-Anna Monia Alfieri-
Il mondo giovanile è una realtà variegata e complessa, spesso oggetto di visioni parziali e strumentalizzato ora per un fine, ora per un altro.
In ogni caso il mondo dei giovani, con particolare riferimento alla loro educazione e alla loro formazione a 360°, deve godere di un’attenzione pari se non superiore ai tanti altri temi che attanagliano l’attenzione dei media, come la guerra in Ucraina, l’immigrazione, il rincaro energetico e via discorrendo.
Dei giovani si tende il più delle volte a sottolineare maggiormente gli aspetti negativi che quelli positivi.
Eppure, lo costato ogni giorno di più, sono tanti i giovani seriamente impegnati nello studio, nel lavoro, nei diversi campi del volontariato, nei ranghi dei diversi schieramenti della politica.
Poi, certamente, abbiamo, dall’altra parte, giovani che non studiano e non lavorano, in balia della noia e dei social, o affascinati da ideologie violente e oppressive. Esattamente ciò che avviene tra gli adulti: ci sono adulti che si dedicano responsabilmente al lavoro, alla famiglia, ai diversi campi della cultura e quelli che, invece, vogliono essere alla moda (quale poi?) e vivono irresponsabilmente pascendosi dell’illusione della giovinezza, intesa come divertimento fine a sé stesso.
Da cosa nasce questo duplice e opposto atteggiamento nei confronti della vita e delle cose?
Esso nasce da un fraintendimento, in particolare dal significato distorto assegnato alla parola libertà, un significato con il quale soprattutto chi, come me, è nato negli anni Settanta del Novecento, è cresciuto.
La parola libertà è stata infatti separata dalla parola responsabilità.
Il risultato di questa scissione ha prodotto quei terribili risultati che sono sotto gli occhi di tutti. Per fortuna, però, abbiamo sempre qualche giusto che salva dalla distruzione Sodoma e, così, quelle realtà buone del mondo giovanile, se si va a conoscere le storie dei singoli, sono sempre il frutto di un’educazione improntata al rispetto e alla responsabilità: dietro c’è la famiglia, una buona scuola, la parrocchia, un’associazione di volontariato, un sodalizio politico. Il denominatore comune di tutte queste realtà buone è dunque il rifiuto dell’egoismo, è l’apertura all’altro, ai suoi bisogni, qualsiasi essi siano.
Il mondo dei giovani ha bisogno di questa apertura, ha bisogno di persone in grado di far percepire e sperimentare misure alte del vivere.
Se l’unica alternativa alla noia è il cellulare, ciò significa che la nostra società ha abdicato al proprio compito di cura nei confronti dei giovani. Ma questo significa porre la parola fine alla civiltà. “Sed non praevalebunt!”.
Infatti, rimango sempre positivamente colpita quando incontro giovani, di qualsiasi età, dagli studenti delle scuole secondarie di 2° grado agli universitari, seriamente impegnati nei diversi campi.
Sono segnali positivi che aprono alla speranza di un riscatto. Le istituzioni locali e nazionali devono sostenere l’operato della scuola, delle famiglie (riconoscendo loro innanzitutto il diritto alla libertà di scelta educativa), delle diverse realtà che operano nel campo giovanile.
Invito tutte le realtà buone che gravitano attorno al mondo giovanile ad emergere, a far sentire la propria voce, così da offrire una prospettiva diversa al grigiore con il quale spesso si vuole deliberatamente dipingere il mondo dei giovani.
Fonte: agensir