II Domenica di Quaresima Romana – Commento al Vangelo

Sr Michela Consolandi | II domenica di Quaresima, Rito Romano

 

Letture della II Domenica

 

Siamo di fronte a una delle pagine tra le più affascinanti del Vangelo: il racconto della Trasfigurazione di Gesù. Racconto nel quale tante volte, magari dopo esperienze particolarmente belle e forti, ci siamo sentiti compagni dei tre discepoli che Gesù porta con sé e di quel desiderio di Pietro: “E’ bello per noi stare qui!”; allo stesso modo, anche noi abbiamo percepito la fatica di scendere dal Tabor, per vivere l’amore ricevuto sulle strade del nostro quotidiano, fino al Golgota, luogo del dono totale. Ecco allora che la Parola di oggi diventa per noi luce che orienta questi primi passi del cammino di Quaresima.

 

L’evangelista Luca pone questo racconto subito dopo la richiesta radicale di sequela che Gesù fa ai suoi discepoli: “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi sé stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua! (Lc 9,23)”; tale dato ci permette di leggere il testo odierno all’interno di una cornice più ampia, nella quale possiamo riconoscere la radicalità che Gesù chiede ma anche il suo non far mai mancare la forza e l’incoraggiamento nella sequela di Lui.

In questo testo non si parla di Trasfigurazione, ma l’evangelista racconta l’accaduto attraverso due elementi: il volto di Gesù che cambia d’aspetto e la veste diventata candida e sfolgorante. 

 

Interessante notare come qui si faccia riferimento a un particolare che non è presente negli altri sinottici: il sonno dei discepoli, quasi a voler preannunciare quello dell’orto degli ulivi. Questi, svegliatisi, videro la sua gloria e i due profeti insieme a Gesù. Credo che questo possa rappresentare un primo atteggiamento utile per il nostro cammino incontro al Risorto: la vigilanza; il sonno dei discepoli ci suggerisce il rischio che può correre chi, pur essendo spettatore di prodigi divini, non comprende. Non capiti anche a noi di essere così oppressi dal sonno delle nostre attività e dalla nostra brama di controllare tutto, da non avere occhi aperti per contemplare i prodigi che ogni giorno il Signore pone sul nostro cammino.

C’è dunque bisogno di una lotta, per rimanere desti e “vedere” la gloria del Figlio; allora il cuore si spalanca e, colmo di gioia indicibile, prova a balbettare ciò che vede, nell’atteggiamento umile di chi sa di non essere degno di tale privilegio. Mentre Pietro parla, una nube li avvolge e, mentre copre, rivela la gloria di Dio; a quel punto gli occhi sono incapaci di vedere, ma per dono gratuito è possibile ascoltare la voce del Padre: “Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!”.

 

Davanti agli occhi dei discepoli in estasi, dopo questi fatti, rimane “Gesù solo”: è Lui che viene donato dal Padre ai discepoli e alla Chiesa di ogni tempo; è Lui la sola voce da ascoltare e la sola luce che può illuminare il cammino. “Gesù solo”: che bello sarebbe se questa diventasse l’invocazione del nostro cuore in questa settimana. In quel “solo” è racchiuso, come un ossimoro, tutto il timore della solitudine dell’uomo di fronte a Dio e nello stesso tempo la sola risposta di pienezza alla sete del suo cuore inquieto. 

Allora, cercando “Gesù solo”, potremo vivere i Tabor, le consolazioni che il Signore ci dona nella nostra vita, non come punti di arrivo, ma come luci che ci permettono di seguire il maestro fino al dono supremo della vita per amore.