II Domenica di Quaresima Ambrosiana – Commento al Vangelo

Sr Chiara Balestrieri | II domenica di Quaresima, Rito Ambrosiano

 

Letture della II Domenica 

 

Madre Teresa diceva, commentando la sete di Gesù sulla croce: “Finché non saprete che Gesù ha sete di voi, vi sarà impossibile sapere quello che lui vuole essere per voi; né quello che vuole che voi siate per lui”. Il Vangelo che la liturgia ci propone per questa seconda domenica di Quaresima inizia con una richiesta ben precisa di Gesù alla samaritana: “Dammi da bere”. Il brano della samaritana ci presenta l’incontro tra due seti: la sete della donna e la sete di Gesù. Verrebbe da chiedersi: di cosa ha sete Gesù, lui che la scorsa settimana ci veniva presentato in grado di digiunare per quaranta giorni e quaranta notti nel deserto?

 

Gesù ha sete di rompere quella barriera di vergogna e umiliazione dietro la quale la samaritana si trincerava da chissà quanti anni. La donna ha sete di uno sguardo che la guardi con misericordia più che con commiserazione, che guardi alla possibilità di un futuro luminoso più che alle tenebre del suo passato. Soltanto chi spera di non incontrare nessuno, chi teme lo sguardo giudicante dei compaesani, chi ha la coscienza inquieta va a prendere l’acqua a mezzogiorno, nell’ora più calda del giorno. Bello che questo incontro avvenga al pozzo, luogo dell’acqua e della vita, luogo di relazioni, luogo dell’alleanza, luogo sponsale. Comincia così questo dialogo con una donna ritenuta da tanti scomoda, in un’ora scomoda, in una regione scomoda. La Pasqua è la rivelazione di un Dio che per amore nostro si scomoda al punto tale da morire in croce: una morte scomoda, anzi la più scomoda delle morti.

 

Gesù ha sete di spezzare quella rete di affetti disordinati nella quale la donna era rimasta imbrigliata: “Hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito”. Egli ha sete di noi con le nostre relazioni, non ci prende mai isolati, sebbene ami ciascuno di un amore particolarissimo. Gesù non fa una selezione, non vuole solo il meglio di ciò che siamo, ci prende con i nostri affetti, con le relazioni che funzionano e con quelle un po’ zoppicanti, ci prende per le nostre ferite d’amore e ci propone un amore bello, un amore nuovo, un amore che ci fa nuovi, un amore che ci riempie senza ingombrarci il cuore. La donna è stanca per aver incontrato tanti amanti e poco amore, tutte queste relazioni monche la fanno sentire una donna a metà. Ha sete di una reciprocità vera, di una casa in cui fermarsi, di un’intimità che sia oggetto di custodia e non di pettegolezzi. La donna è alla ricerca di un uomo al quale darsi tutta, sa bene che la sua anima è fatta per la totalità e storce il naso davanti alle mezze misure. La Pasqua è la contemplazione di un Dio che ama senza mezze misure, che ci dona tutto sé stesso, fino all’ultimo soffio di spirito.

 

Quando la sete che Gesù ha di noi incontra la sete che noi abbiamo di Lui accade il miracolo: la donna che era arrivata nascondendosi dagli occhi dei suoi concittadini, torna in citttà e precorrendo i tempi, quasi nuova Maddalena, annuncia a tutti l’incontro che le ha cambiato la vita. A lei si possono bene applicare le parole di Giovanni: “Ciò che era fin da principio, ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il Verbo della vita, quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo anche a voi” (1Gv 1, 1.3)

 

E noi, sapremo dissetare la sete di Cristo? Sapremo fargli incontrare la nostra sete?