Sr Rita Fallea | III domenica di Avvento, Rito Romano
Commento al Vangelo [Lc 3,10-18]
In questa terza domenica d’Avvento il Vangelo ci chiede di entrare nella scena del battesimo di Giovanni nella narrazione dell’evangelista Luca.
“E noi che cosa dobbiamo fare?”
Lc 3, 14
Ci troviamo, dunque, lungo il fiume Giordano, insieme alle folle, ai pubblicani e ai soldati.
Siamo venuti qui per ascoltare da quest’uomo, Giovanni, un profeta, parole di salvezza.
Siamo venuti qui perché, in fin dei conti, c’è qualcosa nella nostra vita che ci impedisce di essere pienamente felici e, dopotutto, sentiamo sempre un vuoto da riempire.
Così oggi, invece di andare in un centro commerciale per acquistare qualcosa che riempirà – forse, se ci va bene, per qualche giorno – il nostro vuoto; invece di rimanere connessi in qualche cosa che ci distrarrà – forse per due ore?! – invece di fare altro siamo venuti qui perché il resto non ci basta. Perché vogliamo andare a fondo nelle cose e abbiamo saputo che nel Vangelo c’è una promessa (non a buon mercato, non fatta di distrazioni) e siamo venuti qui ad ascoltare la parola di Dio che venne su Giovanni (Lc 3, 2).
“Che cosa dobbiamo fare?”
È la domanda che per tre volte viene ripetuta a Giovanni: prima dalle folle, un insieme indistinto di persone; poi dai pubblicani, coloro che riscuotevano le tasse; quindi dai soldati, gente che si occupava dell’ordine pubblico.
Scegliamo noi in quale gruppo collocarci perché, in fondo, anche noi vogliamo sapere che cosa dobbiamo fare… Qual è la via giusta? Cosa mi fa bene? Cosa cerco?
Alle folle il Battista risponde di distribuire le ricchezze; ai pubblicani di non esigere di più del giusto; ai soldati di non maltrattare e di non estorcere nulla a nessuno.
Giovanni esprime con questi comportamenti la concretezza della fraternità, della giustizia e della bontà.
Inoltre, come ultima raccomandazione, il Battista dice ai soldati: “Accontentatevi delle vostre paghe”.
Questa parola, “accontentatevi”, ad un primo ascolto sembra limitante. Quando diciamo a qualcuno di accontentarsi di qualcosa, la percezione è quella di essere un po’ frenati, di farsi andare comunque bene qualcosa che potrebbe essere anche meglio…
Ascoltando più attentamente la Parola, però, leggendola nell’insieme della Liturgia di questa III domenica di Avvento, percepisco qualcosa di diverso, di inedito. Infatti, se ascolto con attenzione anche la prima e la seconda lettura sento un forte invito:
“Rallegrati, Figlia di Sion, grida di gioia, Israele […]
Il Signore, tuo Dio, in mezzo a te è un salvatore potente.
Gioirà per te, ti rinnoverà con il suo amore,
esulterà per te con grida di gioia.”
Sof 3, 14 – 17
“Fratelli, siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti.
La vostra amabilità sia nota a tutti. Il Signore è vicino!”
Fil 4, 4-7
Sento un forte invito alla gioia, ad essere lieti: sempre. E, a partire da questo invito, inizio a leggere le parole di Giovanni in modo nuovo: “accontentatevi” diventa “siate contenti”. Contenti perché non vi manca nulla: il Signore è vicino!
La sapienza della Liturgia vuole che la terza domenica d’Avvento sia chiamata anche “Domenica Gaudete”. La celebrazione ci ricorda che ci troviamo ormai a metà del cammino verso il Natale e desidera contagiarci nella gioia e nell’esultanza per la certezza che presto il Signore verrà.
Come noi, il popolo è in attesa (Lc 3, 15).
Aspettiamo, infatti, che la nostra vita si riempia di una felicità piena e siamo pronti anche a fare qualcosa perché essa venga. Possiamo coltivare un cuore aperto, fraterno, giusto. Ma finché non sarà con noi Gesù, il Signore, sempre mancherà qualcosa perché egli è la nostra gioia, la nostra speranza.
“Viene”, dice Giovanni. E noi lo invochiamo: “Vieni Signore Gesù!”.
Vieni Signore Gesù!
Vieni a colmare il vuoto che mi abita.
Vieni a costruire con noi relazioni autentiche.
Vieni a portare la pace.
Vieni Signore Gesù!
Vieni!