Ucraina, anche una brezza di pace

Di Luca Cereda

 

È una guerra disarmata quella che si sta combattendo sul confine dell’Ucraina. Anche se a guardare gli oltre 100 mila soldati russi schierati sul confine nord-orientale dell’ex repubblica sovietica, non sembra così disarmato questo confitto “in potenza”, ma che secondo il presidente americano Joe Biden «i russi faranno scoppiare a febbraio».

Nelle negoziazioni con la Russia, la Nato – con in primissima linea gli americani e con gli europei, più vicini al conflitto a livello geografico freddi, in particolare la Germania e anche l’Italia, legati alla Russia da interessi economici come il gas metano – non derogherà ai propri principi perché, come ribadito da Jens Stoltenberg segretario generale della Nato, «ogni Paese ha il diritto di scegliere le sue alleanze, il suo percorso. La Russia ha ammassato oltre 100mila soldati ai confini con l’Ucraina – ha aggiunto Stoltenberg – altre truppe sono in arrivo e c’è una concentrazione significativa anche in Bielorussia: chiediamo a Mosca un’immediata de-escalation: la linea della Nato – ha continuato il segretario – è difensiva, non cerchiamo un confronto, ma non scendiamo a compromessi sui nostri principi».

 

Spira anche una brezza di Pace in Ucraina

Nel caso di un’aggressione russa all’Ucraina, le sanzioni nei confronti di Mosca potrebbero riguardare il presidente Vladimir Putin in persona. È questa l’ultima minaccia scagliata dal presidente americano Biden in direzione del Cremlino mentre cresce la tensione sul fronte orientale dell’Ucraina dove, come ha detto la portavoce della Casa Bianca Jean Psaki, «un attacco potrebbe essere imminente».

Se questa è la situazione geo-politica allo stato attuale, con il punto più vicino all’avere una guerra nel Vecchio continente dalla Seconda guerra mondiale, c’è chi in Ucraina ribalta il motto latino “si vis pacem, para bellum” (se vuoi la pace, prepara la guerra): lo fanno i salesiani, impegnati a tenere in vita gli oratori che ospitano i ragazzi e i giovani: un segno di speranza e un appello per i “grandi”. «Dall’Italia abbiamo attivato una linea di aiuti per sostenere le attività di aiuto e sostegno alla condizione di minaccia in cui vivono le famiglie ucraine», fanno sapere i salesiani. Dal 2020 i religiosi gestiscono la scuola ecumenica ucraino-italiana Vsesvit a Zhytomir, 300 mila abitanti capoluogo di provincia, a nord ovest della capitale Kiev.

 

“Il nostro oratorio sta diventando la casa per tutti gli sfollati dal confine”

È a Zhytomir che è stata portata dal 2016 “Casa Don Bosco”, la struttura in legno, acciaio e fibre naturali che aveva ospitato a Expo Milano 2015 le attività della famiglia salesiana, e che oggi costituisce la struttura dell’oratorio. «In quell’area in questo periodo e fino a febbraio la temperatura durante la giornata non supera gli 0 gradi centigradi; l’oratorio costituisce così un rifugio in cui potersi muovere con i coetanei in uno spazio non ristretto. La cittadina non offre attività pomeridiane ai ragazzi, né di doposcuola né di carattere sportivo o ludico.

Casa Don Bosco è aperta, oltre che per i 200 allievi della scuola, per tutti i bambini e giovani della zona; qui trovano sostegno allo studio, divertimento, sport, gioco, spazio di confronto», spiega don Maksym Ryabukha, salesiano direttore dalla Casa Maria Ausiliatrice.

Da metà dicembre la tensione è diventato ancora più forte: «Il nostro oratorio sta diventando la casa per tutti gli sfollati dal confine. La tradizione cristiana orientale vede noi salesiani come monaci, non ha il concetto di congregazione quale siamo: per questo considera il nostro centro come una vera casa in cui trovare rifugio. Vengono persone del quartiere anche se non sono cattoliche, molti giovani partecipano alle attività», testimonia don Maksym Ryabukha.

 

Con la guerra alle porte è importante pensare alla crescita delle persone

I salesiani sono attivi in Ucraina dagli anni ‘90, dopo la caduta dei regimi comunisti nell’Est Europa, e oggi gestiscono otto sedi nel Paese. Il lavoro principale è quello educativo, che li vede impegnati sul fronte dell’animazione negli oratori, nei centri giovanili, nella scuola e in quello dell’orientamento vocazionale. Ma dalla scuola Vsesvit di Zhytomir, inaugurata nel 1994 padre Ryabukha capisce in modo molto lucido quello che sta succedendo: «Non siamo noi la motivazione della guerra, la guerra non è contro l’Ucraina, ma il Paese è la scacchiera per giochi geopolitici, è la piazza d’armi su cui esibirsi, è il territorio della battaglia».

La sensazione nella capitale racconta don Ryabukha è che tutti siamo coscienti che le ambasciate hanno iniziato a ridurre il corpo diplomatico, stanno facendo le valigie: «È un segnale evidente di non speranza. Risente del fatto che non tutti i Paesi dell’Europa non si sentono chiamati a vivere questa crisi, a prendere decisioni. Noi intanto continuiamo a pensare alla crescita delle persone, all’educazione dei giovani, alla preghiera. Il nostro popolo, protagonista dell’espansione cristiana originaria verso l’est dell’Europa, ha subìto continui tentativi di sradicamento della fede, sia da parte del potere zarista sia di quello comunista, poiché chi ha fede acquista voce, coraggio, dignità, libertà e dà disturbo ai regimi», conclude don Maksym Ryabukha.

 

Fonte: vita