In un tempo in cui tutto scorre veloce e gli impegni si rincorrono, non è facile fermarsi e prendersi del tempo per riflettere, pensare, studiare.
Tuttavia, proprio per abitare questo tempo, è indispensabile formarsi, specialmente sui temi emergenti che interessano l’educazione. E la modalità con cui si sceglie di affrontare la formazione non è secondaria in riferimento al contenuto che si cerca di approfondire.
Proprio il metodo scelto e il coinvolgimento sono state due caratteristiche fondamentali dell’incontro che ha visto protagonisti i consacrati in formazione iniziale appartenenti all’Ispettoria Lombardo-emiliana (SdB) e all’Ispettoria Lombarda (FMA). Figlie di Maria Ausiliatrice e Salesiani si sono ritrovati nella Casa alpina per ferie “don Bosco” di Carisolo (TN) dal 27 al 30 ottobre scorso per formarsi insieme sul tema “Identità riconosciute”.
FORMARSI NELLA FRATERNITÀ
La partecipazione di tanti confratelli e consorelle ha sicuramente donato una ricchezza non ordinaria, perché ha permesso di ascoltare e rileggere gli interventi portando con sé le diverse realtà in cui si opera, con la bellezza e le fatiche che caratterizzano ogni contesto.
Una formazione che quindi chiama anche ad andare oltre sé. Questa grande occasione, arricchita dalla partecipazione, ci ricorda che non è scontato avere un tempo per formarsi e che la nostra formazione è una responsabilità verso noi stessi e verso i giovani e le persone che incontriamo. E’ un invito a rinnovare la nostra donazione quotidiana, arricchendola con nuove conoscenze.
Oltre alla ricchezza di esperienza, senza dubbio questi giorni sono stati colorati dalla fraternità che si respirava in ogni momento della giornata: dall’ascolto dei contenuti, alla condivisione dei pasti, dalla preghiera al riordino degli ambienti, dalla riflessione alla ricreazione. Una fraternità semplice e concreta, profezia di un cammino da fare insieme come famiglia salesiana, legati da uno stesso carisma che si esprime nella ricchezza del femminile e del maschile.
IL TEMA
Il tema è stato svolto in quattro passaggi consecutivi, accompagnati dai contributi del sig. Paolo Zini (SdB – docente presso l’Università Pontificia Salesiana): il fondamento antropologico delle diverse dimensioni dell’identità, alcuni aspetti psico–sociali che influenzano l’identità, l’inquadramento teologico-biblico della sfida identitaria, la dimensione pastorale e carismatico-salesiana.
Un ultimo passaggio è stata la rilettura del tema durante la giornata conclusiva di ritiro.
CHI SONO?
Al centro il tema dell’identità: chi è l’uomo? Chi sono io?
Lungo i secoli ogni cultura ha cercato di rispondere a questa domanda. Con l’avvento del Cristianesimo affiora una prima grande risposta: l’uomo è figlio di Dio e Dio è amore provvidente. Anche nel pensiero ellenista precedente l’identità dell’uomo era legata alla divinità, ma il creatore era percepito come pensiero innamorato di sé, un creatore che creava ma poi non si coinvolgeva nella storia delle creature. Il Padre provvidente invece entra nella storia e cambia la relazione con l’uomo e la sua identità.
L’identità di figlio plasma l’idea di uomo e influenza la società, ricordando anche che la vita non finisce nel qui ed ora, ma ha un orizzonte più ampio, l’orizzonte del paradiso. Se tutto non si chiude nel panorama terreno, allora è normale che non tutti i problemi si possano risolvere e che non tutte le sofferenze siano evitabili.
Tale idea resiste allo scossone dato dallo Scisma d’Oriente, ma non passa incolume i mutamenti del XV secolo dove la domanda sull’identità si riapre. L’asse si sposta, ci si allontana da Dio e si comincia a ragionare solo sull’uomo; l’uomo che diventa prima di tutto cittadino e si chiude l’orizzonte del paradiso. La religione diventa una variabile dipendente dell’assetto sociale, per cui la religione del sovrano è la religione di tutti.
Le varie rivoluzioni che si susseguono portano a cercare la verità dell’uomo nella sua ragione, nell’arte e nel sentimento, nella tecnica, fino ad arrivare al benessere.
L’uomo contemporaneo è il suo benessere. La tecnica ha consentito all’uomo di creare una società del benessere, ma questo non ha risolto i problemi. Anzi, ne ha creati di nuovi. L’uomo, definendosi a partire dal benessere, cerca il godimento e lo pone come diritto insindacabile. Tuttavia, proprio cercando il benessere si nevrotizza, perché non riesce a conquistare il piacere. Questa mancanza si trasforma in malattia, in qualcosa che non funziona, qualcosa che va sistemato tramite la psicanalisi o altri modi per cambiare e cambiarsi.
NEL CARISMA SALESIANO
Don Bosco riteneva centrale il tema della castità e non tralasciava mai di indicarlo e ricordarlo ai giovani. Sullo stesso tema ci ha richiamato anche Papa Francesco il 21 giugno 2015 in piazza Vittorio a Torino. Rivolgendosi ai giovani ha detto: “L’amore è nelle opere, nel comunicare, ma l’amore è molto rispettoso delle persone, non usa le persone e cioè l’amore è casto. E a voi giovani in questo mondo, in questo mondo edonista, in questo mondo dove soltanto ha pubblicità il piacere, passarsela bene, fare la bella vita, io dico: siate casti, siate casti. Tutti noi nella vita siamo passati per momenti in cui questa virtù è molto difficile, ma è proprio la via di un amore genuino, un amore che sa dare la vita, che non cerca di usare l’altro per il proprio piacere. E’ un amore che considera sacra la vita dell’altra persona: io ti rispetto, io non voglio usarti, io non voglio usarti. Non è facile. Tutti sappiamo le difficoltà per superare questa concezione “facilista” ed edonista dell’amore. Perdonatemi se dico una cosa che voi non vi aspettavate, ma vi chiedo: fate lo sforzo di vivere l’amore castamente.”
Di fronte a questa ricerca di identità, ci poniamo come educatori alla scuola di don Bosco e madre Mazzarello, chiamati a vivere in questo tempo la missione educativa.