Tempo di responsabilità
di Alessandra Mastrodonato
Il nostro essere adulti si misura sulla capacità di sentirci parte di qualcosa di più grande, di una comunità ampia quanto l’umanità intera in cui le azioni di ognuno influiscono sul benessere collettivo e il destino di ciascuno è intrecciato a doppio filo con quello degli altri.
Viviamo in un tempo che fugge la responsabilità. Un tempo gretto, ripiegato su se stesso, avaro di cura e attenzioni verso l’altro, in cui spesso siamo abituati a preoccuparci solo del nostro piccolo orto e abbiamo perso la capacità – o forse il desiderio – di alzare lo sguardo e osservare ciò che ci circonda, al di là dell’orizzonte limitato del nostro interesse personale.
Un tempo sempre più vuoto di speranza e di coraggio, in cui una comoda e opportunistica indifferenza è ormai divenuta la regola e anche l’attenzione crescente per il tema ambientale, per le gravissime ingiustizie e iniquità che si consumano nel mondo, per i limiti palesi del nostro modello di sviluppo rimane spesso confinata su un piano di critica teorica e superficiale, senza generare in noi, nel nostro vissuto quotidiano, nelle nostre più semplici abitudini, un reale cambiamento.
Se è vero che ciò è il frutto di un clima generalizzato, di quella che è la temperatura morale e culturale della società odierna, ciò non ci esime dal portare il peso della nostra responsabilità individuale, del nostro essere colpevolmente complici – per ciò che dipende da noi e che, nel nostro piccolo, abbiamo il potere di fare – di tutte le storture che osserviamo intorno a noi e che, come ferite profonde, deturpano la fragile bellezza di questa Terra che abbiamo ereditato. Perché la responsabilità rinvia alla qualità dell’azione personale, è un atteggiamento di cui siamo chiamati a rispondere in prima persona e che non ammette alibi di fronte alle nostre scelte e alle nostre mancanze.
È proprio questo, del resto, che la rende un valore esigente: un impegno che, paradossalmente, spesso appare più vicino alla sensibilità degli adolescenti – con il loro desiderio di andare controcorrente, il loro spirito contestativo, la tensione a voler “essere di più” – che non all’inerzia di tanti giovani adulti, orfani di speranza e di fiducia nel futuro, chiusi in un cinismo rassegnato, che hanno ormai rinunciato a sognare in grande e hanno smesso di credere nella possibilità di costruire un mondo migliore.
Eppure è proprio sul metro della responsabilità che si misura il nostro “essere adulti”. Sulla nostra disponibilità a farci carico delle difficoltà degli altri. Sul coraggio di indignarci di fronte ai soprusi e alle discriminazioni, anziché chiudere gli occhi ed adattarci ai tanti orrori che vediamo compiersi intorno a noi, pur di non perdere un pezzetto della nostra comoda tranquillità. Sulla volontà di prenderci cura del Creato, accettando il delicato compito di custodi della natura. Sulla capacità di sentirci parte di qualcosa di più grande, di una comunità ampia quanto l’umanità intera in cui le azioni di ognuno influiscono sul benessere collettivo e il destino di ciascuno è intrecciato a doppio filo con quello degli altri.
Solo se, come uomini e donne autenticamente “adulti”, saremo capaci di portare insieme il peso di questa responsabilità comune, se saremo disposti a non scendere a patti con la nostra coscienza e ad agire nel rispetto della dignità di tutti, rivendicando anche dagli altri lo stesso atteggiamento, allora potremo ricominciare a sperare in un futuro più radioso. E anche questo tempo così travagliato e incerto sarà stato in grado di seminare in noi qualcosa di rivoluzionario!
Con che fiducia avanzo
un passo dopo l’altro,
se la speranza è appesa a un filo
che sembra un cappio?
Incappo in un sacchetto
della tua indifferenza,
in fondo a questa strada
hanno già perso la pazienza.
I corsi di paura, ricorsi della storia,
per trattenerci in una morsa senza memoria,
senza memoria…
Ti piace la natura,
ma non sai dare aiuti,
ti va di fare un tuffo in mare,
ma poi ti rifiuti.
Tra i tuoi rifiuti, tu ti rifiuti,
poi mi rifiuti, poi ci rifiuti… tutti.
Questo è il futuro che sognavi per te?
Credevi fosse più lontano, eh?
Ti senti fuori tempo limite,
contro ogni previsione
hai perso il desiderio della rivoluzione…
La vita è un dono sacro,
l’eutanasia è un peccato,
se muore un uomo in mezzo al mare
È solo un immigrato.
Si paga pure l’aria,
la gente non respira,
mi chiedo ancora quanti sogni devo allo Stato
in questo stato…
Tempi deserti di coraggio,
stavamo bene quando stavamo peggio:
le frasi fatte per parlare,
fare l’amore e non pensare.
Tienimi stretta in un abbraccio,
non ho paura se ci andiamo insieme,
del domani mi ripeti che
andrà tutto bene…
Questo è il futuro che sognavi per te?
Credevi fosse più lontano, eh?
Ti senti fuori tempo limite,
contro ogni previsione
hai perso il desiderio della rivoluzione…
(Levante, Andrà tutto bene, 2019)
Fonte: BollettinoSalesiano