Grazie ragazzi

– Beppe Musicco –

 

La trama

Uno studio di doppiaggio: due attori, un uomo e una donna, sono impegnati a doppiare un film porno. Dopo urla, gemiti e guaiti vari, si salutano e se ne vanno. L’uomo è Antonio (Antonio Albanese), attore dai trascorsi teatrali ora costretto a sbarcare il lunario con i doppiaggi porno, facendo il pendolare tra lo studio di Roma e il suo modestissimo appartamento fuori città. Una telefonata del vecchio e smaliziato amico Michele (Fabrizio Bentivoglio) gli procura un lavoretto di qualche ora nel carcere di Velletri per mettere in scena una fiaba.

Il modesto successo e la voglia di recitare di un gruppetto di detenuti risvegliano in Antonio la fiamma per il teatro, spingendolo a chiedere alla severa direttrice del carcere (Sonia Bergamasco) di approvare un progetto più ambizioso: un vero laboratorio teatrale per arrivare a rappresentare Aspettando Godot di Samuel Beckett e poi portarlo in scena nel teatro romano gestito da Michele. Nonostante le obiezioni e le difficoltà dettate dalle regole del carcere, l’iniziativa parte e i novelli attori si appassionano sempre più, allettati anche dalla possibilità di uscire, anche solo per una sera, dalle loro celle.

 

Un’occasione di riscatto

Remake del film francese Un triomphe, ispirato a una storia veramente accaduta negli anni 80 in Svezia, Grazie ragazzi ha il suo punto di forza nella recitazione di Albanese, bravo nell’esprimere le sue capacità di capocomico insieme ai dubbi di chi ha a che fare con attori le cui motivazioni non sono certo la ricerca della professionalità o una carriera. Però Riccardo Milani (con lui Albanese ha realizzato il riuscito Come un gatto in tangenziale e il mediocre Mamma o papà?) riesce a evitare facili sentimentalismi, attenendosi a un credibile realismo sostenuto soprattutto dalla voglia di riscatto.  Un riscatto ben rappresentato non solo dalla compagine di attori/detenuti (su cui spicca, anche per esperienza, Vinicio Marchioni nei panni di un boss dotato di un autentico talento), ma anche da Albanese, capace di essere efficace sia nei momenti più comici che nei toni drammatici, visto che non sono solo i galeotti ad avere problemi. Per il protagonista il riscatto è ritrovare le motivazioni che lo hanno spinto a frequentare l’Accademia e calcare il palcoscenico; un’esperienza comunitaria, un contatto col pubblico insostituibili per ogni attore.

 

 

Il film non è esente da alcune debolezze, specie nella seconda parte, quando il successo porta la compagnia a esibirsi in altre località del centro Italia: si avvertono ripetizioni e pesantezze, quando magari si potevano privilegiare altri approfondimenti, come il rapporto tra Antonio e la direttrice, che da diffidenza passa a una fiduciosa simpatia; ma il cast è convincente e la storia spinge gli spettatori a chiedersi come finirà l’avventura di questa curiosa compagnia teatrale. Il finale non è scontato.

 

Fonte: i sentieri del cinema