “siamo tutti insieme in questo”. Siamo grati alla solidarietà globale che sta emergendo tra le persone. Il coronavirus è stato misericordioso con noi fino alla seconda settimana di agosto, con soli 400 casi e una decina di morti.
Dal 16 agosto, il Myanmar è stato colpito da un’ondata virulenta del morbo. Il Paese sta cercando disperatamente di contenere la sua diffusione. Ad oggi, la crescita dei contagi è esponenziale, con [più di] 15mila infetti e [oltre] 400 morti. Il sistema sanitario nazionale è in grave difficoltà.
Di fronte a tale sfida, la Chiesa del Myanmar ha cercato di bilanciare sicurezza e solidarietà. Nella prima fase, da marzo ad agosto, essa ha risposto con programmi a beneficio di migliaia di persone, come la sensibilizzazione preventiva nelle aree vulnerabili e la fornitura di equipaggiamento protettivo; la consegna di cibo alla popolazione affamata e il sostegno ai gruppi più vulnerabili; la disponibilità a utilizzare il nostro Seminario maggiore come centro di quarantena; la promozione della non discriminazione nella fornitura di servizi; e la richiesta di cessate-il-fuoco nelle aree di conflitto.
L’aumento dei contagi da metà a agosto ha costretto le autorità ad adottare un rigido lockdown. Ciò ha avuto un impatto sulla sopravvivenza di migliaia di persone, che faticano a reperire il cibo. In questa seconda fase, la Chiesa si è attivata con un piano di sicurezza alimentare per i più colpiti, a partire da 1.000 famiglie sostenute per tre mesi; si è intervenuto motivando la comunità cristiana ad aiutare i poveri nel sostentamento alimentare di almeno 50 famiglie in ogni parrocchia.
Abbiamo continuato con l’impegno di sostegno preventivo (sensibilizzazione e fornitura di attrezzature); offerto strutture ecclesiastiche, comprese le chiese, come centri per la quarantena; collaborato con il governo per assistere le comunità vulnerabili; raccolto fondi di emergenza a livello nazionale e globale; proseguito con la promozione della pace, con un approccio diretto a tutte le parti in conflitto; stabilito una presenza pastorale via web e un centro di consulenza online.
Continuiamo a essere grati ai nostri amici in tutto il mondo per il loro accompagnamento con preghiere e altri sostegni.
Con l’assicurazione delle nostre preghiere,
Card. Charles Bo
Fonte: Asianews