Di don Pierluigi Cameroni
Domenica 14 ottobre 2018 saranno canonizzati papa Paolo VI e l’arcivescovo Oscar Romero, insieme ad altri quattro santi della carità, in Vaticano, durante il Sinodo dei vescovi sui giovani.
Arcivescovo di San Salvador, capitale di El Salvador, Mons. Oscar Romero fu ucciso il 24 marzo 1980 mentre celebrava la Messa. Difese i poveri, gli oppressi, denunciando in chiesa e attraverso la radio della diocesi le violenze subite dalla popolazione. Pochi giorni prima di morire aveva invitato i soldati e le guardie nazionali a disubbidire all’ordine ingiusto di uccidere. La sua figura di “borghese” convertito e schierato per gli oppressi fa appello a ciascuno di noi per invitarci a non stare “al di sopra delle parti” ma a prendere le parti di chi non ha nessuno dalla sua parte.
Monsignor Romero costruì la pace con la forza dell’amore, rese testimonianza della fede con la sua vita dedita fino all’estremo.
Amando Dio e servendo i fratelli, è diventato l’immagine di Cristo Buon Pastore. In tempi di difficile convivenza, seppe guidare, difendere e proteggere il suo gregge, restando fedele al Vangelo e in comunione con tutta la Chiesa. Il suo ministero si distinse per una particolare attenzione ai più poveri e agli emarginati. E al momento della sua morte, mentre celebrava il Santo Sacrificio dell’amore e della riconciliazione, ha ricevuto la grazia d’identificarsi pienamente con Colui che diede la vita per le sue pecore
Riportiamo alcune sue parole pronunciate in diverse occasioni nel corso degli ultimi tre anni della sua vita, parole profetiche, sigillate con il sangue.
“Mai abbiamo predicato la violenza. Solo la violenza dell’amore, quella che lasciò Cristo inchiodato su una croce, quella che ognuno fa a se stesso per vincere i suoi egoismi e perché non vi siano disuguaglianze tanto crudeli fra noi. Tale violenza non è quella della spada, quella dell’odio. È la violenza dell’amore, quella della fratellanza, quella che vuole trasformare le armi in falci per il lavoro.” (27/11/1977)
“Non dimentichiamolo: siamo una Chiesa pellegrina, esposta all’incomprensione, alla persecuzione, ma una Chiesa che cammina serena perché reca questa forza dell’amore (…) E, finché non si vivrà una conversione nel cuore e una dottrina illuminata dalla fede per organizzare la vita secondo la volontà di Dio, tutto sarà debole, rivoluzionario, passeggero, violento. Nessuna di queste cose è cristiana”. (14/3/1977, dall’omelia tenuta ai funerali dell’amico sacerdote p. Rutilio Grande e degli altri parrocchiani di Aguilares uccisi due giorni prima).
“Non stanchiamoci di predicare l’amore. Sì, questa è la forza che vincerà il mondo. Non stanchiamoci di predicare l’amore, anche se vediamo che ondate di violenza inondano il fuoco dell’amore cristiano. Deve vincere l’amore. È l’unico che può vincere”. (25/9/1977).
“Dio entra nel cuore dell’uomo con le sue vie: con la sapienza nel cuore dei sapienti, con la semplicità in quello dei semplici.” (25/11/1977)
“Come i Magi d’Oriente seguirono la loro stella e si incontrarono con Gesù, riempiendosi d’immensa gioia il loro cuore, anche noi, sebbene nel tempo dell’incertezza, delle ombre, dell’oscurità, come le ebbero anche i Magi, non smettiamo di seguire la nostra stella, quella della fede.”
“La pace non è il prodotto del terrore, né del timore.
La pace non è il silenzio dei cimiteri.
La pace non è il prodotto di una violenza e di una repressione che mettono a tacere.
La pace è il contributo generoso, tranquillo, di tutti per il bene di tutti.
La pace è dinamismo.
La pace è generosità, è diritto e dovere, in cui ciascuno si senta al suo posto in questa stupenda famiglia, che l’Epifania ci illumina con la luce di Dio”. (8/1/1978)
“Vi è un criterio per sapere se Dio è vicino a noi o lontano, ce lo dà l’odierna Parola di Dio: Chiunque si preoccupa dell’affamato, del nudo, del povero, dello scomparso, del torturato, del prigioniero, di tutta questa carne che soffre, ha vicino Dio”. (5/2/1978)
«Qui sulla terra il Regno è già presente, in mistero; ma con la venuta del Signore, giungerà a perfezione» (Gaudium et spes, n. 39).
“Questa è la speranza che incoraggia noi cristiani. Sappiamo che ogni sforzo per migliorare una società, soprattutto quando è tanto piena d’ingiustizia e di peccato, è uno sforzo che Dio benedice, che Dio vuole, che Dio esige”.
(24/3/1980, sono le parole di mons. Oscar Romero pronunciate nell’omelia pochi minuti prima di essere ucciso nella cappella dell’ospedale di San Salvador dal colpo di arma da fuoco di un sicario).
La canonizzazione di Mons Romero è la testimonianza di come la Chiesa è attivamente impegnata per la promozione civile e sociale.
I giovani chiedono che questa sua presenza profetica possa continuare con coraggio e fortezza, nonostante il clima di violenza, oppressione e persecuzione che circonda la vita di non poche comunità cristiane. Molti giovani infatti chiedono alla Chiesa una concretezza operativa: essere realmente a favore dei poveri, essere autentica e chiara, e anche audace nel denunciare il male con radicalità non solo nella società civile e nel mondo, ma nella Chiesa stessa e soprattutto annunciare la potenza liberatrice e redentiva del Vangelo.