I fatti della vita interpellano la scuola e lo studio chiama in causa l’esistenza!
Avviene ogni giorno, ma in alcuni in particolare l’impatto è ancora più forte. Nelle ultime settimane la cronaca ha messo in risalto due storie significative, quelle del presentatore Fabrizio Frizzi e del gendarme francese Arnaud Beltrame. Il primo da tutti riconosciuto come un personaggio pubblico umile, allegro, generoso, professionale, il secondo – sconosciuto ai più – fino al momento in cui ha offerto con coraggio la propria vita in cambio di un ostaggio durante un’azione terroristica. Così, mentre tra i banchi ci si appassiona agli eroi omerici, virgiliani e dei poemi cavallereschi, alle loro gesta favolose, nasce la discussione su chi è oggi un eroe e se ci sono punti d’incontro tra il passato mitico e il quotidiano.
Naturalmente bisogna subito distinguere la fantasia dalla realtà, l’invenzione dell’autore dai fatti veramente accaduti. Se è facile per letteratura costruire racconti avvincenti con personaggi stupefacenti, non lo è altrettanto per la cronaca raccontare di donne e uomini che hanno vissuto l’ordinario in modo straordinario. In ambito letterario è il contesto sociale e culturale a suscitare grandi idee a chi scrive, nel quotidiano invece lo stesso contesto rimane stupito di come sia possibile svolgere il proprio dovere senza eccessi, lontano dalla ricerca ossessiva della fama, restando coi piedi per terra.
Tra gli studenti, durante il dibattito in aula, passa l’idea che l’eroe è “uno di noi” che sceglie di agire nel modo giusto al momento opportuno, per il bene del prossimo mettendo rischio se stesso, con gratuità senza puntare sui “like” e le “condivisioni”. Viene fuori un elenco poco epico a prima vista, ma ricco di valori di cui pure l’epos non può fare a meno: genitori che sacrificano se stessi per la crescita dei figli, nonni che sostengono intere famiglie, le forze dell’ordine nell’esercizio delle proprie funzioni, i volontari e i missionari che scelgono di dedicarsi agli ultimi della Terra senza tornaconto personale, quanti sono impegnati – lontano dai riflettori – nella lotta alla mafia, i medici e gli infermieri per vocazione, i vigili del fuoco a prescindere dal misero stipendio rispetto ai rischi di ogni giorno, chi soffre per la malattia senza dar peso agli altri anzi consolando.
Quante saghe potrebbero essere scritte, quanti episodi diventerebbero celebri, quante storie da narrare ai piccoli per accompagnare i loro sogni! Lottano gli eroi del mito, superano le fatiche e battaglie, anch’essi tuttavia cercano quiete, desiderano tornare a casa, agognano l’abbraccio dei cari. S’impegnano gli eroi di oggi, lavorano con impegno e dedizione, mettono da parte se stessi per un fine maggiore, hanno già in questo la pace nel cuore. Uno studente dice: “Prof., sono sempre i migliori ad andare via prima, a lasciarci, a morire. Che senso ha?”. Provo a rispondere: “È vero, ma forse accade perché così ci preparano la strada, per essere quel faro di cui abbiamo bisogno per orientarci, per dare la possibilità a me, a te, a noi, di essere migliori!”.
In fondo, il tempo di Pasqua ci interpella proprio in questo senso: chi non crede, non può non riconoscere il sacrificio in croce di un innocente che ha operato eroicamente solo del bene; chi crede, ha il dovere – a partire dalla croce e con la certezza della resurrezione – di dare eroicamente testimonianza della speranza laddove prevale la disperazione.
In entrambi i casi, auguri di cuore e coraggio!
Marco Pappalardo