Santissima Trinità
30 maggio 2021
Vangelo di Matteo 28, 16-20
Commento di suor Silvana Mascotto, FMA
Questo brano di Vangelo colpisce per la sua brevità. Chi l’ha scelto, ha pensato che bastasse così. Concordo.
‘In quel tempo gli undici discepoli andarono in Galilea’. Se n’è perduto uno e l’evangelista vuole farlo notare, sono undici e non più dodici. Cambia qualcosa? All’apparenza no, eppure cambia, perché viene sottolineato che questi sono fedeli, fragili e fedeli, pochi ma fedeli. Si può anche non esserlo, la comunità è strutturalmente imperfetta, il peccato è presente anche in chi ascolta la Parola del Signore. Ma questi sono fedeli. Infatti, invitati ad andare in Galilea, là dove tutto è iniziato, ci vanno, ascoltano l’invito che le donne hanno trasmesso loro. E addirittura non si lamentano, come ci aspetteremmo, non mormorano: “perché alle donne e non a noi?” No, vanno. Credono ai testimoni. È bellissimo questo brano. Vedere questo piccolo drappello avviarsi là dove erano già stati, dove avevano incontrato Gesù. Chissà, quali potevano essere i loro pensieri? Forse questi: “Gesù ci ha detto cose importanti mentre era con noi, ci ha fatto promesse, con Lui si stava bene… Ma cos’è successo? È finito tutto, o forse non è finito tutto perché ci ha mandato a chiamare? Sarà così?” E forse tanti altri ancora…
È bello costatare che sono davvero “discepoli”, come vengono chiamati dall’evangelista. Il discepolo è colui che segue, e gli undici stanno seguendo ancora il loro Gesù che, fidandosi di loro, fra poco li renderà apostoli, inviati, rappresentanti.
E vanno sul monte, come è stato loro indicato. Il monte, come sappiamo, è il luogo privilegiato dell’incontro, della manifestazione del Signore. E così sarà. “Quando lo videro, si prostrarono. Però anche dubitarono”. Che impasto di fiducia e di incertezza! Bisogna capirli, dopo la morte sconvolgente di Gesù, e la ‘raccontata’ resurrezione, ancora più sconvolgente, la loro vita non è più la stessa. Sono storditi, disorientati. Ma quella luce di speranza, che nel percorso col Maestro si era accesa in loro, è ancora viva e prevale sul dubbio lecito.
E qui ci viene narrato il momento importante, quello di demarcazione dalla storia precedente: con la Resurrezione, ecco ciò che ora è indispensabile, il mandato per la trasmissione dell’accaduto perché ogni uomo sia coinvolto e possa conoscere quanto loro hanno conosciuto: “Andate e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.”
Gesù ha bisogno degli uomini, questi saranno i suoi testimoni, questi che hanno creduto a Lui in vita, e poi alle donne-testimoni del Risorto, tanto da farsi poi loro stessi testimoni … Da fragili, sprovveduti, eppur fedeli, da discepoli ad apostoli, capaci di rivoluzionare il mondo. Da sprovveduti a martiri per amore di quella Verità condivisa e di quell’Uomo-Dio amato in vita, in morte e … resurrezione, per la vita eterna.
È questo il flusso che procederà, il veicolo della Parola del Signore: il testimone. E il testimone dovrà essere credibile, dovrà avere dentro quel vissuto al quale alle origini ha dato fiducia. Avrà i suoi tentennamenti, i suoi dubbi, i suoi passi incerti ma avrà la capacità e la volontà di tornare, sempre, all’inizio, ‘in Galilea’, come quei discepoli, lì dove la Parola è risuonata per la prima volta, dove l’amore li ha avvolti e convinti, anche se sconvolti e poi ripresi.
Di testimone in testimone, nella certezza di un Dio, Signore, che ha ogni potere in cielo e sulla terra. Sì, uomini e donne di chiesa, senza paura di ritrovarsi ‘in undici’, di essere ‘un piccolo gregge’, di dover affrontare ‘terremoti’ di pensiero, tecnologie provocatorie, povertà di cuore e pandemie, vuoti sociali e solitudini. Uomini e donne che ‘devono’ battezzare tutte le genti, che non possono arrendersi quando il linguaggio si fa difficile. Uomini e donne forti della Parola di Gesù: “A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Io sono con voi, tutti i giorni, fino alla fine del mondo.”