Fahrenheit 451

da | 28 Mar 2022 | Libri

di Roy Bradbury -1953 – Italia: su Urania –Gli anni del rogo- 2 puntate
(Gli anni della Fenice) 1966 Oscar Mondadori

 

La Fantascienza. Come tutti i generi molto caratterizzati, o ne sei appassionato o quei libri li salti a piè pari; ecco: con questo genere io generalmente salto parecchio, quasi come un canguro.
Non si tratta di preconcetto, si tratta di gusti e, come diceva Pennac, il lettore ha diritto anche a chiudere un libro che non gli piace senza finirlo o, semplicemente, scegliere di non leggerlo del tutto. Perché allora ho scelto di leggere questo? Semplice: sono stata costretta per motivi di studio; gli insegnanti!!!
Al liceo l’insegnante di Filosofia e Storia, in accordo con quella di Lettere e l’insegnante d’Inglese, ci fecero fare un confronto tra Fahrenheit, Animal Farm e 1984, questi ultimi di George Orwell.

Ve lo propongo perché mi auguro che a chi non lo abbia ancora letto possa creare qualche interessante suggestione; a me servì a schiarirmi le idee sui concetti di totalitarismo, dittatura, massificazione delle idee, controllo delle opinioni di massa negli anni in cui, da ragazza, mi formavo e mi confrontavo con i coetanei nei dibattiti scolastici; non solo, ma alla finalità pratica del compito scolastico, leggerlo servì anche ad insegnarmi che, pur avendo Pennac tanta ragione nel riconoscere al lettore il diritto a “non leggere”, quando  si decide di rinunciare per “partito preso” si perde un’occasione per allargare le proprie vedute se non, addirittura, le conoscenze: –mai giudicare un libro dalla copertina- la frase ritorna anche durante la storia; con quell’esperienza scolastica ho imparato a leggere, di un libro che non appartiene proprio al mio genere preferito, almeno le prime sette pagine, se non mi ha convinto fino ad allora non ci riuscirà più.

 

Sia in questo romanzo di Bradbury che nelle due opere di Orwell il clima che si respira è molto pirandelliano: la realtà non è del tutto ciò che appare e la maschera comune schiaccia ogni volontà in modo formidabile.

Il sottotitolo è la chiave per comprendere intorno a che cosa si svolge il racconto – the temperature at witch books burn- (the novel of fireman who are paid to set books ablaze): la temperatura alla quale bruciano i libri -il romanzo del pompiere pagato per dar fuoco a i libri-.

 

Il tema di fondo è il controllo di massa, il controllo delle idee, anche se in realtà non ci sono idee da controllare, la gente non pensa più da parecchio tempo perché da tanto ha smesso di leggere e quindi, di pensare; è interessante, secondo me, riflettere soprattutto sul fatto che è sempre la massa a delegare il potere decisionale, di azione; anche qui è la massa a scegliere di smettere di leggere per praticità verso le sintesi, le riduzioni radiofoniche e televisive… i libri vengono via via tralasciati, poi abbandonati fin quando vengono definitivamente proibiti, proprio perché tutti sono diventati così tanto uguali tra loro che per il potere è una comodità irrinunciabile non avere fastidiosi esseri pensanti cui rendere conto.

 

La cronaca terribile di quest’ultima settimana, con l’invasione russa dell’Ucraina, ci ricorda proprio quel che accade quando la Storia insegna ma nessuno la studia; quel che accade quando le masse popolari delegano le scelte ad un capo che, assetato di potere, vendicativo, preda dei suoi deliri fuori dal tempo e da una concezione del mondo confusa e radicata su ideologie balorde, non si crea remora alcuna a portare morte e distruzione; quel che accade quando tra chi governa, in ogni dove, l’unico ideale rincorso è l’accrescimento del proprio potere, della propria influenza, della propria ricchezza, anche a danno degli equilibri di Pace mondiale.

 

La moglie del protagonista ad un certo punto, quando il marito le propone il gesto rivoluzionario della lettura, si mostra annoiata da tutte quelle parole in bianco e nero dato che la sua realtà quotidiana, olografica, nata nella televisione del futuro è colorata, interattiva, divertente, leggera.

 

Mi piacciono molto due passaggi: quando Faber, uno degli incontri più significativi fatti dal protagonista, a proposito dei libri dice che la parte interessante non è leggere riguardo alle cose ma a proposito del loro significato; e l’altro, con malinconica ed amara ironia, avviene verso la fine della storia quando Guy, il protagonista, conosce i “barboni del futuro”, gli intellettuali costretti a vivere ai margini della società, tra loro c’è Granger, un ex professore universitario laureato a Cambridge che ricorda come “quando abbiamo avuto i libri a nostra disposizione non  abbiamo saputo trarre profitto da quanto essi ci davano” – abbiamo continuato ad insultare i morti-.

 

I miei alunni direbbero che questa frase potrei averla scritta io; mi arrabbio sempre in classe quando qualcuno dice che sbagliamo perché la Storia non ci ha insegnato niente; è vero il contrario! La Storia è come Cassandra, la quale avvisava, ma nessuno voleva ascoltarla; la Storia insegna, è la gente che non studia!

Studiare la Storia significa comprenderla e non, se va già bene, impararla…

Granger e gli altri intellettuali come lui vivono insieme coltivando la memoria dei testi che hanno letto, e che cercano di non dimenticare, per offrire ancora una speranza alla società senza sentimenti e senza pensieri che, altrimenti, non avrebbe futuro; ognuno di loro viene presentato a Guy con il nome dello scrittore del libro che ha imparato a memoria perché non scomparisse del tutto quando anche l’ultima copia fu bruciata.

 

Non si può vivere di consumo veloce, di aridità intellettuale e sentimentale, di mancanza di confronto e di relazioni umane.

E’ un’assurdità questo pseudo progresso che ritiene interessante solo la comunicazione di massa attraverso i canali virtuali, in cui ognuno è tutti e ciascuno non esiste, in cui ognuno si esprime attraverso un monologo senza interruzione in cui l’altro non ascolta e si preoccupa solo di rispondere per dimostrare di esistere; tutto ciò non lascia spazio a nulla di buono per l’uomo: persone che non chiacchierano più su una veranda o una panchina, persone chiuse in casa che si confrontano con realtà virtuali a distanza che sono una proiezione di esseri senza forma o consistenza: ecco perché i libri sono l’unica speranza; essi soltanto lasciano spazio alla formazione del pensiero individuale, al sorgere di un’idea e di un sentimento, ad una riflessione silenziosa, al confronto dialogico tra chi pur avendo letto lo stesso libro ha maturato una considerazione che vuole confrontare con l’altro da sé.

Era il 1951 quando l’autore di questo libro immaginava un futuro così terribile, per fortuna è fantascienza. (?)

 

La speranza verso il futuro possibile, dopo la distruzione portata dall’ennesima guerra, potrà essere una resurrezione della città dalle sue stesse ceneri come una Fenice mitologica, ma solo grazie a quei barboni che la società delle immagini e del pensiero debole ha relegato a vivere lungo i binari della ferrovia, i quali si mettono volontariamente in cammino per andare ad aiutare chi li ha perseguitati, emarginati, poi esclusi.

Auguriamoci che a noi resti il tempo per andare a recuperare quei barboni, e ci resti in fondo all’anima un’umanità da salvare.

 

Angela Maiale