– Angela Maiale –
Sette minuti dopo la mezzanotte (A monster calls) Mondadori 2011
di Patrick Ness, da un’idea di Siobhan Dowd
Il peggior momento da vivere e da affrontare, per un figlio, soprattutto se ragazzino, è la morte della mamma.
Il protagonista del racconto dovrebbe essere il piccolo Conor, di soli otto anni, ma quello vero, sotteso ma sempre tanto evidente, è il DOLORE, perché le storie non sono tutte divertenti e non finiscono sempre bene.
Sette minuti dopo la mezzanotte i mostri peggiori sono in agguato, e per il giovanissimo Conor quel momento tutte le sere atteso, eppure temuto, è il momento del confronto con il mostro peggiore, quello che egli cerca, in tutti i modi, di non affrontare.
In situazioni come questa nelle quali un bambino, o un preadolescente come Conor stanno per vivere la separazione più traumatica che possa loro accadere, tutti coloro che appartengono alla cerchia di famiglia, ed a quella scolastica, cercano di evitare ogni riferimento a quanto sta accadendo, e a quanto sta, inevitabilmente, per accadere; anche Conor vive in questa specie di limbo in cui i famigliari fanno solo velati accenni alla malattia della sua mamma; gli insegnanti ed i compagni cercano, per delicatezza, di evitargli preoccupazioni legate alla quotidianità scolastica, e lui, che finge con sé stesso che la vita scorra normalmente ne è, comunque, anche infastidito.
Il dramma che incombe nella sua vita è qualcosa che lui per primo finge non ci sia, che gli altri non sanno come affrontare, per eccessivo pudore dei sentimenti, e ciò gli fa anche comodo ma, allo stesso tempo, che sappiano e lo guardino con commiserazione gli è insopportabile; Conor, sicuramente, in questa fase preferisce essere perseguitato dai bulli i quali, pur maltrattandolo, non lo fanno sentire un essere per il quale provare commiserazione: Conor desidera essere maltrattato, ogni giorno va quasi alla ricerca delle aggressioni del solito bullo, tutto ciò non solo appartiene alla normalità, poiché è meglio che essere commiserato ma, di più, egli sente di dover, oltre a tutto quanto sta vivendo, scontare la colpa di aver desiderato, anche se per un solo istante, che sua madre morisse.
La malattia è terribile, ha martoriato la sua mamma nel corpo e nello spirito, ha stravolto le loro vite, lo sta già privando delle premure di lei mentre ora è lui a doverla curare ed accudire; il peso del suo dolore e del dolore che la mamma sta vivendo lo soffoca, lo schiaccia; egli vorrebbe che per lei giungesse la morte solo perché tutta questa sofferenza inutile finirebbe per sempre, o almeno egli così crede; gli era quasi sembrato un pensiero a fin di bene; comunque il senso di colpa è per lui un martirio: quale figlio arriva a desiderare la morte della madre? Conor non riesce a chiedere aiuto, non riesce a raccontare a nessuno i suoi pensieri e, contemporaneamente, non riesce ad uscire dalla spirale di dolore, senso di colpa e rabbia in cui è entrato.
Il dolore e la rabbia sono presenti in tutto il racconto e offuscano i deboli tentativi, carichi d’amore, che la mamma di Conor fa, nella speranza di guidarlo nella direzione giusta, verso quella consapevolezza che, pur essendo spietata, è l’unica che gli fornirà la pace.
La rabbia è tanta, ed orientata in molte direzioni: contro il destino che ha fatto ammalare la sua mamma, contro il padre che li ha lasciati per rifarsi una famiglia, contro la sua migliore amica che ha raccontato ciò che avrebbe dovuto restare un segreto, (la malattia ed il destino segnato della sua mamma a tutta la scuola, facendo di lui un poverino per il quale provare pietà), contro sua nonna, la quale sembra presa solo da preoccupazioni futili, e con lui si assume un atteggiamento di fastidio e freddezza emotiva. Ma come può una nonna essere tanto distaccata fino al punto da apparire gelida e scontrosa?
Conor si troverà a fare i conti con la Natura degli eventi, ma questo lo aiuterà a crescere, ad affrontare il momento del distacco, anche ad aiutare la sua mamma a distaccarsi da lui con serenità, e gli permetterà di comprendere anche la nonna che, tutt’altro che strega, è semplicemente una donna che sta vivendo il peggior momento da affrontare, quello più innaturale di tutti: la morte di una figlia.
Il racconto, nato da un’idea di S. Dowd, scrittrice ed attivista di origine irlandese, la cui attività è stata soprattutto legata ai diritti dei ragazzi, principalmente quelli che versano in aree e condizioni disagiate, è forse specchio di quell’esperienza individuale del dolore che l’autrice ha vissuto prima di morire prematuramente, e del bisogno di aiutare i più piccoli ad affrontarlo e superarlo.