26^ Domenica del tempo ordinario – Anno A
27 settembre 2020
Vangelo di Matteo 21, 28-31
Commento di suor Rita Fallea, FMA
Un uomo aveva due figli…
Sono due i modi in cui possiamo rispondere a Dio: con il sì, oppure con il no.
La parabola che abbiamo ascoltato non consente una via di mezzo.
E si comprende subito che la verità della parola data non si esaurisce nell’atto in cui la pronunciamo. La verità si prova nella concretezza delle scelte, delle piccole scelte quotidiane che, una dopo l’altra, diventano un comportamento, una via in cui si cammina.
Se rileggiamo bene il racconto di Gesù non troviamo grandi ragionamenti.
Troviamo invece due figli, ciascuno con una parola e un’azione.
Il padre dice al primo figlio: “Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna”.
Il figlio risponde: “Non ne ho voglia”.
Ma poi si pentì e vi andò, conclude brevemente la parabola.
Non troviamo tante questioni. Il primo “no” espresso con la parola diventa poi un “sì” nella concretezza dell’azione. Emerge nel primo figlio un pentimento semplice e profondo.
Probabilmente il ragazzo si ferma, ripensa alla sua risposta negativa e avverte una sensazione di fastidio. Egli si è fermato e questo gli consente di ascoltare dentro di sé e di comprendere cosa gli accade. Avverte come un malessere della coscienza che gli rivela la chiara consapevolezza che non compiendo ciò che il padre gli ha domandato non cammina secondo ciò che egli stesso desidera. Infondo, il figlio desidera compiere ciò che piace al padre.
Probabilmente al figlio non è tutto chiaro e non sa esattamente perché deve andare proprio lui nella vigna, perché deve far fatica. Molte cose gli sfuggono, ma ricorda che il padre ha cura di lui, allora decide di fidarsi e va.
Il secondo figlio dice “Sì, signore”, ma poi non concretizza la propria risposta nella sua azione.
Cosa vale e a cosa giova l’aver detto di sì con la voce se poi con la volontà non si compie quanto è stato affermato?
Con la parabola, Gesù ci spinge a riflettere sull’esperienza che ciascuno di noi sta compiendo rispetto all’adesione all’amore del Padre.
Possiamo aderire in due modi: in profondità oppure in superficie.
- Se si tratta di un’adesione esterna o in superficie, che dice sì con la voce, ma che non risponde all’amore con l’amore, essa non ci converte, non ci rivolge verso il Signore. Egli aspetta di guardarci, ma noi non ci giriamo dalla sua parte.
- Se si tratta di un’adesione profonda (che non è mai data una volta per tutte, ma che va via via sempre più approfondendosi, che si alimenta di desiderio di Dio) accade che, nel nostro comportamento, emerge in un modo o nell’altro una tensione, un movimento verso il Signore, una conversione. Si avverte infatti il desiderio interiore di rispondere con l’amore a colui che ci ama.
La buona notizia è che sempre ciascuno è chiamato ad approfondire la propria esperienza dell’amore del Padre. Sempre ciascuno può cominciare a guardare verso di lui.
Così è il nostro cammino: mentre cerchiamo di vederlo, ci scopriremo sempre nuovamente guardati con chiara verità e con grande misericordia.
Lasciarsi guardare dal Signore è già preghiera.
Il salmo di oggi ci offre le parole per rispondere a Dio nella preghiera. Possiamo entrare nella voce del salmista lasciandola risuonare in noi, aderendo in profondità a questa voce.
Chiediamo al Signore di conoscere le sue vie, di insegnarci i suoi sentieri, di guidarci nella sua fedeltà, di rinnovare in noi il desiderio di lui, perché egli è il Dio della nostra salvezza.
Salmo 24
Fammi conoscere, Signore, le tue vie,
insegnami i tuoi sentieri.
Guidami nella tua fedeltà e istruiscimi,
perché sei tu il Dio della mia salvezza;
io spero in te tutto il giorno.
Ricordati, Signore, della tua misericordia
e del tuo amore, che è da sempre.
I peccati della mia giovinezza
e le mie ribellioni, non li ricordare:
ricordati di me nella tua misericordia,
per la tua bontà, Signore.
Buono e retto è il Signore,
indica ai peccatori la via giusta;
guida i poveri secondo giustizia,
insegna ai poveri la sua via.