Incontro adolescenti italiani

di M. Michela Nicolais

 

“Oltre alla pandemia, l’Europa sta vivendo una guerra tremenda, mentre continuano in tante regioni della Terra ingiustizie e violenze che distruggono l’uomo e il pianeta”. Lo ha detto il Papa, prendendo la parola durante l’incontro di preghiera degli adolescenti italiani con il Santo Padre, promosso dalla Cei. Nel primo incontro pubblico in piazza San Pietro dopo la pandemia, 80 mila ragazzi, accompagnati da 60 vescovi, dai loro genitori e dagli educatori, hanno riempito l’area abbracciata dal colonnato del Bernini fino a Via della Conciliazione: e Francesco ha ricambiato il loro caloroso abbraccio, spingendosi ben oltre i confini della piazza a bordo della papamobile.

Subito prima, gli adolescenti hanno vissuto un momento di festa ascoltando le testimonianze dei loro coetanei e le canzoni di due dei loro beniamini: Blanco e Matteo Romano, l’uno vincitore e l’altro concorrente al Festival di Sanremo di quest’anno. “Spesso sono proprio i vostri coetanei a pagare il prezzo più alto: non solo la loro esistenza è compromessa e resa insicura, ma i loro sogni per il futuro sono calpestati”, il grido d’allarme del Papa a proposito delle nubi non solo di guerra che si stagliano all’orizzonte: “Tanti fratelli e sorelle attendono ancora la luce della Pasqua”. “Grazie di essere qui!”, il saluto iniziale: “Questa piazza attendeva da tempo di riempirsi della vostra presenza, dei vostri volti e del vostro entusiasmo. Due anni fa, il 27 marzo, venni qui da solo per presentare al Signore la supplica del mondo colpito dalla pandemia. Forse quella sera eravate anche voi nelle vostre case davanti al televisore a pregare insieme alle vostre famiglie”.

 

“Sono passati due anni con la piazza vuota – ha proseguito a braccio – e alla piazza gli è successo come quando noi facciamo il digiuno: la piazza ha sofferto il digiuno, e ora è piena di voi!”.
“Ci sono momenti in cui la vita ci mette a dura prova, ci fa toccare con mano le nostre fragilità e ci fa sentire nudi, inermi, soli”, l’analisi di Francesco: “Quante volte in questo periodo vi siete sentiti soli, lontani dai vostri amici? Quante volte avete avuto paura? Non bisogna vergognarsi di dire: ho paura del buio! Tutti noi abbiamo paura del buio! Le paure vanno dette, bisogna esprimerle per mandarle via! Vanno messe alla luce, e quando vengono messe alla luce, scoppia la verità!”

Il buio ci mette in crisi, è vero, ma durante le crisi si deve parlare: vanno illuminate, per vincerle!”. “Se oggi siamo qui, lo dobbiamo a questi ragazzi!”, il saluto del card. Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Cei: “Chissà che questi ragazzi, oggi, ci aiutino davvero a riprendere le fila del Vangelo, dentro questa storia, drammatica e appassionante, nella quale il Signore ci chiede di testimoniare la nostra fede”, l’auspicio del cardinale, che oltre agli adolescenti arrivati da tutta Italia ha ringraziato i loro accompagnatori, i loro vescovi e i loro educatori.

 

“Voi non avete l’esperienza dei grandi, ma avete il ‘fiuto’ per trovare il Signore: non perdetelo!”, la consegna a braccio del Papa. “Il fiuto vi porti alla generosità”, ha proseguito lasciando da parte il discorso scritto: “Non abbiate paura della vita, la vita è bella, per darla agli altri, per condividerla con gli altri!”. “Nei momenti di difficoltà, i bambini chiamano la mamma”, il riferimento finale a Maria: “Lei aveva circa la vostra età quando accolse la sua vocazione straordinaria di essere la mamma di Gesù. Vi aiuti lei a rispondere con fiducia il proprio ‘Eccomi’ al Signore. Lei vi insegni a dire ‘Eccomi’ e a non avere paura. Coraggio e avanti!”.

 

Tra le testimonianze, la più toccante è stata quella di Mattia Piccoli, 12 anni, nominato Alfiere della Repubblica dal presidente Mattarella per aver aiutato il padre colpito a 40 anni da Alzheimer precoce.
“All’inizio ero un normale bambino di sei anni, pensavo solo a giocare e tutto andava bene; ma già da un po’ di tempo avevo notato che il mio papà non sembrava più lui, mi pareva diverso e a volte si dimenticava di fare le cose più importanti come venire a prendermi a scuola o andare a fare la spesa. Ma come ho già detto non ci davo molto peso, però più passava il tempo più il papà mi pareva strano, pensate che non voleva più giocare con me e a volte, quando gli chiedevo di guardare la TV, non riusciva neanche ad accenderla. Io non capivo proprio cosa stava succedendo al mio papà ma il 19 dicembre 2016, ci venne data la notizia che avrebbe cambiato le vite della mia famiglia: a mio papà venne diagnosticato l’Alzheimer precoce. Non avevo capito che tipo di malattia fosse, così un giorno la mamma iniziò a raccontarmi la devastazione che porta questo tipo di malattia soprattutto nei casi così giovanili”. “Da quel giorno il mio compito non avendo aiuti esterni, è stato quello di dare aiuto a mio papà nelle cose quotidiane che non riusciva più a fare da solo, come farsi una doccia, legarsi le scarpe oppure dargli conforto quando non sapeva dove si trovava”, ha raccontato Mattia: “Non ho mai fatto nulla controvoglia o per obbligo, ho voluto aiutare mio papà come atto di amore, pensando a tutto quello che lui aveva fatto per me”.

 

 

Fonte: agensir