“Siamo una specie in viaggio. Non abbiamo proprietà, ma bagagli. (…)
Siamo vivi perché siamo in movimento. Non stiamo mai fermi.
Siamo transumanti (…) Se vuoi che qualcosa muoia, lasciala in pace”
(Jorge Drexler, Movimiento, 2017)
I giovani si muovono sempre verso possibilità inedite, futuri insospettabili.
Ma al di là della mobilità fisica e del dislocamento territoriale, i giovani manifestano una grande capacità di flusso e di mobilitazione nelle società attuali, rafforzati dalle nuove tecnologie di comunicazione, dell’interfaccia e delle reti.
Le mobilità sociali, quella della strada e quella della rete, delle piazze e dei dispositivi, nel contatto faccia a faccia con altri giovani o attraverso un #hastag, non ammettono quella visione duale propria delle generazioni di adulti, chiuse tra il binario e il duale: anima e corpo, reale e virtuale, oggettivo e soggettivo, sostanza e accidente.
I giovani stanno configurando una nuova mappa nel territorio, sia quello dei loro spostamenti fisici, sia quello della rete, con la creazione di nuovi codici, linguaggi ed estetiche. Certamente come educatori dobbiamo considerare un nuovo linguaggio per pensare alle “mobilità giovanili” perché siamo abituati a comprenderle in termini di presenza fisica, sottovalutando il virtuale come se questo non fosse reale. Tuttavia, per i giovani non c’è limite tra questa doppia presenza, fisica o virtuale, ma un unico spazio/tempo che intreccia i dispositivi tecnologici con l’organizzazione dell’incontro, è uno scambio senza distinzioni delle modalità di presenza.
Dobbiamo considerare la mobilità dei giovani in relazione alla stabilità delle istituzioni. Istituzioni come la nostra devono accompagnare il movimento dei giovani o entreranno in un declino senza precedenti (come già lo stiamo percependo). Soprattutto dovremmo dare forma a delle proposte che tengano presenti e che incorporino l’emotivo e l’affettivo, le nuove grammatiche giovanili e il cambio di codici; non solo il razionale e le norme, l’appartenenza e l’identità, le proposte e le risposte, le strutture e le nostre organizzazioni.
Per compiere questo esercizio di cambio del linguaggio e delle istituzioni è richiesta la capacità di guardare al futuro: non è possibile lasciare che l’esperienza giovanile sia legata a modelli di istituzioni anacronistiche, piegate su vecchie sicurezze o ancorate alla nostalgia di tempi gloriosi, ma passati. Perché i giovani hanno urgente bisogno di proposte che integrino le componente emozionali, affettive, comprese anche le varie forme di protesta e ribellione giovanili.
Un salesiano educatore per questi nuovi tempi è un uomo che come Don Bosco non ha paura di affrontare queste situazioni di incertezza e movimento, è sempre attento ad ascoltare le loro preoccupazioni, le domande e le loro forme di espressione.
Le nuove realtà di dislocazione giovanile sfidano il carisma e le istituzioni. Se le istituzioni vogliono essere nel mondo dei giovani, devono muoversi con loro. Oppure morire!
Fonte: infoans