Branduardi e S. Ildegarda
Angelo Branduardi ridà voce, musica e anima a Ildegarda di Bingen
Di Annalisa Teggi per Aleteia
A 6 anni dall’ultimo album è uscito lo scorso 4 ottobre “Il cammino dell’anima” frutto musicale intenso, compiuto con un lavoro appassionato e filologico sulle parole e le note originali della mistica medievale che Benedetto XVI proclamò santa e dottore della Chiesa.
Lo si appella maestro o menestrello, titoli tutt’altro che snob per descrivere il suo viaggio nella musica lungo sentieri ritenuti di nicchia ma, alla prova dei fatti, apprezzati da una platea vastissima di pubblico non solo erudito. È Angelo Branduardi, settant’anni il prossimo anno e quarantacinque di carriera festeggiati nel 2019. Il regalo più bello che si è concesso è stato quello di tuffarsi nel mondo visionario e universale del medioevo di Ildegarda di Bingen. Lo scorso 4 ottobre è uscito Il Cammino dell’anima il nuovo album, che arriva a sei anni di distanza dal precedente.
Non è un’opera singolare, ma plurale sia nella creazione sia nell’ascolto. Qualcuno ha già detto, a buona ragione, che potrebbe diventare un’opera teatrale; infatti partecipano alla sinfonia generale, oltre alla voce dell’anima, quella di un profeta, del diavolo e delle virtù. Uno dei versi cantati che ha immediatamente catturato la mia attenzione recita:
Io vorrei godere senza mai recare offesa.
Così dirompente s’intromette la voce di Ildegarda sul cammino zoppicante dell’uomo del XXI secolo. L’azzardo della sua proposta sacra e umana è alla nostra altezza? Branduardi e sua moglie Luisa scommettono di sì.
Filologia coniugale
Intervistato da Vatican news, il cantautore della celeberrima Fiera dell’Est ha dichiarato:
Io non sono un conoscitore profondo di Ildegarda, perché l’ho incontrata per caso e mi ha coinvolto la sua musica.
È la sua musica che parla, sono le sue parole che parlano. […] La sua musica è incredibilmente vicina a noi, io ci ho lavorato con estrema correttezza e senza dilungarmi più di tanto.
Ho solo appoggiato degli accordi perché ai suoi tempi la musica verticale non c’era, c’era solo quella orizzontale.
(da Vatican News)
Ildegarda fu una figura dai talenti spalancati all’universale, fu mistica e poeta, musicista, filologa ed erborista; il tentativo (riuscitissimo!) di Branduardi è un atto filologico di lode al senso di sacro, pace e meraviglia che trabocca dalla musica e dalle visioni della Santa di Bingen. Lui, Angelo, si è dedicato a studiare gli spartiti musicali composti da Ildegarda e a tradurli in una versione più consona al nostro orecchio, toccando e modificando pochissimo. La signora Branduardi, cioé Luisa Zappa, si è occupata dei testi della Santa: Ildegarda aveva visioni che le procuravano una prostrazione fisica terribile, un frate si occupava di trascrivere ciò che lei vedeva. E cosa vedeva? Il libro dell’universo come capolavoro di Dio, verrebbe da riassumere: squarci di Assoluto, cavalcate nella pura meraviglia dell’essere, affondi nella follia d’amore di Dio.
Luisa Zappa ha fedelmente tradotto dal latino alcuni passaggi di questi testi, che sono poi stati cuciti sulla musica per creare un viaggio in 9 tappe, quante le tracce dell’album. L’ascoltatore deve chiudere gli occhi e lasciarsi guidare dall’armonia, s’imbatterà in un preludio corale, in brani puramente melodici e in altri a più voci, veri e propri dialoghi in musica.
Una curiosità: la prima voce che compare nel disco è quella di Cristiano De André. Branduardi ha voluto la sua presenza, perché? «Fa la parte del profeta. Ho scelto lui perché è figlio di un profeta». Altre illustri presenze sono quelle del controtenore Arturo Sorrentino insieme a una orchestra guidata da Stefano Zavattoni.
Il fiato del serpente e il respiro di Gesù
Alla domanda della giornalista di Vatican News su quale fosse la sua frase preferita di Ildegarda, Branduardi confessa la difficoltà di sceglierne una sola ma poi si lancia: “Guardati: dentro di te c’è il cielo e la terra”. Il terrestre e il celeste, ecco la commistione misteriosa e unica che è l’uomo. Dante notò che noi siamo le uniche creature simili alla linea dell’orizzonte, apparteniamo al cielo e alla terra appunto. Shakespeare fece dire ad Amleto che esistono più cose in cielo e in terra di quelle che può costruire l’immaginazione. Mi fermo qui, ma si può davvero dire che lo sguardo di Ildegarda abbia abbracciato, grazie all’unità di Dio, il disegno provvidenziale dell’universo che oggi sembra sempre più un puzzle scomposto.
L’anima che deve mettersi in cammino è la nostra, innanzitutto. Ad un primo ascolto dell’album di Branduardi, lo confesso, ho scambiato la voce del Diavolo per quella di Dio. Mi pareva che queste parole fossero bellissime e provenissero da nostro Padre:
E tu anima, chi sei?
Da dove vieni?
Ti eri avvinghiata e io con me ti ho sollevata.
Ora sono adirato per il tuo tradimento, ma combatterò e di nuovo ti avrò.
Sono invece pronunciate dal Diavolo. Forse il mio errore mi ha portato non lontano dal succo della questione, cioé la libertà dell’uomo. Chi vogliamo che sia a pronunciare quella frase? A chi vogliamo appartenere?
L’anima suda sul sentiero arduo del suo destino. Sente il fiato del serpente sul collo, ecco quest’immagine potente è proprio di Ildegarda. Mi ha impressionata questo dettaglio sensoriale del male, il suo fiato. La visione mistica deve essere di una concretezza sublime, lo intuisco solo vagamente.
Altrettanto attonita mi hanno lasciato le parole con cui l’anima si rifugia tra le braccia di Colei che ha schiacciato il serpente:
Salve a te, dolcissima Madre.
Il tuo Creatore in te respira.
Ringrazierei il signor Branduardi e sua moglie Luisa anche solo per questo frammento, che ci riporta indietro di mille anni… e cioè al centro esatto di noi: solo una donna straordinaria, intelligente e libera come Ildegarda, poteva portarci in un punto così poco esplorato del legame tra Maria e Gesù, quel tempo di vita intrauterina in cui Dio stesso respirò attraverso il grembo di una donna.