Ogni mattina a Jenin

da | 9 Gen 2023 | Libri

Susan Abulhawa

FELTRINELLI aprile 2011 (Nel segno di David 2006)

 

 

Intere generazioni che hanno conosciuto solo la guerra, tutta la loro vita ne è stata influenzata, devastata, … una guerra mai più finita.

F. Dostoevskij scriveva: “Il cielo era così stellato, così luminoso che, guardandolo, non si poteva fare a meno di chiedersi come fosse possibile che, sotto un cielo così, vivessero uomini senza pace”.

 

Il libro è uscito nel 2006 con un altro titolo, “Nel segno di David”; un titolo, a mio parere, più coerente con la narrazione della vicenda, che coinvolge una famiglia palestinese (attraverso più generazioni): 

il suo mondo, i suoi valori, il suo stile di vita, le sue gioie, prima che il 1948 le travolgesse tragicamente, durante i primi terribili anni dell’occupazione, dell’esilio, durante la guerra dei 6 giorni, la guerra in Libano, fino, in pratica, alla data di uscita del libro. I personaggi non sono reali, anche se tanti avvenimenti non solo possono essere riconducibili alla biografia della scrittrice ma, certamente, si intrecciano con i fatti storici realmente accaduti nei territori coinvolti nel conflitto tra israeliani e palestinesi.

 

Lo stile narrativo scorre avvincente e coinvolgente, le storie dei personaggi, tutti legati da forti e profondi sentimenti di amicizia, parentela, solidarietà, tengono il lettore avvinto fino all’ultima pagina.

 

Questo libro, nonostante racconti le radici di una violazione terribile per il popolo palestinese dal punto di vista di una famiglia araba riesce, incredibilmente, e senza falso buonismo, a mostrare attraverso le tragedie immani che attraversa, purtroppo nessuna frutto di fantasia, più di un barlume di speranza.

 

La devastazione causata dall’odio, dal rancore, dalla vendetta, sentimenti che hanno annientato la vita e la prospettiva di un futuro di pace del popolo palestinese, non solo trovano sfogo attraverso la voce dei personaggi, ma trovano contestualmente la possibilità di esprimere meglio se stessi rendendoci comprensibili le radici da cui si sono generate. Per la cultura occidentale “sentire” certe emozioni nello stesso modo dei mediorientali è molto difficile, ma è addirittura impossibile per chi vive di certezze rassicuranti, benessere e tranquillità immaginare come sia stravolto l’animo di chi ha subito violenze inenarrabili.

 

E’ pur vero che l’Europa ha vissuto la violenza della II guerra mondiale, ma sono passati troppi anni dalla sua fine, i superstiti sono ormai pochissimi, il mondo è cambiato, e i dolori nelle famiglie sono ormai attenuati dal tempo; figurarsi se noi europei possiamo mai lontanamente immedesimarci nello stravolgimento che le famiglie palestinesi subiscono da settanta anni circa a questa parte a causa di un’aggressione perpetua; non ci aiuta molto neanche madame  Storia, la quale ha subìto molto l’influenza di certi accordi di potere, contribuendo ad esacerbare gli animi delle vittime, quelle vere, con l’ipocrisia dei suoi colpi di spugna.

 

Forse oggi siamo più sensibili e attenti? Chissà, auguriamocelo … stiamo soffrendo tutti per l’aggressione subìta dal popolo ucraìno, sono nostri vicini di casa, ma continua la nostra distrazione, per esempio, rispetto al popolo siriano, al popolo iraniano, palestinese …

Mi auguro che ragazze e ragazzi leggano questo libro, spero che provochi in loro, almeno, la curiosità di andare a cercare notizie sui tanti episodi nei quali madame Storia ha servito un racconto “epurato”, come l’aggressione a Sabra e Shatila; sono tanti, ancora oggi, i crimini contro l’umanità dei quali siamo testimoni che non possono sperare nella giustizia terrena.

 

Susan Abulhawa ci racconta personaggi straordinari, profondamente umani, dolci, alcuni forti e resistenti come rocce, altri inaspettatamente fragili al punto da lasciarsi annientare dagli eventi, pur di trovare un modo per sopportare il dolore. 

 

E’ meravigliosa la capacità della scrittrice di raccontare la storia del piccolo Isma ‘il che diventerà il soldato israeliano David; il dolore straziante della sua madre naturale, araba, messo a confronto con il dolore della sua mamma ebrea: come ci si pone di fronte a certe storie terribili? Le scelte, anche pazzesche, di chi ha sofferto dolori inenarrabili, sono difficilissime da comprendere, da giudicare, ma rapportarci con il dolore altrui serve almeno a non renderci anestetizzati rispetto a quanto è accaduto; per questo abbiamo la Giornata della Memoria, per non dimenticare le atrocità verso gli ebrei durante la Shoa, e abbiamo la Giornata di Solidarietà verso il popolo palestinese, ricordiamoci di celebrare anche quella però, anche per non dimenticare che “Sono i palestinesi che hanno pagato e stanno pagando il prezzo dell’olocausto ebreo”.

 

Se la Pace ha una speranza possono essere solo gli uomini e le donne di buona volontà a fornirla, ma non potrà mai esserci “Amore senza ammissione di colpa poiché esso non può conciliarsi con l’inganno”.

Angela Maiale