“Eredità del Signore in modo universale è la Chiesa, in modo speciale Maria, in modo particolare ogni anima fedele.
Nel tabernacolo del grembo di Maria, Cristo dimorò nove mesi, nel tabernacolo della fede della Chiesa, sino alla fine del mondo, nella conoscenza e nell’amore dell’anima fedele per l’eternità.”
(Beato Isacco della Stella, Discorso 51)
È vicina la grande notte del Natale: per Maria, la piena di Grazia, si stanno compiendo i giorni del parto, i nove mesi della gestazione volgono al termine, la nascita del Cristo è prossima.
Contempliamo la santa famiglia di Nazareth in cammino verso il luogo dove registrarsi per il censimento, verso la piccola borgata di Betlemme. Anche la Chiesa è in procinto di “dare alla luce nuovi figli”, la comunità cristiana sta percorrendo i sentieri del mondo verso le periferie, per generare nuovi cristiani, per strappare gli uomini al potere delle tenebre e renderli veramente liberi. Come tutti ricorderanno, Betlemme era considerata “il più piccolo dei capoluoghi di Giuda”, una cittadina di scarsissimo peso, eppure, secondo la profezia di Michea, è da lì che nascerà il Messia.
È da una cittadina sperduta che proviene il Santo, è dalla “casa del pane” (questa l’etimologia del toponimo Betlemme) che arriva il Pane della vita, è nelle periferie che si attua la vocazione missionaria, secondo le parole di Papa Francesco. Il Beato Isacco del monastero della Stella presenta tre eventi in cui viene alla luce il Cristo: il primo è l’incarnazione “storica”, durante la quale il Salvatore assume la nostra umanità nel grembo di Maria; il secondo è l’annunzio del Vangelo, attraverso cui la Chiesa è fecondata dallo Spirito e diventa generatrice di cristiani; il terzo è l’incontro personale dell’anima con Gesù.
Incarnazione, evangelizzazione, esperienza di Dio: tre istanti di un unico progetto di salvezza, che si realizzano rispettivamente a Betlemme, nelle periferie esistenziali, nel deserto del cuore. Abbiamo toccato nel nostro percorso l’incarnazione “storica” e l’esperienza personale di Dio: rimane da contemplare la Chiesa. Maria e Pietro sono i due poli della vita della comunità e divengono riferimenti indispensabili, in quanto sono i segni della fede.
Da una parte il sì incondizionato della Vergine, dall’altra la garanzia del deposito della fede da parte degli apostoli, al centro la forza dell’Eucarestia: su questi tre pilastri la nave della Chiesa attraversa le tempeste del mondo fino a giungere al porto della salvezza eterna.
Come il bimbo, durante la gravidanza, è legato alla madre attraverso il cordone ombelicale, così il cristiano necessita di un vincolo che gli permetta di crescere nella fede, fino alla perfezione delle virtù.
La fedeltà alla Chiesa, come alla propria madre, è la garanzia della nostra santità. Una progressiva maturazione si realizza in noi, durante la quale abbiamo la possibilità di verificare il grado di prossimità (o, al contrario, di lontananza) dall’identikit del cristiano, tracciato nel Discorso della Montagna: siamo veramente poveri in spirito, assetati di giustizia, fiduciosi nella tribolazione, operatori di pace, capaci di rispondere al male col bene?
Abbiamo davanti un punto interrogativo che non ci lascia nell’insoddisfazione, ma che ci chiama a conversione, a perseverare nella frequentazione della Parola, dei sacramenti, del confronto con gli altri. Dobbiamo, peraltro, essere consapevoli che il percorso prevede un serio combattimento: la visione dell’Apocalisse, secondo cui la Chiesa, rappresentata dalla donna partoriente, è attaccata dal demonio, raffigurato dal drago, si compie puntualmente. Più progrediamo verso l’incontro con Dio, più saremo attaccati; ma è certa la fede che “le porte degli inferi non prevarranno”. Tocca a noi perseverare nella fiducia di non essere soli. È un cammino verso la “casa del pane”, una via che ci conduce all’umiltà della nascita di Gesù, alla semplicità della mangiatoia, alla lode cantata dagli angeli. Ecco, il tempo è vicino, il Signore è alle porte: non possiamo lasciar cadere quest’opportunità nel vuoto; è in gioco la nostra testimonianza da figli della luce, da discepoli del Natale, eredi di Dio e coeredi di Cristo (Rm 8,17).
Nella comunità cristiana tutti, sia sacerdoti, sia laici, sia religiosi, hanno un posto, che non deriva da un potere, ma da un modo di essere. Ricorda che il tuo ruolo non dipende da ciò che fai, ma da ciò che sei, da come vivi l’incontro con Dio. Più il rapporto col Signore (e, naturalmente, con il prossimo) è profondo e sincero, più sarai nel posto giusto!