Una commedia sicuramente originale (fin troppo), ma con tanti se e tanti ma…
Nel paesino di Portobuio non nascono più figli, ed è un problema soprattutto quando bisogna allestire il presepe vivente di Natale. Il sindaco Cecco – nato a Portobuio, emigrato nell’hinterland milanese (per giustificare l’accento lombardo di Claudio Bisio che lo interpreta), e poi tornato nei luoghi dell’infanzia – si fa carico di trovare un infante cui affidare il ruolo del Bambin Gesù, e non trova di meglio che rivolgersi alla comunità islamica che convive con una certa difficoltà con gli abitanti storici del paese. A capo della comunità islamica c’è Marietto detto Bilal, amico d’infanzia di Cecco convertito alla fede musulmana per amore della bella moglie Aida. Chiude il cerchio, o per meglio dire il triangolo, suor Marta, amica d’infanzia di Cecco e Bilal, poi diventata monaca, levatrice disoccupata e ristoratrice.
La trama ricorda molto quella di “Benvenuti al Sud”: un Bisio che da Cusano Milanino si ritrova sindaco pugliese, una stereotipizzazione dei costumi e dell’immagine (in questo caso di islamici), un’impresa improbabile e scontata (un presepe), un lieto fine fiabesco e confuso. Anche se lo ricorda, difficilmente raggiunge il livello del sopracitato “Benvenuti al Sud” dove la sceneggiatura era ben strutturata e con molta più credibilità, infatti “Non c’è più religione” abbandona non solo ogni realismo ma anche ogni congruenza logica, facendo approdare a Portobuio animali esotici e immigrati orientali apparentemente piovuti dallo spazio.
Anche se questa moderna fiaba natalizia non sia un gran film in termini strettamente cinematografici, racchiude dentro di se un senso che, a parer mio, è molto interessante. Credo che sia importante focalizzarsi sulla vicenda di questi tre amici che, dopo anni di lontananza e di scelte di vita differenti (una suora, un politico e un imam) si ritrovano per perseguire un interesse comune: la rappresentazione di un presepe. La relazione che unisce suor Marta, Cecco e Marietto/Bilal è sicuramente interessante.
Da qui spoilero un pochettino, ma per comprendere meglio la vicenda… assicuro che non toglierei nulla al film, comunque.
Tre amici, due dei quali innamorati da adolescenti della stessa ragazza e che ora hanno fatto diverse scelte di vita. Un’amicizia che sembrava apperentemente finita e lontana, nascosta da relazioni politico/religiose obbligatorie e, in certi casi, faticose se non contrastanti.
Il Natale, o meglio il presepe, chiede loro di rimettersi insieme per riformare la storica “banda dei re magi”. Emerge quindi un’idea particolare di amicizia: un’amicizia che, nonostante il tradimento e l’abbandono, non muore mai poiché vera e profonda; un’amicizia che né politica, né religione può ostacolare o frenare. Purtroppo però il film dedica poco spazio nell’approfondire questo tema delle relazioni tra i tre protagonisti, lasciandosi trasportare in una trama scontata, banale, stereotipata e imporbabile, cosa che, a parer mio, toglie un po’ di realismo e un pizzico di comicità in più (le scene più divertenti sono quelle dove sono presenti tutti e tre), ma soprattutto avrebbe potuto dare un po’ più di senso e struttura al film stesso.
Di un’Italia dove non si fanno più figli, dove la gente è sempre più vecchia, dove gli immigrati aumentano, dove “non c’è più religione”, dove i politici t’imbrogliano sempre, dove anche la chiesa si omologa per “non urtare la sensibilità di qualcuno”, di questa idea d’Italia abbiamo pieni i Social. Forse un film non dovrebbe portare avanti la cultura “social”, ma la sua cultura cinematografica, capace di abbattere barriere e non di confermarle, capace di far sognare lo spettatore e non imboccarlo della solita minestra, capace di mostrare come alla base del vivere ci siano le relazioni e non gli stereotipi.
Comunque: anche se non credo sia un “filmone”, lo consiglio perché approfondire l’idea di amicizia a partire dalla vicenda Bisio/Finocchiaro/Gassmann è cosa interessante, e poi dopotutto è una commedia e le risate non mancano… ricordiamoci solo che oltre a ridere/sorridere per le vicende, riflettiamoci su e chiediamoci: è davvero così?