Suor Manuela Robazza
E’ uno slogan che richiede concretezza.
I giovani si pongono la domanda di cosa significhi avere fede, cercare il Signore, ma desiderano risposte concrete che toccano la vita.
Cerchiamo pertanto di rispondere oggi con un’immagine. L’immagine della matita tratta da Coelho.
La matita ha 5 caratteristiche:
1. Ha una mina – ANIMA
2. Ha bisogno di essere temperata – TEMPERARE, temprare
3. Ha bisogno di essere guidata da una mano – GUIDA possiamo essere noi per i figli, ma noi stessi abbiamo bisogno di essere guidati dal Signore
4. Quando si sbaglia si può cancellare – l’esperienza dell’ERRORE, dello SBAGLIO, del PECCATO non è irreparabile
5. La matita lascia il segno – che SEGNO stiamo lasciando nei figli?
Un’altra metafora la possiamo ricavare dalla storia dello scalpellino:
Durante il Medioevo, un pellegrino aveva fatto voto di raggiungere un lontano santuario, come si usava a quei tempi. Dopo alcuni giorni di cammino, si trovò a passare per una stradina che si inerpicava per il fianco desolato di una collina brulla e bruciata dal sole. Sul sentiero spalancavano la bocca grigia tante cave di pietra.
Qua e là degli uomini, seduti per terra, scalpellavano grossi frammenti di roccia per ricavare degli squadrati blocchi di pietra da costruzione. Il pellegrino si avvicinò al primo degli uomini. Lo guardò con compassione. Polvere e sudore lo rendevano irriconoscibile, negli occhi feriti dalla polvere di pietra si leggeva una fatica terribile.
Il suo braccio sembrava una cosa unica con il pesante martello che continuava a sollevare ed abbattere ritmicamente. “Che cosa fai?”, chiese il pellegrino. “Non lo vedi?” rispose l’uomo, sgarbato, senza neanche sollevare il capo. “Mi sto ammazzando di fatica”. Il pellegrino non disse nulla e riprese il cammino. S’imbatté presto in un secondo spaccapietre. Era altrettanto stanco, ferito, impolverato. “Che cosa fai?”, chiese anche a lui, il pellegrino. “Non lo vedi? Lavoro da mattino a sera per mantenere mia moglie e i miei bambini”, rispose l’uomo. In silenzio, il pellegrino riprese a camminare. Giunse quasi in cima alla collina. Là c’era un terzo spaccapietre.
Era mortalmente affaticato, come gli altri. Aveva anche lui una crosta di polvere e sudore sul volto, ma gli occhi feriti dalle schegge di pietra avevano una strana serenità. “Che cosa fai?”, chiese il pellegrino. “Non lo vedi?”, rispose l’uomo, sorridendo con fierezza. “Sto costruendo una cattedrale”. E con il braccio indicò la valle dove si stava innalzando una grande costruzione, ricca di colonne, di archi e di ardite guglie di pietra grigia, puntate verso il cielo. (Bruno Ferrero)
1. La matita ha un’anima
Se ho una motivazione forte che mi spinge costruisco una cattedrale; sono spinto a fare qualcosa di grande. E’ importante che i ragazzi capiscano che a noi genitori, educatori sta a cuore qualcosa di grande; ci sta a cuore la cura della nostra e della loro anima; ci sta a cuore il cielo; ci stanno a cuore ideali grandi. Vedendoci vivere in un certo modo i nostri figli si interrogheranno. Impareranno da noi a vivere per qualcosa di grande, per Dio. I ragazzi vedono quello che viviamo, più che ascoltare ciò che diciamo. Con te di più è un invito a prendere sul serio la vita spirituale. È una scommessa, proviamo a vedere cosa cambia nella nostra vita se prendiamo sul serio la nostra vita spirituale.
2. La matita va temperata
Temperare– temprare. Si parla poco di educazione al sacrificio, ma allenarsi al sacrificio rende forti, fa crescere robusti. Affrontare il sacrificio con fede aiuta a trasformare le ferite in feritoie. Bisogna educare i ragazzi a trovare il bello in tutte le cose; a trovare l’aspetto positivo della vita, anche quando è faticosa. Mi ha sempre accompagnata nella vita una frase: “ Il cuore è tuo e può soffrire, ma il viso è degli altri e deve sorridere”. Esistono le sofferenze, piccole o grandi; esistono le ingiustizie, anche quelle inflitte dai docenti, ma ciò che conta è aiutare i ragazzi a trovare in tutto la possibilità di crescita, di bene, il modo di affrontare e superare le difficoltà.
3. La matita ha bisogno di una mano che la guidi
Dobbiamo essere per i nostri figli guide che accompagnano con l’amorevolezza di don Bosco che dice che i giovani devono sapere di essere amati. Dobbiamo far percepire l’amore. Noi stessi dobbiamo lasciarci guidare dall’amore; dobbiamo essere guide che sanno ascoltare, guardare. Ma possiamo essere così se sentiamo che Dio guida la nostra vita.
4. Quando si sbaglia si può cancellare
Quando si sbaglia si può cancellare. Il problema non è sbagliare, cadere, peccare, ma sapersi rialzare. Avere non solo il coraggio di perdonare, ma anche di chiedere scusa. Quando sbagliamo dobbiamo saper chiedere scusa ai nostri figli, così impareranno a loro volta a chiedere scusa. Dobbiamo imparare a chiederci perdono a vicenda; a ricominciare. A dire ce la puoi fare, credo in te.
5. La matita lascia il segno
Che segno lasciamo ai nostri figli? Che segno hanno lasciato in noi i nostri genitori, le persone che hanno contato nelle nostra vita? Tutti lasciano un segno. Don Bosco diceva: “In ogni giovane, anche il più disgraziato, c’è un punto accessibile al bene”. Il segno che lascia ai tuoi figli è quando trovi quel punto e da lì puoi ripartire. Saper dire TU VALI. CE LA PUOI FARE. Ne abbiamo bisogno anche noi adulti di sentircelo dire, molto di più i nostri ragazzi.
IMPEGNI PRESI DAI GENITORI
“Tu vali” ripeterlo anche in famiglia
Vivere l’atteggiamento di umiltà
Prendersi il tempo per fermarsi
Creare un patto di alleanza educativa con la Scuola
Vivere con gioia ed entusiasmo “Il cuore è tuo e può soffrire, ma il viso è degli altri e deve sorridere”
Mai dire “ORMAI”, vivere da rassegnati, ma vivere con speranza
Credere che si può cancellare l’errore
Educare alla solidarietà