SUOR MARIA TRONCATTI PRESTO SANTA

SUOR MARIA TRONCATTI PRESTO SANTA

Cenni biografici e testimonianza dell’amico Cosimo

 

LA CONFERMA DELLA CANONIZZAZIONE

Il 25 novembre 2024, durante l’Udienza concessa al Cardinale Marcello Semeraro, Prefetto del Dicastero delle Cause dei Santi, il Santo Padre, Papa Francesco, ha autorizzato il Dicastero a promulgare il Decreto riguardante il miracolo attribuito all’intercessione della Beata Maria Troncatti, Suora professa della Congregazione delle Figlie di Maria Ausiliatrice, nata a Córteno Golgi (Italia) il 16 febbraio 1883 e missionaria in Ecuador, dove morì a Sucúa il 25 agosto 1969, la cui dedizione all’opera della riconciliazione tra Shuar e coloni culminò con l’offerta della vita per questa causa.

 

CHI È SUOR MARIA TRONCATTI?

Nel marzo del 1922 la Casa Madre di Nizza era in fermento per i festeggiamenti del 50° di fondazione dell’Istituto delle FMA. Si svolgevano lunghi incontri del Consiglio Generale per programmare i festeggiamenti e definire nuove destinazioni e fondazioni.

Suor Maria Troncatti era membro di quella Comunità e curava le consorelle e le giovani con la sua sapienza di esperta infermiera crocerossina, veterana della Prima Guerra mondiale del 1915-1918. Nell’infermeria delle ragazze, la giovane Marina Luzzi stava morendo per una polmonite doppia. Con insistenza, aveva chiesto di essere portata dalle suore per morire nella casa della Madonna, sotto il suo manto. Suor Maria la vegliava giorno e notte e quando si accorse che era agli ultimi attimi, le affidò il suo sogno missionario da portare a Maria Ausiliatrice: “andare tra i lebbrosi”. La giovane, mentre spirava, le profetizzò che non sarebbe andata tra i lebbrosi ma in Ecuador. Infatti, tre giorni dopo la morte di Marina, la Superiora generale, Madre Caterina Daghero, incontrandola, le comunicò che la sua destinazione era tra la gente e tra la gioventù che abitava la foresta amazzonica ecuadoriana.

 

Suor Maria partì per la missione il 9 novembre del 1922, a 39 anni, e ripartì di lì per il cielo il 25 agosto del 1969. La profezia della destinazione la rafforzò nel darsi senza calcolo, al di là di ogni umana valutazione, certa che Dio la voleva lì, in quella terra abitata da due ‘etnie avverse’: i coloni bianchi e gli indigeni Shuar. Culture diverse, divergenze, contrasti, soprusi, incontri, promozioni, collaborazioni impegnarono il suo cuore di madre: amò tutti indistintamente e cercò in tutti i modi di renderli uniti.

Nei suoi 47 anni di vita missionaria fu infermiera, catechista, evangelizzatrice. Non aveva nient’altro davanti a sé che Gesù Crocifisso e la sete di “dargli anime”. Mentre curava le ferite dei corpi martoriati degli Shuar, che si uccidevano tra loro in nome della legge della selva, la vendetta, cercava in tutti i modi di parlare di perdono, di riconciliazione, di Vangelo. Quando i coloni spadroneggiavano sugli indigeni, divenne altresì convinta difensora dei loro diritti e del loro progresso sociale.

Nel frattempo, mentre curava gli uni e gli altri, li aiutava a fare seri esami di coscienza per una condotta di vita più cristiana, più fraterna. Anche quando dialogava e consigliava le donne colone, cercava sempre di seminare tra loro parole di giustizia, di fratellanza, di eguaglianza. Sapeva che le donne possono educare le giovani generazioni ad una convivenza più rispettosa e alla stima tra le diverse culture.

Inoltre, fece in modo di far convivere nelle scuole e negli internati le giovani Shuar e le “bianche”; anche nei suoi ambulatori e nel suo ospedale ‘Pio XII’ non vi erano trattamenti distinti, come in uso altrove, ma tutti erano alla pari, per ricevere le cure della loro “madrecita”, come era chiamata.

 

Nella selva, suor Maria imparò a tessere per fare vestiti a chi ne avesse bisogno ma anche a tessere umanità tra i suoi figli così amati e così diversi. Verso la fine degli anni Sessanta, le tensioni tra le due etnie si inasprirono a causa della terra e si riaccese il clima di ostilità. Il 4 luglio del 1969 alcuni coloni appiccarono il fuoco nella missione dei Salesiani perché li ritenevano i ‘protettori’ e i promotori della dignità degli Shuar.

Suor Maria soffrì tantissimo per questo evento, che temeva fosse l’inizio di una tremenda catastrofe. Decise di offrirsi a Dio come vittima di riconciliazione tra i due popoli che tanto amava. Non trovava altra strada che la forza dell’amore e del dono di sé. Con la forza della persuasione e della bontà riuscì a fermare le incipienti vendette e ad essere ascoltata come messaggera di pace e di perdono: un vero miracolo dal profumo evangelico.

Più di un mese dopo, mentre partiva per gli esercizi spirituali a Quito, il 25 agosto, giorno dell’incidente aereo, suor Maria condivise con le suore la sua convinzione che di lì a poco sarebbe ritornata la pace e la tranquillità. Infatti, dopo la sua morte, sia i coloni che gli Shuar sentirono ancora più forte la presenza della loro madrecita che li aveva educati al perdono e ripresero a convivere insieme con una nuova forza. L’arcobaleno che rimase in cielo fino al momento della sua sepoltura fu il segno che la pace era stata ripristinata tra cielo e terra, tra fratello e fratello.

 

LA TESTIMONIANZA DEL SIGNOR COSIMO

Il signor Cosimo è un salesiano coadiutore che ha conosciuto molto bene sr Maria Troncatti (nella foto a destra in copertina) ci ha regalato le sue parole.

In Ecuador c’era una guerra terribile tra i coloni bianchi, che volevano conquistare il territorio con le sue risorse, e la popolazione locale degli Shuar. Ad un certo punto ci viene bruciata la casa da parte dei bianchi per uccidere noi preti che difendevamo la popolazione. Gli Shuar lavoravano un grande pezzo di terra, 3-4 ettari, in cambio di un fucile. Erano sfruttati! Pensate: se una caramella costa 5 centesimi non me la puoi far pagare 40 euro! È una proporzione che non esiste! I bianchi ci odiavano perché difendevamo gli interessi degli indios e perché abbiamo fatto emanare una legge che stabiliva che non si poteva vendere ai bianchi la terra per alcuni chilometri. I bianchi si vendicarono con i preti bruciandoli vivi. Hanno incendiato la casa nel 1969, l’hanno incendiata ma per fortuna non è morto nessuno. La mattina dopo gli Shuar armati fino ai denti minacciarono che, in poche ore, avrebbero fatto fuori tutti i bianchi, chissà forse erano qualche centinaia… Suor Maria, per evitare che succedesse questa ecatombe va in chiesa e promette alla Madonna: “Se hai bisogno di una vittima per pacificare i bianchi e gli Shuar prendi me”. Un mese dopo lei va a fare gli esercizi spirituali, l’ho iscritta io, sono riuscito a convincerla perché non voleva andare: era anziana e malata, le sue gambe tanto gonfie. Per non dare cattivo esempio alle suore giovani si imbarca su un piccolo aereo che dalla selva l’avrebbe portata in città per partecipare agli esercizi spirituali. Quell’aereo non riuscì ad alzarsi più di 30 metri perché il carico era troppo pesante. L’aereo cade e muore solo lei: la vittima per la pace è stata accettata! 

Cari ragazzi siete invitati a Roma, non sappiamo ancora la data, per la canonizzazione di suor Maria Troncatti. Ciao a tutti! 

Cosimo Cossu salesiano