È l’ultimo libro di Marco Pappalardo, scrittore, giornalista e professore catanese classe 1976, un vero e proprio romanzo di formazione scritto da un docente per colleghi e alunni.
L’autore collabora con Avvenire, per il mensile Mondo Erre, e per siti che si occupano del mondo adolescenziale, giovanile e della scuola.
Una guida – se volete, questa – utile per orientarsi nelle terre “selvagge” dell’educazione (titolo caro all’autore che lo ha usato per il suo esordio in San Paolo). La prosa di Diario (quasi segreto) di Prof. è avvolgente. Subito si apre con il Testamento, un divertissement utile al lettore per capire, già dal primo sguardo, l’autore e la tematica: ci sarà da ridere, ci sarà da riflettere.
Risulta infatti evidente già al primo morso che il romanzo, nella sua forma diaristica, non risparmierà al lettore colpi di scena ed effetti speciali. L’attacco è tra i più sinceri che il sottoscritto abbia avuto occasione di leggere:
«Carissimi Ragazzi e Ragazze, […] scusate se non sono stato sempre all’altezza dei vostri sogni, dei vostri desideri, delle vostre domande di senso, perdonate le volte in cui ho cercato di farvi diventare dei “piccoli Prof.” Quando voi volevate essere “semplicemente voi stessi”, unici e speciali».
Il libro, come è spiegato dallo stesso autore in apertura, riprende temi, spunti e titoli della rubrica che il Prof ha tenuto per anni – e tiene ancora – per il quotidiano catanese La Sicilia, intitolata Diario di Prof e così racconta, in prima persona, l’inesausta carriera da docente costellata di successi, orgogli, gioie e preoccupazioni, racconta i suoi studenti, i nuovi, i vecchi, i primi.
L’intenzione di Pappalardo è quella di affrontare da un altro punto di vista l’annosa questione dell’insegnamento e del mondo della scuola.
A parlare qui è un docente, certo. Ma di che docente stiamo parlando? Pappalardo è bravo a comunicare, con queste pagine, la sua vena di educatore inesauribile e attento consegnando ai lettori un documento di liberazione da quelli che, per troppo tempo, sono stati i punti focali esclusivi del mondo scolastico italiano: le riforme, la burocrazia, insomma, la Scuola come istituzione, mai come miscellanea di carne e spirito.
A una critica non banale sul sistema scolastico ci ha pensato Diego Fusaro – firmando la bella prefazione al libro – che afferma il bisogno, oggi più che mai, di educatori prima che di semplici insegnanti, per invertire la tendenza ed evitare che quella che lui chiama – a ragione – era del capitalismo post borghese riesca nel suo scopo eliminando, insieme alla famiglia e al lavoro garantito anche il pilastro della conoscenza e dello studio valoriale rendendolo, come in parte già successo, un insieme di «aziende scolastiche erogatrici di competenze tecniche e abilità spendibili nel mondo del lavoro flessibile».
Pappalardo non si sofferma molto su questo e forse proprio così arriva ad indagare la questione nella sua profondità e nella sua complessità, proprio così torna a parlare alla mente e al cuore degli studenti. Prova dunque a parlare non di numeri, ma di sogni.
L’autore adatta infatti la sua prosa ai gusti e all’immaginario dei suoi studenti, da Star Wars a Harry Potter, passando per vampiri, cartoni animati giapponesi e Trono di Spade.
Il tutto è perfettamente mescolato agli insegnamenti della letteratura greca, latina e italiana, alle poesie, quelle degli studenti come quelle di Leopardi, Saffo e Catullo – solo per citare alcuni – ma anche Dante e – bellissimo – l’antico testamento nella sua parte forse più poetica: il cantico dei cantici.
È infatti il capitolo Ipse Dixit, sottotitolato appunto Forte come la morte è l’amore, a offrire al lettore alcune delle pagine più autentiche del romanzo. Pappalardo chiede ai suoi studenti chi sia l’autore di questo verso per far confrontare i ragazzi con le parole belle e terribili del Cantico. Per farli scontrare con la vita che i versi incarnano fuori dalla pagina
Degno di nota è anche – sul finale – il capitolo Elogio della “leggerezza”. Qui Pappalardo, parafrasando e costeggiando il Calvino delle Lezioni americane, propone ai propri studenti di riflettere sui due termini, sui due assoluti della Leggerezza e della pesantezza. I ragazzi, come spesso capita, nella vita e in queste pagine, iniziano in un primo tempo a divagare e a scherzare, con leggerezza, sulla faccenda per poi arrivare alla profonda verità della leggerezza.
Non dimenticate, avverte infine i suoi alunni, che c’è sempre l’opportunità di «rendere il mondo migliore di come l’avete trovato» e con il mondo anche voi stessi.
Giuseppe Nibali