Niente è più freddo del cristiano che non si cura della salvezza degli altri. Chiunque può essere utile al prossimo, se vuole compiere la sua parte… Non offendere Dio. Se dici che il sole non può splendere, gli fai torto; se dici che il cristiano non può far del bene, offendi Dio e lo rendi bugiardo. È più facile infatti che il sole non scaldi e non brilli, che un cristiano non risplenda; è più facile che la luce sia tenebra, che accada questo…
Non può la luce di un cristiano restare nascosta, non può restare nascosta una fiaccola così splendente.
(San Giovanni Crisostomo, Omelia XX sugli Atti degli Apostoli)
Nel precedente incontro, abbiamo avuto l’occasione di confrontarci con la virtù della speranza, che caratterizza il tempo dell’Avvento.
In questa meditazione saremo accompagnati dal santo vescovo Giovanni d’Antiochia, soprannominato “Crisostomo”, bocca d’oro, per il suo talento nell’eloquenza.
Era un “pastore scomodo”, che non scendeva a compromessi e, pur di difendere la fede cristiana, preferì scontrarsi contro la potente corte imperiale e subire l’esilio.
Oggi, come allora, si realizza la parola di Cristo, quando afferma di sé: “Non sono venuto a portare pace sulla terra, ma una spada” (Mt 10,34).
Vivere integralmente e radicalmente il Vangelo non solo significa cambiare la rotta per seguire il Maestro, ma anche testimoniare agli altri le ragioni della speranza che è in noi. Questo passaggio non è per nulla semplice: davanti alla luce di Cristo, è costante la possibilità del rifiuto, addirittura della persecuzione.
Chiunque vive la missionarietà deve mettere in conto che ci sarà chi è indifferente, chi è manifestamente ostile, chi, dopo un primo momento di adesione, volterà le spalle… Il cristiano è luce, ma è anche spada, poiché la sua testimonianza diventa pietra di paragone per la condotta altrui.
Ma ciò non giustifica la rinuncia al compito dell’evangelizzazione: anzi, nella misura in cui subiremo la persecuzione, saremo beati, dal momento che avremo configurato la nostra vita al Signore. È in gioco la salvezza del prossimo! Non possiamo dire di amare il fratello, se non gli facciamo conoscere Cristo! A che vale fornire l’aiuto materiale se poi non doniamo la medicina spirituale? Bisogna integrare i bisogni del corpo con quelli dello spirito, fondere le opere di misericordia corporale con le opere di misericordia spirituale. Potrà forse esserci una contrapposizione?
Santa Teresa di Calcutta ha compiuto in modo mirabile l’evangelizzazione, ancora prima dell’assistenza sociale.
Ha fatto molto di più: curando il corpo, risanava le anime; alleviando le sofferenze, colmava le aridità dell’anima.
“Se dici che il cristiano non può far del bene, offendi Dio e lo rendi bugiardo”
Le durissime parole di San Giovanni Crisostomo ci insegnano a mettere in pratica l’obiettivo di un altro testimone della carità missionaria, San Giovanni Bosco, il quale si prefiggeva di formare “buoni cristiani e onesti cittadini”.
Abbiamo il compito di costruire la città terrena, affidandola alla Provvidenza: se la pietra angolare è Cristo, la nostra opera di costruttori è sicura; se facciamo a meno di questo fondamento, esponiamo i nostri sforzi ad un fallimento. Come San Giovanni Battista, noi siamo chiamati a renderci piccoli, affinché cresca l’opera di Dio; noi siamo voce nel deserto, non la Parola; siamo gli amici dello Sposo, che gioiscono quando l’anima è conquistata dal Signore. Riflettendo la luce di Cristo verso gli altri, diveniamo cooperatori della Verità, a servizio della Grazia che ci è stata donata nel Battesimo e nella Confermazione ha avuto il sigillo. Siamo profeti di gioia, spinti dall’urgenza dell’evangelizzazione, mossi dalla consapevolezza che, in qualche angolo della Terra, del nostro Paese, della nostra diocesi, c’è qualcuno in attesa di conoscere una via di salvezza.
E la nostra ricompensa non solo sarà nei cieli, ma già nell’oggi: ci attende il centuplo in amicizia, in gioia, in crescita della fede, in misericordia, in coerenza.
Cosa aspettiamo?
Rifulga in noi il dono di Cristo affinché, come sale della terra e luce del mondo, portiamo a ciascuno il gusto di una vita piena, di una vita senza la paura, di una vita che si apre all’eterno.
1) Medita il brano del Vangelo secondo Matteo, cap. 5, vv. 3-12 (Le Beatitudini): ti rivedi in qualcuna di esse? Hai sperimentato concretamente la gioia nel viverle?
2) Le Beatitudini sono la promessa di Dio per la tua esistenza: non uno sforzo personale, ma una Grazia da condividere; in questo tempo di Avvento ritaglia uno spazio di tempo per dare voce alla tua sete di gioia e fa’ che essa si trasformi in un’occasione di carità per i fratelli.