Rigenerati per una speranza viva – programmazione ispettoriale

Sabato 7 settembre abbiamo vissuto la giornata di programmazione ispettoriale insieme alla comunità educante. La proposta pastorale di questo anno e il giubileo della speranza ci guidano e ispirano i passi che come ispettoria ILO scegliamo di fare insieme.

 

La riflessione che segue è un “condensato” che racconta il nostro sogno per questo anno. 

 

VIVIAMO IL GIUBILEO DELLA SPERANZA

NELL’INCONTRO CON GESÙ, PAROLA E PANE

PER RAVVIVARE LO SPIRITO MISSIONARIO DELLE ORIGINI

ED ESPRIMERE NELL’OGGI LO SPLENDORE DEL CARISMA

 

 

…nella casa dove siamo nati
c’è sempre una porta aperta, spalancata che dice attesa, accoglienza incondizionata…

Una porta simbolicamente più ampia delle normali porte
Segno inequivocabile che SIAMO ATTESI, “accerchiati” da un amore senza misura.

 

Io sono la porta delle pecore
Io sono la porta:
se uno entra attraverso di me,
sarà salvato;
entrerà ed uscirà e troverà pascolo 

(Gv 10)

 

Gesù è questa porta
e il Giubileo è l’incontro personale con Lui, l’esperienza del suo abbraccio
in Lui facciamo l’esperienza di essere accolti, abbracciati dal Dio della Grazia e della Misericordia.
In Lui ci lasciamo finalmente amare da un Padre che, dopo aver consumato i suoi occhi nell’attesa del figlio, gli corre incontro, felice di abbracciarlo e ridonargli la gioia e la speranza.
Vivere il Giubileo della speranza è vivere quotidianamente questo incontro con Gesù, Pane e Parola.

 

 

… nella casa dove siamo nati
c’è sempre una porta aperta, spalancata che dice ricerca, attesa, accoglienza incondizionata…

qui, è don Bosco si è fatto casa, si è fatto abbraccio per i primi giovani che incontra nel carcere e nella periferia degradata di Torino. Offre loro l’esperienza dell’oratorio. Nell’oratorio c’è l’amore di Dio che li attende, accoglie, ascolta e abbraccia. Lì i giovani sono attesi dal suo amore. Lì trovano vita e speranza.

 

“Ci ho già pensato, signora marchesa. La mia vita è consacrata al bene della gioventù.
La ringrazio delle profferte che mi fa,
 ma non posso allontanarmi dalla via che la divina Provvidenza mi ha tracciato”.
“… mi darò di proposito alla cura dei fanciulli abbandonati

 

È la sua vocazione. È lo spirito missionario delle origini“Ho promesso a Dio che fin l’ultimo respiro sarebbe stato per i miei poveri giovani”.

 

Il carisma salesiano nasce dal contatto con i giovani più poveri.

È la risposta storica che Dio ha ispirato a don Bosco, non senza l’intervento di Maria, nei tempi in cui le periferie urbane delle grandi città industriali erano diventate spazio di degrado e di abbandono e dove i giovani, porzione più delicata della società, hanno rischiato la marginalizzazione sociale e l’abbandono ecclesiale. Lì il Signore ci ha fatto nascere e crescere. Lì tanti giovani disperati sono stati toccati dalla speranza viva che viene dal Vangelo. Lì dobbiamo sempre tornare per riscoprire la nostra identità e missione. 

 

Lì nasce l’opzione Valdocco che è stata per tutti i giovani un’opzione speranza 

Scegliendo ed accogliendo il mondo dei bambini e dei giovani abbandonati, senza lavoro né formazione, don Bosco ha permesso loro di sperimentare in modo tangibile la paternità di Dio e ha fornito loro strumenti per raccontare la loro vita e la loro storia alla luce di un amore incondizionato. Essi, a loro volta, hanno aiutato la Chiesa a reincontrarsi con la sua missione: “La pietra scartata dai costruttori è divenuta testata d’angolo”. Lungi dall’essere agenti passivi o spettatori dell’opera missionaria, essi divennero, a partire dalla loro stessa condizione, in molto in molti casi “illetterati religiosi” e “analfabeti sociali”, i principali protagonisti dell’intero processo di Fondazione.  

La salesianità nasce precisamente da questo incontro capace di suscitare profezie e visioni: accogliere, integrare e far crescere le migliori qualità come dono per gli altri, soprattutto per quelli emarginati e abbandonati dai quali non ci si aspetta nulla.

 

I giovani, soprattutto i più emarginati, non sono dei meri destinatari della nostra azione, ma sono coloro che più di altri possono aiutarci a riscoprire “chi siamo” e “per chi siamo”. 

I giovani sono i co-fondatori delle nostre case.

“Trovare negli ultimi la fecondità tipica del regno di Dio, non è una scelta strategica, ma carismatica”.

Nell’essere appassionati di Cristo sappiamo che tanto il nostro presente quanto il nostro futuro sono impregnati di questa forza apostolico-carismatica chiamata a continuare a permeare la vita di tanti giovani abbandonati e in pericolo, poveri e bisognosi, esclusi e scartati, privati di diritti, di casa… Questi giovani attendono uno sguardo di speranza …. Attendono di incrociare lo sguardo di Gesù che dice loro «che in tutte le situazioni buie e dolorose c’è una via d’uscita. 

 

…nella casa dove siamo nati
c’è sempre una porta aperta, spalancata che dice ricerca, attesa, accoglienza incondizionata…

 

Sul ciglio di quella porta scorgiamo subito lei, mamma Margherita, una laica, che attende, che accoglie, che si pone in ricerca, che guarda, abbraccia, fa sentire atteso da sempre chiunque faccia capolino…

Impariamo da lei lo sguardo, la gestualità, il dialogo, l’intesa, la leggerezza feriale di una carezza: segni ed espressioni dell’amore preveniente di Dio.

Sì perché lei, come solo una madre sa fare, è riuscita ad incarnare tutti i gesti di cura di Gesù Buon pastore; lei donna con una fede semplice ma profonda e concreta…

 

È lei che oggi, da quella soglia, ci invita a incominciare con il suo stesso stile questo anno pastorale: tutti insieme FMA, giovani e laici;
è lei che da quella soglia ci invita ad uscire alla ricerca dei giovani poveri, delusi dalla vita, bisognosi di sapersi amati, bisognosi di speranza.
È lei che da quella soglia ci invita a continuare a creare case accoglienti dove tutti possano sentirsi attesi ed amati: solo così potranno sperimentare l’amore di un Dio innamorato di ogni creatura, un Dio che attende, accoglie, ascolta e abbraccia. E allora fiorirà la Speranza!