Giovani e Sinodo sequela della Verità

da | 14 Nov 2017 | La buona parola

Fervono i preparativi per il Sinodo 2018: la mission dell’incontro con le realtà periferiche della Chiesa si arricchisce di un nuovo tassello attraverso l’attenzione al mondo dei giovani.

Il tema su cui i padri sinodali mediteranno riguarda la fede e il discernimento vocazionale; in un momento di incertezze su scala globale, il nostro microcosmo è sballottato tra opposte scelte, con il rischio di preferire lo stallo al dinamismo coerente con la propria chiamata.

Il Papa, individuandoci come focus del Sinodo, non ci considera di certo come “cavie” per testare nuove azioni pastorali, quasi fossimo un target pubblicitario.
Al contrario, a partire dal nostro modo di vivere la fede, con le contraddizioni e le crisi, la comunità cristiana è chiamata a interrogarsi sulla propria fedeltà al Vangelo.
L’immagine che la Chiesa ha davanti per caratterizzare la nostra periferia è quella dell’apostolo Giovanni, il discepolo che Gesù amava, colui che diverrà l’evangelista più attento alle sfumature teologiche della Verità.

Proprio Giovanni, il più giovane del collegio apostolico, ha tracciato nel proprio Vangelo la più ampia trattazione della Verità, fino a presentare lo stesso cinico Pilato come colui che chiederà al Cristo: “Cosa è la Verità?”.

Il Papa ha ben compreso che noi giovani non cerchiamo ulteriori luoghi di aggregazione, né diverse vie di svago; aspettiamo la Parola autorevole che vinca il dubbio.

Come Giovanni, anche noi vogliamo sentirci dire “Venite e vedrete”; abbiamo il desiderio – forse non espresso o non chiaro neanche a noi stessi – di entrare in un intimo dialogo col Maestro, di sostare davanti alle nostre croci quotidiane con la stessa fortezza dell’apostolo amato, di ricevere per madre Maria, icona della Chiesa, di riconoscere nel Risorto il senso del nostro cristianesimo.

Ricerchiamo figure di riferimento, che facciano sorgere in noi la passione per la vocazione; sebbene appaia che noi abbiamo perso ogni gusto per la vita e che siamo incapaci di puntare in alto, ciò è il risultato di una generazione che, anagraficamente adulta, ha scelto di non scegliere, preferendo l’istinto emotivo alla responsabilità, costruendo la casa comune sulla sabbia del relativo, invece che sulla roccia della fede.

Questo, però, non può essere una scusa, anzi, è l’impegno che tocca alla nostra generazione: evangelizzare con scelte vere e coerenti.

Non lasciamoci vincere dall’accidia spirituale, che spegne il desiderio di Dio: se la Chiesa dedica un Sinodo a noi, è perché lo Spirito farà sorgere profeti tra di noi, pronti a portare ovunque il Vangelo della Speranza.