3^ Domenica dopo Pentecoste
13 giugno 2021
Vangelo di Marco 10, 1-12
Commento di suor Beatrice Schullern, FMA
La liturgia della terza domenica dopo Pentecoste è interamente incentrata sul grande mistero della comunione di amore con Dio che si esprime attraverso il nostro corpo, la nostra sessualità, e che raggiunge il suo culmine nel sacramento del matrimonio, cioè nell’amore coniugale.
Nel brano di Vangelo di Marco al capitolo 10, un gruppo di farisei si rivolge a Gesù per metterlo alla prova. Alla domanda se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie, Gesù risponde chiedendo loro cosa prescrive la legge mosaica.
Riferendosi poi al disegno primigenio sulla coppia umana, riafferma l’unione indissolubile tra l’uomo e la donna, pur dicendo che “per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli, ma da principio non fu così” (Mt 19,8). Emerge con chiarezza che Gesù non è venuto ad abolire la Legge o i Profeti, ma a darne pieno compimento (cfr. Mt 5,17). Egli, infatti, non solo ha riportato il matrimonio e la famiglia alla loro forma originale, ma ha anche elevato il matrimonio a segno sacramentale del suo amore per la Chiesa (cfr Mt 19,1-12; Mc 10,1-12; Ef 5,21-32).
In un tempo in cui in diversi ambiti si “nega la differenza e la reciprocità naturale di uomo e donna” e si “prospetta una società senza differenze di sesso” (AL 56), la Parola di Dio ci offre ancora una volta l’opportunità di interrogarci su questo grande mistero. Papa Francesco, partendo dalle intuizioni del suo predecessore, ha osservato che: “la differenza sessuale è presente in tante forme di vita, nella lunga scala dei viventi. Ma solo nell’uomo e nella donna essa porta in sé l’immagine e la somiglianza di Dio. […] Questo ci dice che non solo l’uomo preso a sé è immagine di Dio, non solo la donna presa a sé è immagine di Dio, ma anche l’uomo e la donna, come coppia, sono immagine di Dio” (15 aprile 2015).
Diventare una sola carne, dunque, non si riferisce solo all’unione di due corpi (come per gli animali), ma è “espressione sacramentale che corrisponde alla comunione delle persone” (UDC 31,2). Su tutto questo, sin dall’inizio, è scesa la benedizione della fecondità” (UDC 9,3). Il sacramento del matrimonio, infatti, “non è una convenzione sociale, un rito vuoto o il mero segno esterno di un impegno” […], ma “è un dono per la santificazione e la salvezza degli sposi, perché la loro reciproca appartenenza è la rappresentazione reale, per il tramite del segno sacramentale, del rapporto stesso di Cristo con la Chiesa” (AL 72).
Questo è innanzitutto dono, non solo sforzo umano. “Da Cristo attraverso la Chiesa”, infatti, “il matrimonio e la famiglia ricevono la grazia necessaria per testimoniare l’amore di Dio e vivere la vita di comunione. Il Vangelo della famiglia attraversa la storia del mondo sin dalla creazione dell’uomo ad immagine e somiglianza di Dio (cfr Gen 1,26-27), fino al compimento del mistero dell’Alleanza in Cristo alla fine dei secoli con le nozze dell’Agnello (cfr Ap 19,9)” (AL 63).
Preghiamo, affinché la grazia di Dio vinca la durezza dei nostri cuori e ci permetta di essere fedeli al Suo disegno d’amore per l’umanità.