30^ Domenica del Tempo Ordinario

30^ domenica del tempo ordinario – Anno A

11 ottobre 2020

Vangelo di Matteo 22,1-14

Commento di suor Silvana Mascotto, FMA

 

Occorre contestualizzare questa parabola per capirne il significato più profondo, altrimenti resteremmo solo sconvolti da alcuni comportamenti di Gesù.
Gesù sta avvicinandosi a Gerusalemme e i brani di vangelo narrati sono duri. Il Maestro sta concludendo il suo percorso terreno. E da Maestro, è preoccupato, non vuole essere frainteso, vuole essere chiaro perché Lui stesso sia ‘narrato’ nella verità, anche quella verità scomoda.

Nel XXI capitolo, scaccia con energia dal tempio i profanatori, e l’indomani mattina fa inaridire il fico infecondo. Poco dopo, ai sacerdoti che gli chiedevano con quale autorità insegnasse, non risponde. Racconterà poi la parabola dei vignaiuoli che, inviati dal proprietario della vigna per vendemmiare, saranno bastonati e cacciati dai coloni e ancora peggio andrà per il figlio stesso del padrone. E agli apostoli perplessi e ai prìncipi, ai sacerdoti e agli scribi dirà con forza che “il Regno di Dio sarà tolto a voi e verrà dato a un popolo che ne produca i frutti.” E nella parabola che considereremo, Gesù proseguirà sull’onda della chiarezza e della determinazione, vuole che i suoi seguaci siano preparati, vuole che sappiano cosa significhi la sua sequela. È come se dicesse, anche a noi, oggi, che il cristiano non è qui … a pettinar le bambole!

Questo atteggiamento di Gesù, visto nel percorso citato, si conferma anche nella parabola narrata da Matteo al capitolo 22, dove un Re manda i suoi servitori ad invitare tutti alle nozze del proprio figlio, dicendo loro che il banchetto sontuoso è pronto, ma coloro che sono stati invitati declineranno l’invito per vari motivi. Altri addirittura uccideranno i servitori che hanno portato loro questo lieto annuncio, tanto da infuriare il re che li punirà uccidendoli e distruggendo le loro città. Sarà ritentata l’impresa con i più diseredati. E andò meglio, la sala si riempì. E questo è il dato positivo.  Ma la parabola si conclude con un imbucato che non avendo il vestito nuziale sarà buttato fuori, nelle tenebre e nel pianto. Molti sono i chiamati, pochi gli eletti’. E con queste parole si chiude la narrazione.

Abbiamo fin qui sottolineato la severità degli episodi narrati, un Gesù che, se siamo sinceri, ci piace poco. Preferiamo il pastore della pecorella smarrita, Gesù che dirà all’adultera:‘Nessuno ti ha condannata. Nemmeno io’. O quel Gesù che si affianca ai discepoli di Emmaus, quel Gesù che restituisce la vista al cieco…

Cerchiamo di riconoscere nostro Signore anche qui.

L’invito del Re è generoso e aperto: venite, tutto è pronto, si fa festa! Il re vuole condividere gioia e regalità!  Ma nessuno dei primi invitati accoglierà l’invito.

E probabilmente questi erano quelli che nel Regno pagavano le tasse, erano osservanti della legge… Quelli però ai quali la festa non interessa, non interessa il figlio del re che si sposa, non interessa la condivisione. “Interessano i propri impegni, hanno già la loro festa: devo prender moglie. Ho comprato dei buoi. Mi interessa quello che già ho. Gli orizzonti sono ristretti. Ci si guarda addosso. Non si ha bisogno d’altro. “Ho la mia autonomia, gestisco la mia vita. Ho le mie competenze…” Che bisogno c’è di Dio?  L’uomo di oggi si ritiene onnipotente. La scienza, la tecnica, l’informatica risolvono ogni problema. È vero, la pandemia uno scossone l’ha dato ma siamo già in ripresa, pensiamo già al vaccino, quindi siamo di nuovo superiori agli eventi.  Quanti sono così! E non c’è ruolo o scelta di vita che tenga: laici e consacrati. In tutte le categorie si è insinuato il virus dell’autosufficienza, del sapere già tutto, del consumare in proprio.

Gli altri invitati sono quelli dei crocicchi, quelli che vivono alla giornata, quelli che chiedono, quelli che cercano, quelli che aspettano qualcuno, qualcosa. E loro rispondono. E loro sono felici di indossare la veste nuziale. L’hanno sognata. Sì è proprio quella, e quello è proprio il Signore dei loro desideri. Il loro cuore era assetato di bello, di gioia, d’amoreEra assetato di Dio.

Non erano sazi, non erano loro i padreterni della loro vita, cercavano quello vero. Sono costoro che rispondono alla chiamata perché hanno il cuore libero, in ascoltoSono quelli che sanno ancora gustare la gioia degli altri e concorrere a quella gioia: si sposa il figlio del re!  E il re desidera condividere la festa.  È la festa della comunione, della relazione umana, della gioia reciproca, della speranza, della salvezza regalata… E costoro, liberi da se stessi, accolgono la Grazia tanto attesa.

E poi c’è l’intruso. Anche lui è entrato, anche lui ha sentito l’invito. Forse è entrato per curiosità, il desiderio non l’ha accompagnato. È entrato in difesa, aveva già il suo habitus, perché avere quell’altro che gli veniva proposto? Non si è lasciato coinvolgere, non si è lasciato abbracciare. E senza festa, senza risposta, senza reciprocità c’è solo ‘pianto e stridor di denti’.

Se, dopo aver considerato questo brano di Vangelo, ad una prima lettura si vorrebbe prendere le distanze da un Gesù un po’ punitivo in questo viaggio verso Gerusalemme, penetrando però la sua Parola possiamo solo ringraziare.

Il nostro Dio è Maestro, insegna, indica come possono andare le cose. E da bambini si diceva: ‘uomo avvisato, è mezzo salvato’. Che sapienza! Infatti, l’altra metà spetta a noi: andare o non andare alla festa ? Lasciarsi rivestire di Grazia o preferire ‘le tenebre’ ?

Il nostro Dio è Signore: alla festa invita tutti, e che festa. E’ quella di un Re! E in quella festa ci son tutte le pecorelle smarrite, le adultere che hanno fatto l’incontro giusto, i discepoli di Emmaus che hanno aperto gli occhi e il cuore…, tutti i ciechi che hanno desiderato vedere. Tutti ci stanno!