Sr Daniela Tognoni | IV domenica di Avvento, Rito Ambrosiano
Commento al Vangelo [Lc 19, 28-38]
C’è una profonda somiglianza tra l’ingresso di Gesù in Gerusalemme narrato nella pericope evangelica di questa domenica e il suo avvento nella storia del mondo raccontato nei Vangeli del Natale. Ecco perché la sapienza della Liturgia ambrosiana ci propone un racconto dalle tinte decisamente pasquali a poche settimane dalla celebrazione del Mistero dell’Incarnazione.
Se accostiamo l’entrata di Gesù a Gerusalemme con il suo ingresso nella storia dell’umanità, ravvisiamo molti punti di contatto che ci permettono di delineare il volto e lo stile del Messia che deve venire, quello che attendiamo, ma che è già entrato nella storia e che vi farà il suo ritorno glorioso alla fine dei tempi.
In primo luogo, in entrambi i casi, Gesù sceglie l’abbassamento, lo svuotamento e l’umiliazione. Predilige la quotidianità e cerca un rapporto feriale con l’uomo. Entra a Gerusalemme sul dorso di un puledro. Penetra nel mondo non nel cuore dell’Impero, ma nella sua periferia e ha bisogno del grembo di una giovane donna di Nazareth che, dopo il parto, lo depone in una mangiatoia.
In secondo luogo, Gesù è profondamente rispettoso della nostra libertà; egli la affascina e non la violenta. A Gerusalemme, chiede che gli procurino un puledro. Ripete ben due volte: «Il Signore ne ha bisogno». A Nazareth, Dio ha bisogno del sì di Maria perché la Parola si faccia carne e corra veloce nel mondo. Come diceva bene S. Agostino «Dio, che ti ha creato senza di te, non può salvarti senza di te». (Sermo CLXIX, 13)
In terzo luogo, egli porta la pace. L’asino è la cavalcatura del re in tempo di pace. A Gerusalemme la folla inneggia dicendo «Pace in cielo e gloria nel più alto dei cieli!». A Betlemme, l’esercito celeste canta «Gloria a Dio in cielo e sulla terra pace per quelli che egli ama» (Lc 2,14).
Questa Parola, offerta dalla Sapienza della Chiesa Ambrosiana in Avvento, illumina i tratti del Signore e aiuta a coglierne il delicato e incisivo ingresso nella storia. Il tempo liturgico che viviamo è propizio perché, alla luce della Parola ci si si alleni nel riconoscimento del Messia e si impari a intuire i segni del suo passaggio nella storia dell’umanità, gli indizi del suo ritorno alla fine dei tempi e le espressioni della sua presenza oggi.
Non perdiamo l’occasione di allenarci a riconoscere un Dio umile. Scriveva Chesterton: «A essere umili sono sempre le persone sicure”; “l’essenza del cristianesimo era in senso letterale il Nuovo Testamento: un patto con Dio che apriva agli uomini una chiara via di salvezza. Essi si sentivano sicuri; […] si credevano ricchi di una benedizione irrevocabile che li poneva al di sopra delle stelle; eppure, scoprirono subito l’umiltà» (L’imputato).
Non perdiamo l’occasione di allenarci a riconoscere un Dio rispettoso della libertà. Scriveva Rilke: «Non devi attendere che Dio venga a te e dica: eccomi. Devi sapere che Dio soffia in te come il vento sin dagli inizi e se il cuore ti brucia e non si svela, c’è lui dentro, operante» (Poesie giovanili).
Non perdiamo l’occasione di allenarci a riconoscere un Dio che porta la pace. Scriveva Rilke:
«Se in te semplicità non fosse, come
t’accadrebbe il miracolo di questa notte lucente?
Quel Dio, vedi, che sopra i popoli tuonava
si fa mansueto e viene al mondo in te»
(La nascita di Gesù).
Perciò, mentre con la folla, guardiamo Gesù avanzare sicuro sul suo puledro, contempliamo il volto del nostro Dio, ammiriamo il suo umile abbassarsi fino a raggiungerci per sfiorare la nostra libertà e riempirci della sua pace. Chiediamo la grazia di imparare da Lui a farci piccoli, liberi e portatori di pace. Lo chiediamo per intercessione di Maria che per prima ha accolto nel suo grembo il Figlio di Dio e lo ha fatto con umiltà, libertà e nella pace. Con la folla benediciamo il Signore e rendiamo grazie per averci svelato il volto di un Dio così!