Grembiule e divisa

Grembiule e divisa

Le recenti discussioni sul grembiule a scuola mi hanno fatto tornare in mente che io non lo amavo proprio e, guardando le mie foto in divisa di quei tempi, si capisce immediatamente.

Uno era nero con il fiocco rosa a pallini bianchi e la sola descrizione lascia già senza parole; l’altro era bianco, quello classico, che io indossavo ostinatamente come un camice da medico in corsia per sopportarlo più facilmente. Il fatto che si dovesse abbottonare da dietro dava il senso della camicia di forza, dell’impossibilità di potersene liberare autonomamente, di dover continuamente trattenere il respiro, per non parlare della difficoltà al momento di andare in bagno. C’era pure il problema di tenerlo pulito il più possibile (quello nero dava più soddisfazioni in tal senso!), sia per una questione di decoro, sia perché, dovendolo indossare ogni giorno, non si trovava sempre il tempo di lavarlo o il clima giusto per farlo asciugare per l’indomani; ricordo ancora la sensazione mattutina delle estremità delle maniche e del colletto umidicci.

L’alternativa per qualche periodo fu la tuta, per la cui scelta le mamme si accapigliavano davanti alla scuola, e fortunatamente non esistevano i gruppi sui social e le telefonate si pagavano care a scatti. Alla fine ci trovavamo sempre con quelle dai colori improponibili e dagli accoppiamenti non esistenti in natura, però rigorosamente con il colletto e i polsini bianchi, proprio dove ci si sporca di più; e che dire delle toppe che si stratificavano settimana per settimana, come medaglie ottenute per le ripetute cadute?

A quei tempi, tra tute e grembiule, non mi sentivo uguale ai miei compagni, mi sentivo scomodo, impacciato e persino un po’ frustrato man mano che cresceva in me quel pizzico di gusto artistico autonomo e di creatività, ma non potevo vestirmi come desideravo. Non volevo essere migliore degli altri, non avevo i mezzi economici per essere all’ultima moda o griffato, ma credo cercassi già allora di essere me stesso, così come la mia famiglia mi aveva saggiamente ispirato.

Oggi è interessante e mi fa sorridere sentir discutere animatamente sull’obbligatorietà o meno del grembiule o di una divisa a scuola, come sull’idea che ciò possa salvaguardare dalle discriminazioni.

Finito il tempo dell’amarcord, la questione è ancora una volta educativa ed affrontarla esteticamente non serve a risolvere le disuguaglianze.

Avere una divisa uguale per tutti non garantisce che tutti possano partecipare alle gite o ai viaggi d’istruzione a seconda dei costi; non garantisce il superamento dei giudizi o dei pregiudizi per i quali, ad esempio, c’è sempre qualcuno che non viene invitato alle feste ed isolato per motivi di classe sociale o del quartiere in cui vive; non nasconde lo zaino o le scarpe alla moda, il diario e l’astuccio marcati, veri e propri simboli di una certa possibilità economica; e che dire dello smartphone e di altre tecnologie portatili già in mano ai più piccoli e chiaramente non accessibili a tutti?

In quegli anni a scuola, tra elementari e medie, grazie ai miei genitori e agli insegnanti (poi all’oratorio), ho imparato a guardare gli occhi dei miei compagni e non le scarpe, ad invitare tutti a casa per una festa, ad aiutare in classe chi aveva maggiori difficoltà, e non sempre era meno abbiente; li ho visti aiutare chi non poteva pagare la quota della gita o comprare la merenda, sí, la merenda sempre abbondante nel mio zaino per poterla dividere con qualcun altro.

Non è una storia da libro “Cuore”, né un’autoincensazione, poiché sono sicuro che nell’io di questa pagina di diario ci si ritrovano in tanti che ancora credono che attraverso l’educazione e la testimonianza di adulti credibili si formano persone migliori a prescindere dall’abbigliamento che, al massimo, se condiviso, può essere significativo per il senso di appartenenza.

Se c’è un grembiule o una divisa da scegliere per la scuola, è quello di chi lo indossa per servire e non per essere servito.

 

 

II Domenica di Avvento – Commento al Vangelo

Sr Chiara Balestrieri | II domenica di Avvento, Rito Ambrosiano   Commento al Vangelo  [Mc 1, 1-8]   La seconda domenica di Avvento ha come protagonista Giovanni Battista, sul quale sono state scritte pagine e pagine di riflessioni, ma vorrei soffermarmi su...

Allargare il cuore alla speranza con Madre Morano

- cgfmanet -   Il 15 novembre 2024 si celebra la memoria liturgica della Beata Madre Maddalena Morano, FMA, che invitava ad “allargare il cuore alla speranza”.   Il 15 novembre 2024 ricorre la memoria liturgica della Beata Maddalena Caterina...

I domenica di Avvento – Commento al Vangelo

Sr Ludovica Ramelli | I domenica di Avvento, Rito Ambrosiano   Commento al Vangelo  [Lc  21, 5 - 28]   La vita vera è capace di resistere alla morte: ecco la speranza! Mentre alcuni parlavano del tempio che era ornato di belle pietre e di doni votivi Gesù...

Fermarsi per formarsi: per parlare di Cristo bisogna vivere di Lui

- Sr Daniela Tognoni -   Con queste parole l’Ispettore, don Roberto Dal Molin, anche a nome dell’Ispettrice suor Stefania Saccuman e dei vicari ispettoriali, introduce la formazione rivolta ai giovani SDB e FMA delle Ispettorie ILE e ILO. Non è uno slogan, ma...

Un posto privilegiato nel cuore di Dio

Giornata mondiale dei poveri 17 novembre 2024   La Giornata Mondiale dei Poveri diventa ogni anno sempre più radicata nel cuore dei cristiani di tutto il mondo con numerose iniziative, frutto della carità creativa che anima e suscita l’impegno della fede.   ...

Lessico familiare

- Angela Maiale -     Lessico famigliare di Natalia Ginzburg                                         Einaudi   1963   Ci sono libri, quindi storie, che travalicano tempo e luoghi, pur essendo perfettamente identificabili con un periodo o un contesto...