“Perché il Papa non vende i Musei Vaticani e la Cappella Sistina per dare i soldi ai poveri?”.
Quando mi accade di essere invitato nelle scuole statali per affrontare temi legati alla fede o alla religione, viene sempre fuori la questione della ricchezza della Chiesa e l’immancabile domanda “perché il Papa non vende i Musei Vaticani e la Cappella Sistina per dare i soldi ai poveri?”.
Al di là dell’inopportunità della vendita, chiedo alla platea (che ha poco prima applaudito per la domanda) di quantificare, di ipotizzare un costo e un prezzo per tutte quelle opere d’arte, e naturalmente nessuno dei presenti è capace di farlo. Perché? Perché è impossibile! Aggiungo che, anche proponendo una cifra, non c’è chi possa permettersi di acquistarli al mondo e che la Carità – nella sua essenzialità – non ha bisogno di denaro per operare il bene, bensì il contrario.
Poi aggiungo io una provocazione: «Cosa accadrebbe se, un giorno, per poche ore “scioperassero” tutti coloro che sono a servizio degli altri nel nome della Carità? Un po’ dovunque sulla nostra Terra si fermerebbero ospedali, scuole, centri di formazione professionale, università, dispensari, intere missioni, case di accoglienza, chiese, oratori, attività per minori, anziani, malati, diversamente abili, migranti, poveri, poi anche luoghi storici e culturali, mezzi di comunicazione, ecc.».
Il confronto con gli studenti continua piacevolmente ed è sempre prezioso pure quando assomiglia ad uno scontro.
Grazie a Dio la Carità non è un lavoro.
Rientrato a casa alla fine di una giornata segnata da quei volti giovani, dalle loro idee e proposte, rifletto e dico a me stesso: «Grazie a Dio la Carità non è un lavoro (anche quando c’è di mezzo uno stipendio poiché “l’operaio ha diritto al suo cibo”), non richiede un cartellino da timbrare, opera 24 ore al giorno, non va in ferie. Figuriamoci uno sciopero!».
Poi, prima di andare a letto, come di consueto sul mio diario scrivo un promemoria: «La Carità è “antica” almeno quanto la Bibbia, ma mai vecchia e stanca, bensì sempre capace di rinnovarsi e rispondere ai tempi che cambiano; attraversa i secoli ed i continenti, parla lingue antiche e moderne, veste i colori dei popoli, costruisce ponti e abbatte i muri; sorride quando è stanca; piange ma senza lagnarsi; corre quando è affaticata; agisce dove tutti si fermano; veglia quando tutti dormono; spera quando nessuno ci conta più; crede in ciò che sembra impossibile; si nasconde davanti ai riflettori; illumina il buio dei cuori, delle menti e delle coscienze; sogna così tanto e forte da fare già progetti dove molti indietreggiano; si inginocchia per guardare negli occhi; abbraccia per far sentire amati; perdona senza voler nulla in cambio; parla poco e senza mai ferire; è semplice ma mai banale; sta in silenzio per ascoltare; ha paura ma non è vigliacca; ha coraggio ma non è avventata; interviene ma non è violenta; aspetta quando tutti hanno fretta; meraviglia dinanzi a ciò che è scontato; crea dove manca la fantasia; è libera dalle catene del mondo; “dice bene” perché “benedice”; prega quando opera e opera quando prega.
La Carità ha sempre un nome ed un volto, anche se qualche volta sono celati; alcuni non li conosceremo mai, altri sono noti al mondo, donne e uomini di ieri e di oggi, giovani e adulti di ogni continente, stelle innumerevoli di un firmamento, santi con o senza aureola, testimoni e martiri, compagni di viaggio “nel tempo e nell’eternità”».
Marco Pappalardo